Joseph Stiglitz, Nobel per l’Economia nel 2001, porta uno sguardo franco e diretto sullo stato dell’economia internazionale, con molte ombre e qualche luce.
La situazione economica globale
«Le disuguaglianze che sono sotto gli occhi di tutti sono paradossalmente frutto di un’economia di mercato le cui regole del gioco sono state prima scelte e poi alterate in un clima di democrazia, minando la fiducia delle popolazioni verso i loro governi e la solidarietà sociale. Così ha creato individui che sono diventati essi stessi più egoisti».
«Contrariamente a quanto si crede, l’economia americana non è affatto un’economia di successo: negli ultimi 40 anni solo il reddito dell’1% della popolazione è aumentato in maniera consistente, senza che questo abbia portato benefici al resto del Paese. I ricavi della crescita non sono stati infatti condivisi. I poveri sono aumentati e anche per la classe media (il 90% degli americani) non è cambiato praticamente niente, anzi il reddito si è addirittura ridotto, così come è diminuita la speranza di vita».
Le cause
Le cause di questo squilibrio sono relativamente recenti: «Circa una trentina d’anni fa è iniziato un processo di riscrittura delle regole dei principi dell’economia, che alla fine è stato gestito male. Con la diminuzione delle tasse, la deregulation e, successivamente, la globalizzazione, si pensava di apportare benefici generali, mentre a rimpinzarsi è stato il solito 1%. Agli altri sono rimaste solo le briciole: crescita economica e opportunità sono diminuite mentre è aumentata l’instabilità».
Un modello di sistema è entrato in crisi
in un clima di complicità tra governi e realtà produttive:
«Le aziende hanno strapagato amministratori delegati e alcuni dipendenti col solo scopo di ottenere risultati consistenti e in tempi brevi, anche a costo di giocare sporco — è il caso delle recenti frodi nell’industria automobilistica o dello sfruttamento del personale — rinunciando a investire in ciò che è intangibile, immateriale, cioè il fatto di ottenere lealtà, fiducia da parte dei lavoratori, preparazione, solidarietà.
A loro volta i governi hanno spesso compromesso la loro credibilità mentendo agli elettori o dimostrando incompetenza».
 
Un’alternativa?
coopertiva
 
 
«Proprio il modello cooperativo, che non ha il profitto come unico motore. Promuovendo la solidarietà e la giustizia sociale, si otterranno migliori performance a lungo termine sia in campo economico che sociale».
 
 
Il Nobel Joseph Stiglitz: «La giustizia sociale serve anche al profitto», di Marcello Parilli, in “Corriere della Sera” del 12 ottobre 2016