Prosegue il confronto tra le due anime del mondo cattolico che ormai da tempo si stanno confrontando e che hanno trovato nel Sinodo sulla famiglia un’occasione di confronto e scontro a volte anche aspro.
La lettera apostolica “Amoris laetitia” ha operato una sintesi tra la tradizionale posizione del magistero sulla famiglia e le nuove aperture emerse nel Sinodo.
La risposta di Francesco ad un giornalista può offrire alcuni spunti di discussione e confronto.
SULLA COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI
D. – (Francis Rocca, The Wall Street Journal) Alcuni sostengono che niente sia cambiato rispetto alla disciplina che governa l’accesso ai sacramenti per i divorziati e i risposati, e che la legge e la prassi pastorale e ovviamente la dottrina rimangono così. Altri sostengono invece che molto sia cambiato e che vi sono tante nuove aperture e possibilità. La domanda è per una persona, per un cattolico che vuole sapere: Ci sono nuove possibilità concrete, che non esistevano prima della pubblicazione dell’esortazione, o no?
R. – Io posso dire: “si”. Punto. Ma sarebbe una risposta troppo piccola. Raccomando a tutti voi di leggere la presentazione che ha fatto il cardinale Schönborn, che è un grande teologo. Lui è membro della congregazione per la dottrina della fede e conosce bene la dottrina della Chiesa. In quella presentazione la sua domanda avrà la risposta.
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SULLA NOTA 351 DELLA “AMORIS LÆTITIA”
D. – (Jean-Marie Guénois, Le Figaro) Non si è capito perché lei ha scritto quella famosa nota nella “Amoris laetitia” sui problemi dei divorziati e risposati: la nota 351. Perché una cosa così importante in una piccola nota? Lei ha previsto delle opposizioni o ha voluto dire che questo punto non è così importante?
R. – Senta, uno degli ultimi papi, parlando sul Concilio, ha detto che c’erano due Concili: quello Vaticano II, che si faceva nella basilica San Pietro, e l’altro il “Concilio dei media”. Quando io convocai il primo sinodo, la grande preoccupazione della maggioranza dei media era: Potranno fare la comunione i divorziati risposati? E siccome io non sono santo, questo mi ha dato un po’ di fastidio, e anche un po’ di tristezza. Perché io penso: Ma quel mezzo che dice questo, questo, questo, non si accorge che quello non è il problema importante? Non si accorge che la famiglia, in tutto il mondo, è in crisi? E la famiglia è la base della società! Non si accorge che i giovani non vogliono sposarsi? Non si accorge che il calo di natalità in Europa è da piangere? Non si accorge che la mancanza di lavoro e le possibilità di lavoro fanno sì che il papà e la mamma prendano due lavori e i bambini crescano da soli e non imparino a crescere in dialogo con il papà e la mamma? Questi sono i grandi problemi! Io non ricordo quella nota, ma sicuramente se una cosa del genere è in nota è perché è stata detta nell’”Evangelii gaudium.” Sicuro! Dev’essere una citazione dell’”Evangelii gaudium”. Non ricordo il numero, ma è sicuro.
La discussa nota 351 che papa Francesco dice di non ricordare va in coda al passaggio della “Amoris lætitia” nel quale si legge: “A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa”.
La nota dice:
“[351] In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, ‘ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore’ (Esort. ap. ‘Evangelii gaudium’ [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia ‘non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli’ (ibid., 47: 1039)”.
Mentre questo è il passaggio chiave della presentazione – che il papa ha raccomandato di rileggere – che il cardinale Christoph Schönborn ha fatto l’8 aprile delle novità della “Amoris lætitia”, novità che “non esistevano prima” e che dopo la conferma ad alta quota non possono più essere considerate ipotetiche ma reali:
“Cosa dice il papa a proposito dell’accesso ai sacramenti per persone che vivono in situazioni ‘irregolari’? Già papa Benedetto aveva detto che non esistono delle ‘semplici ricette’ (AL 298, nota 333). E papa Francesco torna a ricordare la necessità di discernere bene le situazioni, nella linea della ‘Familiaris consortio’ (84) di san Giovanni Paolo II (AL 298). ‘Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio’ (AL 305). E papa Francesco ci ricorda una frase importante che aveva scritto nell’’Evangelii gaudium’ 44: ‘Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà’ (AL 304).
