All’alba del XIII secolo, in Italia, Francesco d’Assisi con la sua vita semplice e il suo spirito di fratellanza affascina i poveri e disturba i potenti della Chiesa. Circondato dai suoi confratelli e spinto da un’intensa fede, Francesco lotta affinché venga riconosciuta la sua visione di un mondo di pace e uguaglianza dopo aver subito il rifiuto da parte di Innocenzo III di approvare la prima versione della Regola, che metterebbe i fratelli al riparo dalle minacce che gravano su di essi. Intorno a lui, tra i compagni della prima ora, l’amico fraterno Elia da Cortona guida il difficile dialogo tra la confraternita e il Papato: per ottenere il riconoscimento dell’Ordine, Elia cerca di convincere Francesco della necessità di abbandonare l’intransigenza dimostrata fino a quel momento, accettando di redigere una nuova Regola.
 
Scheda
Titolo: L’Ami, François d’Assise et ses frères
Data: Francia 2016
Genere: Drammatico
Durata: 87′
Regia: di Renaud Fely, Arnaud Louvet
Trailer: https://youtu.be/uEr9ZV5IljA
 
 
San Francesco Il giovane favoloso
a cura di Angela Calvini
«Essere liberi senza possedere nulla, tendere la mano a ciò che Dio ci dà, e ci dà cosi tanto». San Francesco, spettinato, dal volto sporco e ribelle, sorride mentre un uccellino gli si posa sulla grezza stoffa del saio. Così si apre il trailer de Il sogno di Francesco, il nuovo film sul Poverello in uscita nelle sale il 6 ottobre prodotto da Aeternam Films e distribuito da Parthénos, interpretato da Elio Germano. L’attore 35enne, il più richiesto della sua generazione, aggiunge un altro “giovane favoloso”, dopo essere stato Giacomo Leopardi per Mario Martone, alla sua numerosa carrellata di personaggi (35 i film girati, tre David di Donatello, migliore attore protagonista a Cannes). Merito di una produzione francese (titolo originale L’ami-Francesco et ses frères), per la regia di Renaud Fely e Arnaud Louvet, con Jérémie Renier nei panni di frate Elia e Alba Rohrwacher in quelli di santa Chiara.
«Il film si concentra su un Francesco maturo, anni dopo la sua conversione – aveva già anticipato Germano ad “Avvenire” nell’aprile scorso –. Un percorso affascinante per l’attualità del pensiero francescano e per come la Chiesa reagì a una simile rivoluzione spirituale e del pensiero.
La storia di Francesco diventa addirittura una metafora per leggere molti dei fatti e delle crisi del nostro tempo». Tra queste, in prima fila c’è la povertà, come ripete oggi papa Francesco, un concetto ribadito anche nel film: «Vivere tra i più poveri è obbedire alla nostra coscienza».
Intervista a Elio Germano/strong>
Il sogno di Francesco di una società fraterna fatta di pace e uguaglianza sembra collegare questi due progetti. Di cosa parla il film sul Poverello?
«Il film, girato nel sud della Francia e a Gubbio, inizia nel 1209, dopo il rifiuto opposto da Innocenzo III di approvare la prima versione della Regola. E si concentra molto sul rapporto dialettico con l’amico fraterno Elia da Cortona. Per ottenere il riconoscimento dell’ordine, Elia, che sta conducendo le difficili trattative col papato, cerca di convincere Francesco ad abbandonare la sua intransigenza e redigere una nuova regola. Il confronto tra gli ideali e i compromessi necessari, metterà alla prova la loro amicizia».
Come sarà il suo san Francesco?
«L’ho interpretato cercando la via dell’umanità. Per dargli verità ho cercato di sporcarlo, colorarlo, farlo vivere con una interpretazione carnale. Come faccio con tutti i miei personaggi. Solo che mi sono dovuto doppiare in italiano, esperienza terribile per me che non ho mai fatto doppiaggio..».
Prima Leopardi, poi san Francesco, in mezzo tanti ritratti di italiani comuni. Lei sente di poter rappresentare il volto del nostro Paese, come fecero Volonté, Sordi, Mastroianni?
«Quegli attori per me sono mitologia, ma quello era un cinema di un’altra dimensione. Il pubblico allora cercava domande, oggi vuole solo staccare la spina».
È per questo che lei si presta anche a progetti sperimentali impegnati come No Borders?
«Questo è un progetto cui tengo molto. Il mestiere d’attore è fatto di tante cose, arte, compromessi, rapporti, paghe. Ma se Dio vuole in ognuno di noi c’è una sorta di bipolarismo, che ci fa mettere a disposizione degli altri il nostro bagaglio di competenze».
Un consiglio per i giovani che volessero seguire le sue orme?
«Io sono contrario all’aspirazione. Ai ragazzi direi di smettere di restare schiacciati in un’unica direzione di arrivo, per non rischiare l’infelicità. Lasciate aperte le vostre prospettive, non cercate il successo a tutti i costi specchiandovi in una foto a cui assomigliare. Il mio percorso è stato casuale, a 14 anni frequentavo la scuola di recitazione del Teatro dei Cocci. Per me era un gioco, un doposcuola, non l’ho caricato di aspirazioni eccessive. Mente frequentavo la facoltà di Filosofia, mi sono accorto che recitando mi potevo mantenere e siccome avevo l’incubo di un mestiere ripetitivo, ho intrapreso questa strada, con naturalezza. La cosa più bella del mio mestiere è che un giorno puoi essere un idraulico, il giorno dopo uno del Quattrocento o un delinquente. Oppure san Francesco…».
in “Avvenire” del 20 settembre 2016