«Uccidere in nome di Dio è satanico. Impiego la stessa frase di papa Francesco – un’autorità morale per l’intera umanità – perché è la più calzante. Chi commette crimini orrendi e cerca di giustificarli con la religione, segue Satana, non Dio. Per questo ribadisco che l’assassinio di padre Jacques Hamel non è solo un lutto per voi cattolici. I fondamentalisti, uccidendolo, hanno ferito ogni vero islamico». Non è abituato ai giri di parole Mohammed Sammak, segretario generale del Comitato per il dialogo islamo-cristiano e consigliere politico del Gran Muftì del Libano. La sua è una delle voci più autorevoli del mondo musulmano e, al contempo, più chiare di condanna al terrorismo. «Quest’ultimo uccide l’islam», afferma lo studioso, protagonista di una lunga storia di dialogo tra le religioni in Medio Oriente e osservatore per la comunità sunnita al Sinodo speciale del 1995 per il Libano, convocato da Giovanni Paolo II. Da Assisi, dove si trova per “Sete di pace. Religioni e culture in diaogo”, Sammak ha voluto lanciare un duplice appello, agli islamici e al mondo.
L’intervista Mohammed Sammak
Che cosa chiede ai musulmani?
Dato che i terroristi commettono i loro crimini in nome della religione e, in particolare, in nome dell’islam, i musulmani hanno l’obbligo inderogabile di essere in prima linea nella lotta all’estremismo. Non dobbiamo stancarci di isolarlo, stigmatizzarlo, sconfessarlo.
L’islam, però, è estremamente plurale. Può parlare con un’unica voce di condanna con il terrore?
Ci sono varie scuole islamiche che si sono formate, nei secoli, in base a una differente interpretazione del dettato coranico. Ora, però, ci troviamo in una situazione inedita. Il terrorismo – che si ammanta di giustificazioni religiose – minaccia il cuore dell’islam, dunque tutte le sue diverse comunità e varianti. Trovare una voce unica per affrontare questa minaccia enorme è una questione, dunque, vitale. Sono convinto che possiamo farcela. Certo, non da soli. E qui veniamo alla seconda parte dell’appello, quella rivolta alla comunità internazionale. A quest’ultima chiedo: state vicino ai musulmani nella lotta contro l’estremismo. Lo domando a tutte le forze politiche e religiose, senza esclusione. È in gioco il futuro dell’umanità. Il terrorismo minaccia tutti: indipendentemente dall’appartenenza nazionale, politica, culturale. E, per tanto, è dovere di ciascuno contrastarlo. Mi rivolgo con particolare enfasi alle Chiese. In Medio Oriente ci sono molti cristiani. Vivono fra noi come credenti e come cittadini da oltre cinquecento anni. Solo insieme potremo mettere fine alla spirale fondamentalista.
Lei parla sempre di collaborazione. A volte ci si accontenterebbe di tolleranza.
Sarebbe un limite perché, come diceva Benedetto XVI, quest’ultima non è sufficiente quando si parla di rapporti tra le comunità islamiche e cristiane in Medio Oriente. In questo caso, noi musulmani non possiamo limitarci a tollerare i cristiani, dobbiamo amarli come “messaggeri di Dio”. E, pertanto, costruire con loro società davvero integrate in cui i cittadini abbiano i medesimi diritti e doveri.
Crede che sia davvero possibile?
Non possiamo permetterci il lusso di rassegnarci al terrorismo. La pace è l’unica strada.
Eppure la violenza dilaga...
Attenzione, in questa temperie storica non parliamo semplicemente di violenza, bensì di terrorismo. La prima uccide donne e uomini innocenti per varie ragioni. Per il terrorista, invece, la vittima è solo una “cassetta postale” con cui recapitare un messaggio. La vittima non importa in se stessa ma solo in quanto cassa di risonanza. Il che lo rende ancora più disumano. È un crimine contro l’umanità. Per questo, ogni persona di fede deve combatterlo.
Mohammed Sammak: il terrorismo uccide il vero islam,intervista Mohammed Sammak a cura di Lucia Capuzzi, in “Avvenire” del 20 settembre 2016