“Nel senso di questa ‘via caritatis’ (AL 306) il papa afferma, in maniera umile e semplice, in una nota (351), che si può dare anche l’aiuto dei sacramenti ‘in certi casi’. Ma allo scopo egli non ci offre una casistica, delle ricette, bensì ci ricorda semplicemente due delle sue frasi famose: ‘Ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore’ (EG 44) e l’eucarestia ‘non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli’ (EG 44).
“Non è una sfida eccessiva per i pastori, per le guide spirituali, per le comunità, se il ‘discernimento delle situazioni’ non è regolato in modo più preciso? Papa Francesco conosce questa preoccupazione: ‘Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione’ (AL 308). Ad essa egli obietta dicendo: ‘Poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e quello è il modo peggiore di annacquare il Vangelo’ (AL 311)”.
Alcune considerazioni utili alla comprensione da una intervista al card W. Kasper:
Certi critici all’interno della Chiesa rimproverano al papa di aver già abbattuto molti muri, ma di non avere alcun piano per la ricostruzione. Dicono che ha più idee che sostanza. Che è troppo spontaneo.
Essere spontanei non è una cosa negativa. Francesco si lascia guidare dallo Spirito Santo. Per lui la fede non è un grande faro, ma una piccola lanterna, che illumina un passo dopo l’altro, che dà la luce per il passo successivo. Riflette con attenzione su ciò che è possibile. Lo si vede ora anche nel documento “Amoris laetitia” dopo il sinodo sulla famiglia. Il papa ha accenti nuovi, ma non deve spaccare la Chiesa.
Lei ha riscontrato già mesi fa che il sinodo ha aperto la porta per l’ammissione ai sacramenti, in singoli casi, dei divorziati risposati. Quanto è grande oggi la sua speranza?
La porta è aperta. Però Francesco non prescrive come essa debba essere varcata. Non ripete dichiarazioni tendenzialmente negative di precedenti papi in merito a ciò che è possibile o ciò che non è permesso. Quindi dà spazio di libertà ai singoli vescovi e alla conferenze episcopali. Il sinodo sulla famiglia ha mostrato che non ci sono solo progressisti e conservatori, ma culture diverse nell’unica Chiesa. L’autonomia delle culture si evidenzia ora chiaramente. Di questo il papa intende tener conto. Non tutti i cattolici la pensano come i tedeschi.
La lettura dell’esortazione apostolica di papa Francesco Amoris laetitia, che completa il processo sinodale dedicato alla famiglia e all’amore, lascia una sensazione di disagio. Duecentosessanta pagine sono molte per ricordare ciò che testi anteriori già dicevano. Le citazioni sono lunghe, perfino impressionanti e talvolta spettacolari, ma bisogna cercare lì dentro per scoprire la posizione papale, essa stessa frutto di un compromesso che si immagina molto lungo, complicato e, diciamolo chiaramente, insoddisfacente, con i padri sinodali.
Non veniamo a sapere nulla più di quanto già non sapessimo. Percepiamo una timida apertura a favore dei divorziati risposati, che, dopo un esame caso per caso, sottoposto ad un discernimento sottile affidato ad un prete, potranno forse pretendere di tornare come tali all’altare. Molti lo fanno senza dirlo, si tratta quindi di una rivendicazione accettata. È sicuramente un piccolissimo progresso e certo il papa ha influito con tutto il suo peso a favore di questa giurisprudenza del caso per caso, di fattispecie e non di principio, per riprendere il linguaggio giuridico. Ma quanto tutto questo appare tiepido e impacciato.
Christine Pedotti ha ragione: “In un mondo che va in fretta, sempre più in fretta, la Chiesa cattolica ha il tempo delle prudenze e delle lentezze di un’istituzione che crede di poter ancora vivere al ritmo dell’eternità?” (Témoignage chrétien, Lettre hébdo n° 3677).
Non solo non aderisco. Contesto. E spero che anche il mondo cattolico progressista, fiero della sua libertà di coscienza, non aderisca, ricordando che le due grandi date dell’emancipazione della donna e della fine del matrimonio concepito come una cavezza attorno al collo sono il 1792 con la prima legge sul divorzio e il 1965, con la legge sulla capacità giuridica delle donne.
Decisamente, occorrerà al papa molta “creatività coraggiosa”, a cui lui stesso invitava nel luglio 2015, per mettere in movimento il pesante piroscafo insabbiato della Chiesa cattolica.
Ancora una parola per concludere: milioni di persone vivono la gioia del matrimonio, per fortuna! Tocca a loro dire a tutti i sinodi del mondo che non è per loro un privilegio, e che tutti hanno il diritto di essere felici. Chiunque siano, comunque siano.
Amoris laetitia ovvero il ripudio del mondo di Jean-Pierre Mignard, in “temoignagechretien.fr” del 21 aprile 2016 (traduzione: http://www.finesettimana.org)
A distanza di un mese dalla pubblicazione dell’esortazione postsinodale “Amoris lætitia” è sempre più evidente che nell’interpretarla e nell’applicarla “crescono incertezza, insicurezza e confusione, dalle conferenze episcopali fin all’ultimo parroco”, come ha denunciato con forza l’eminente filosofo tedesco Robert Spaemann, coetaneo e amico di lunga data di Joseph Ratzinger: Spaemann: “È il caos eretto a principio con un tratto di penna”.
Il capitolo ottavo dell’esortazione, sulle coppie “irregolari” e sulla comunione ai divorziati e risposati, è quello al centro delle interpretazioni più contrastanti. Con l’effetto, anche questo denunciato da Spaemann, che “ogni sacerdote che si attenga all’ordinamento sacramentale sinora in vigore può subire forme di ‘mobbing’ dai propri fedeli ed essere messo sotto pressione dal proprio vescovo”.
I più smarriti, in effetti, sono i parroci che hanno fino a ieri obbedito al magistero della Chiesa e ora si trovano accusati di disobbedire al papa “che invece dice…”.
I passaggi più ambigui dell’esortazione si esprimono in forma così vaga ed oscura, tale da fare della “Amoris lætitia” un labirinto a doppia via d’uscita.
Una delle quali è appunto la via indicata dal teologo domenicano. Mentre l’altra, quella della rottura con la tradizione millenaria della Chiesa, “non porta invece da nessuna parte e si rivela inconcludente e sbagliata”.
Dall’ intervista, Il cardinale Kazimierz Nycz, 66 anni, dal 2007 arcivescovo di Varsavia.
Posso chiederle com’è stata accolta nella Chiesa polacca l’esortazione apostolica «Amoris laetitia»?
«Come ha detto Papa Francesco nella recente intervista a La Croix: il percorso è iniziato nel 2014 nel concistoro con la lezione del cardinale Kasper e poi si sono celebrati due sinodi sulla famiglia e c’è stato il documento finale. Penso che la Chiesa polacca legga Amoris laetitia in questo contesto. Il Papa ha detto nell’intervista – e questo mi è piaciuto molto – che abbiamo compiuto un percorso lungo dedicato a un tema importantissimo, la famiglia. Da questo percorso è nata una riflessione molto profonda e questa è l’esortazione apostolica: una meditazione sulla famiglia. Papa Francesco ha detto che abbiamo imparato a guardare in modo profondo alla sinodalità della Chiesa. In alcune parti di questo percorso di tre anni abbiamo imparato a capire che cos’è il Sinodo “cum Petro”, con il Papa. E alla fine abbiamo aggiunto quel punto senza il quale non esisterebbe la sinodalità, e cioè “sub Petro”, sotto la guida del Papa».
Concretamente com’è stata l’accoglienza?
«Generalmente in Polonia i fedeli, i preti e i vescovi hanno accolto questa esortazione in modo positivo e tranquillo. Ci sono dei gruppi mediatici e dei gruppi organizzati di laici, che provano a sovra-interpretare il testo, in modo ideologico. Così alcuni dicono che “c’è troppo poco” e altri dicono che “c’è troppo”. I media si concentrano troppo soltanto sul capitolo ottavo. Nella nostra diocesi abbiamo fatto molto in relazione ai fedeli e ai preti, provando a meditare l’esortazione attorno a tre parole base: preparazione al matrimonio, accompagnamento dei matrimoni, discernimento. Non abbiamo neanche aspettato l’uscita di Amoris laetitia ma ancora prima abbiamo rielaborato una pastorale della famiglia proponendo corsi prematrimoniali molto più profondi e molto più forti. Inoltre, alla pontificia Facoltà teologica di Varsavia abbiamo fatto un percorso di studio sulla famiglia, durante il quale alcune coppie di giovani sposati hanno imparato a diventare nelle rispettive parrocchie leader di gruppi di sostegno ai matrimoni in crisi».
Il punto più discusso resta quello sul discernimento.
«È importante, discernendo alcune situazioni, dare delle possibilità alle persone che non sono riuscite a essere fedeli al proprio matrimonio, dare loro tutto quello che è possibile nella Chiesa. Quello che si legge in Amoris laetitia è una continuazione, non è un cambiamento, rispetto alle premesse poste a suo tempo da Giovanni Paolo II. C’è una grande soddisfazione per il fatto che l’esortazione sia una bellissima catechesi sulla famiglia. Mantenendo i concetti base della sacramentalità e dell’indissolubilità del matrimonio, questo documento è molto pratico e può servire molto da punto di vista pastorale. Nell’intervista a La Croix il Papa diceva che conta molto sul consiglio dei laici per aiutare i pastori dal punto di vista del discernimento, nel preparare alcuni criteri chiari e oggettivi. Penso che questo non vada lasciato soltanto al giudizio soggettivo dei confessori».
a cura di Andrea Tornielli, in “La Stampa-Vatican Insider” del 6 giugno 2016
Lo stereotipo della antitesi modernista/antimodernista
Negli interventi che abbiamo letto dopo l’8 aprile – e che avevamo già ascoltato lungo tutto il cammino sinodale – alcuni teologi, pastori, ufficiali, cardinali, giornalisti come Spaemann, Mueller, Caffarra, Negri, Valli, con le rispettive e dovute differenze, sembrano muoversi secondo un modello che è stato elaborato durante il XIX secolo, poi messo a punto alla fine di quel secolo, irrigidito durante la “lotta antimodernista” dei primi decenni del XX secolo e che oggi funziona come “strumento scontato” della analisi. Al suo interno il “mondo moderno” è identificato con una serie di -ismi (soggettivismo, relativismo, postmodernismo) che assolutizzano la libertà, che annullano i legami, che rendono “liquida” e “indeterminata” l’esistenza. Rispetto a questo “modernismo”, così considerato, la Chiesa non può che collocarsi sul fronte opposto, ossia sul piano della oggettività, della autorità e della tradizione. Ogni valutazione di parole, di gesti, di auspici, di progetti viene immediatamente riportata a questo “modello”. Quando ascolti un papa, ritieni che egli debba parlare secondo il modello, ossia a favore della oggettività, della autorità e della tradizione, e che si scagli contro il soggettivismo, contro il relativismo e contro il postmodernismo liquido. Un papa sembra che possa essere tale soltanto quando rientra in questo modello. E se non ci entra, il problema è… del papa. Io credo, invece, che il problema stia non nel papa, ma nel modello.
di Andrea Grillo, in “Come se non” – http://www.cittadellaeditrice.com/munera/come-se-non/ – del 6 giugno 2016
Geraldina Boni è ordinario di diritto canonico e storia del diritto canonico all’Università di Bologna ed è consultore del pontificio consiglio per i testi legislativi.
Scrive, a proposito dei processi brevi di nullità affidati ad ogni singolo vescovo, in alternativa alla procedura giudiziaria normale:
“Personalmente non avremmo alcuna avversione teorica al rilancio della giustizia diocesana: ma pensiamo che ciò andasse per lo meno dipanato per tappe susseguenti, oltre che, naturalmente, meglio confezionato. Infatti, non può essere messa a repentaglio la possibilità del giudice di approdare all’accertamento della verità, per il quale duemila anni di storia hanno tuzioristicamente additato quella giudiziaria come la via più sicura. Se essa non è più percorribile, diviene difficile sostenere la natura dichiarativa delle pronunce, le quali finiscono per ‘costituire’ la nullità del matrimonio, compromettendone irreparabilmente l’indissolubilità: ciò che neppure il papa, in virtù della sua ‘plenitudo potestatis’, può fare”.
Le sfide
Provando questi sentimenti, non posso accontentarmi della soddisfazione per la novità del tono e le priorità pastorali del Papa. La Chiesa, compreso Francesco, rimane ancora in debito. Non mi soffermerò su tutti i punti dell’esortazione ma farò riferimento al linguaggio utilizzato per descrivere la realtà dei nostri figli e a cosa accade nelle famiglie quando si viene a sapere della loro omosessualità. Sebbene apprezzi enormemente che non sia faccia menzione delle espressioni con le quali il Catechismo descrive la sessualità dei nostri figli (comportamenti intrinsecamente disordinati), mi preoccupa constatare che per la Chiesa la situazione delle nostre famiglie venga sempre percepita come problematica e irregolare, come se avere un figlio gay o una figlia lesbica sia sempre motivo di pena e dolore, un gravame del quale dobbiamo sentirci colpevoli. Apprezzo il fatto che si prenda in considerazione la nostra realtà, per molti anni ignorata, però credo che la approssimazione dovrebbe sempre partire dalle cose positive, senza presumere per principio che ciò che viviamo sia in sé una situazione complessa.
L’esortazione fa esplicitamente riferimento alla nostra realtà all’articolo 250, all’interno del capitolo su Alcune situazioni complesse. Lo fa descrivendo la situazione delle famiglie “che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale” (Amoris Laetitia n° 250). Al di là dei problemi di traduzione tra le distinte versioni dell’esortazione, il testo secondo me si esprime in maniera scorretta e inaccettabile.
I nostri figli e le nostre figlie NON hanno tendenze omosessuali, né tanto meno diventano omosessuali o si trovano in una fase omosessuale del loro sviluppo. Essi SONO omosessuali, questa è la loro natura, donata e amata da Dio. Non può essere che così. La parola “tendenze” evoca qualcosa che si può tirare fuori o cambiare con la volontà o il capriccio. È la trappola nella quale cadono molti genitori che preferiscono non credere ai propri figli e li mandano da certi terapeuti per farli cambiare e correggere le loro tendenze. Non è ciò che vedo in mio figlio, nei suoi amici e nelle sue amiche; non mi riferisco certo in questo modo agli eterosessuali. Non capisco perché insistere con questo linguaggio.
Forse in questa insistenza si nasconde la difficoltà della Chiesa ad adattare la dottrina alla realtà delle persone LGBTI. Non riconoscere l’omosessualità come una espressione della sessualità umana non fa che mantenerci nella medesima condizione di invisibilità in cui la Chiesa ci ha mantenuti lungo tutta la sua storia e non dà ragioni di sperare in una Chiesa profetica che si sporca le mani e si indigna per le ingiustizie, le violenze e i maltrattamenti.
L’Amoris Laetitia letta con gli occhi di una madre di un ragazzo gay, di Carmen Luz Güemes Álvarez,
in “www.gionata.org” del 10 giugno 2016
Lo scrittore José Antula ha pubblicato un dettagliato studio, La vera novità della Amoris Laetitia, nel quale spiega in modo documentato le novità contenute nella recente esortazione di papa Francesco. Va da sé che sono completamente d’accordo con ciò che dice José Antula nel suo recente scritto. E varrebbe la pena che le mentalità più rigide e spiritualiste si rendessero conto di ciò che insegna papa Francesco quando ad esempio parla dell’“amore erotico” (n° 150) e dell’amore come “passione” (n° 148). Argomenti che di certo non si sentono facilmente nella retorica clericale. Ma soprattutto, quello che maggiormente richiama l’attenzione è l’insistenza del papa sul tema dell’amore reciproco, “amore d’amicizia”, che equipara e unisce gli sposi – e non sulla dottrina della Chiesa o sulle sue leggi – come argomento trasversale, che ricorre in tutta la recente esortazione papale dall’inizio alla fine.
Bene, assodato ciò che ho appena esposto, mi sembra importante che comprendiamo (o ci rendiamo conto della) la novità contenuta in tutto questo programma riguardante la famiglia, se consideriamo questo argomento a partire da dimensioni che sono ad esso attinenti. Per esempio, la dimensione storica o quanto concerne la sociologia dell’istituzione familiare.
Mi spiego. Se facciamo attenzione a quello che affermano i sociologi attualmente più quotati, comprendiamo immediatamente che la famiglia è una di quelle istituzioni che stanno vivendo cambiamenti tanto rapidi e tanto profondi che, in una stessa famiglia, spesso i nonni non capiscono i nuovi costumi dei figli e, ancora meno, quelli dei nipoti. Molti non hanno pensato che la famiglia tradizionale era soprattutto un’unità economica, cosicché, per secoli, il matrimonio non è certo stato contratto sulla base dell’amore sessuale. Così si comprendeva (e si viveva) questa materia da un punto di vista che si rifaceva al diritto romano. Tutti i diritti e tutto il potere si concentravano nel pater familias (Peter G. Stein). E così siamo rimasti, in cose molto fondamentali, fino a poco tempo fa. Per questo la diseguaglianza era intrinseca nella famiglia tradizionale.
Negli ultimi anni tutto è saltato per aria. E rimangono tre punti fondamentali, che stanno sostituendo i vecchi legami che solevano unire le vite private della gente: le relazioni sessuali e amorose, le relazioni padre-figlio e l’amicizia. Di conseguenza, il centro dell’istituzione famigliare si è spostato: dalla famiglia come “unità economica” a quella che appropriatamente è stata chiamata la “relazione pura” (Anthony Giddens). Ma cos’è, infine, questa “relazione pura”? “È la relazione che si basa sulla comunicazione, di modo che è essenziale capire il punto di vista dell’altra persona”.
Quindi, se le cose stanno in questi termini, e io ne sono convinto, se adesso rivolgiamo l’attenzione all’esortazione di Papa Francesco, non c’è bisogno di sforzarsi molto per capire che il Papa, essendo fedele alla tradizione della Chiesa, ha colpito nel segno riguardo ciò che sta avvenendo nell’istituzione familiare, e anche riguardo la soluzione per lo stato di cose che stiamo vivendo.
Il papa e la famiglia. Le novità inattese dell’Amoris Laetitia, di José Maria Castillo, in “www.gionata.org” del 10 giugno 2016
Il documento dei vescovi della regione di Buenos Aires è stato inviato al clero agli inizi di settembre e ha la forma di una lettera che fornisce ai sacerdoti alcuni criteri in relazione all’ottavo capitolo dell’esortazione Amoris laetitia e in particolare sul possibile accesso ai sacramenti per i divorziati che abbiano contratto una nuova unione. Innanzitutto si afferma che non conviene «parlare di “permesso” per accedere ai sacramenti, ma piuttosto di un processo di discernimento accompagnato da un pastore. Un cammino nel quale «il pastore dovrebbe accentuare l’annuncio fondamentale, il kerygma, che stimoli o rinnovi un incontro personale con Cristo».
…. Il 5 settembre la risposta del Papa, che si complimenta per il lavoro svolto, «un vero esempio di accompagnamento dei sacerdoti». Poi la frase chiave: lo scritto dei vescovi della regione di Buenos Aires «è molto buono ed esplicita pienamente il senso del capitolo VIII di Amoris laetitia. Non ci sono altre interpretazioni. Sono sicuro che farà molto bene». Francesco, a proposito del «cammino di accoglienza, accompagnamento, discernimento e integrazione», dice: «Sappiamo che è faticoso, si tratta di una pastorale “corpo a corpo” alla quale non bastano mediazioni programmatiche, organizzative o legali, seppure necessarie».
Amoris laetitia, il Papa dice qual è l’interpretazione giusta, di Andrea Tornielli, in “La Stampa-Vatican Insider” del 12 settembre 2016
Papa Francesco ha fatto opera di tradizione
di Jean-Paul Vesco
in “www.baptises.fr” del 14 settembre 2016 (traduzione: http://www.finesettimana.org)
Frate Jean-Paul Vesco, domenicano, è vescovo di Orano. Ha partecipato al secondo sinodo sulla famiglia. E insiste qui sul formidabile progresso che Amoris laetitia offre: basta volerlo vedere.
L’esortazione apostolica Amoris laetitia è accolta in un silenzio assordante. Tutto si svolge come se tale esortazione fosse un non-avvenimento, come se nella Chiesa non ci sarà un prima e un dopo Amoris laetitia in materia di pastorale familiare.
Coloro che temevano una rivoluzione nella disciplina dell’accoglienza sacramentale delle persone dette “divorziate risposate” sono tentati di cancellarla dal paesaggio più col silenzio che con la sua messa in discussione. Dato che papa Francesco ha detto che non aveva inteso cambiare la dottrina cattolica in materia, …
Quanto a coloro che speravano in un vero cambiamento di direzione della posizione magisteriale sulla questione, non gridano vittoria. Sembrano come in attesa dell’interpretazione che sarà fatta di questa esortazione da parte dei vescovi. …
Invece, papa Francesco avverte fin da subito che non tutte le discussioni dottrinali devono essere risolte con interventi del magistero (3). Aggiunge che a causa delle innumerevoli varietà di situazioni concrete, si può comprendere che non ci si dovesse aspettare dal sinodo o da questa esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico applicabile a tutti i casi (300). Questo significa che papa Francesco non ha parlato con autorità? Certamente no. Ma la forma di autorità a cui si riferisce è quella di Gesù nel Vangelo e non quella dei dottori della Legge. Era sconvolgente al tempo di Gesù, e continua ad esserlo anche oggi.
Matrimonio: passione, azione, virtù e sacramento. La teologia dopo “Amoris Laetitia”
di Andrea Grillo
in “Come se non” – http://www.cittadellaeditrice.com/munera/come-se-non/ – del 24 settembre 2016
” … Se la realtà è superiore alla idea, come afferma papa Francesco in uno dei principi fondamentali di “Evangelii Gaudium”, dovremmo elaborare un “modus cogitandi matrimonium” che sappia dare la parola alla realtà e che non fugga davanti ad essa. Le categorie classiche del diritto canonico – sia sostanziale sia procedurale – oggi troppo spesso non risolvono il problema, ma lo rimuovono. Che la “seconda unione” sia matrimonio o no, dipende non solo da una diversa nozione di sacramento, ma anche dal modo di comprendere natura e cultura, che in esso sono racchiuse. Ossia dal modo di concepire anche la virtù, la azione e la passione dell’amore. Non dimentichiamo che la dimensione della indissolubilità non discende dal sacramento, ma dalla natura e dalla cultura. Oggi, senza rinunciare alla grande vocazione al “per sempre”, dobbiamo riconoscere che “seconde unioni” sono luoghi di autentica dedizione e comunione. Qui non si tratta di “dissolvere” ciò che è valido, ma di riconoscere che “non c’è più” ciò che pure è esistito. Siamo di fronte a “forme di vita” nuove, a nuove forme di equilibrio tra volontà di Dio e libertà dell’uomo, che dobbiamo comprendere e non ridurre a categorie scaturite da (e adeguate a) un mondo precedente. Questo è uno dei frutti della libertà e della eguaglianza moderna. Che non è solo negazione di Dio e della Chiesa, ma anche volto nuovo di Dio e della Chiesa. Che non è solo penosa divisione, ma anche inattesa fratellanza. Ora dobbiamo saper riconoscere, discernere e accompagnare queste nuove “forme di vita” che avevamo liquidato con troppa superficialità, mediante l’utilizzo poco controllato di categorie inadeguate. Dobbiamo farlo senza nuove idealizzazioni, ma anche senza vecchie demonizzazioni.
Su questa strada impervia e meravigliosamente complicata, si è avviata con determinazione la Chiesa che si esprime in “Amoris Laetitia”. Ora sta a teologi e canonisti liberarsi da categorie inadeguate ed elaborarne di nuove, fedeli alla esperienza degli uomini e al Vangelo (GS 46).”
Amoris Laetitia: Forum sulla Famiglia – Università Gregoriana – Roma 7-8 ottobre 2016
La pubblicazione di Amoris Laetitia, dopo l’intenso percorso sinodale che l’ha generata, ha spinto docenti e ricercatori che gravitano intorno al Diploma di Teologia Pratica per la Pastorale familiare dell’Università Gregoriana, di offrire un’occasione di approfondimento e d’individuazione di prospettive di ricerca e applicazioni pastorali per andare incontro alle famiglie d’oggi. Si tratta di un ulteriore passo nella direzione di quella “Chiesa in uscita”, che anche questo Documento conferma come compito di tutti i credenti.
Il programma del Forum intreccia Conferenze, Tavole rotonde e Workshops. Gli interlocutori, oltre i teologi qualificati in materia, sono gli operatori della pastorale familiare, diocesana e parrocchiale, laici interessati, in particolare fidanzati, coniugi e genitori che vogliano far dialogare le loro esperienza con il Vangelo e la riflessione critica degli esperti.
“Famiglia. Due Sinodi e un’esortazione. Diario di una svolta”: un libro di F. Ferrari
“Questo «diario», con i dati della cronaca, dà un contributo originale e prezioso, attestando non solo l’atto di un Pontefice, ma il non facile assenso di una Assemblea episcopale. Possiamo così capire meglio non solo la parola di un capo, ma il dialogo di un corpo; non solo la grande dottrina della giustizia, ma anche la più grande sapienza della misericordia. L’autore, condividendo con il lettore l’esperienza di corrispondente in diretta dai lavori, ci fa rivivere le sequenze di giornate intense e imprevedibili dei due Sinodi dedicati alla famiglia, quello straordinario del 2014 e quello ordinario del 2015. Si può vedere «come si è arrivati» al testo di Amoris Laetitia, i singoli passi che l’hanno preparata, ostacolata, accompagnata e purificata.”
Dopo l’Amoris laetitia
“il lavoro cui i canonisti sono attesi è di grande rilievo e diventerà essenziale e decisivo per recepire pienamente il testo di AL e le sue ampie conseguenze pastorali. Tra le quali dovremo considerare il “gap” che si creerà tra identità pastorale e identità giuridica dei soggetti, in attesa di una piena regolarizzazione che potrà avvenire soltanto quando il diritto canonico sostanziale (e non solo quello procedurale) avrà trovato nuovi equilibri e nuove categorie. Ma questo implica che tutti i canonisti (chierici e laici) si rendano disponibili a riflettere non solo de lege condita, ma anche de lege condenda. Il servizio ecclesiale richiesto ai tecnici del diritto ecclesiale esclude la chiusura delle corporazioni:
“…richiede che si ponga attenzione alle domande teoriche e alle esigenze
sostanziali cui hanno voluto rispondere i diversi modelli di matrimonio, anziché
alle risposte date da una corporazione di studiosi che, evitando di affrontare
le aporie, i passaggi scoperti e i punti critici del sistema matrimoniale, è
intenta a ribadirne la continuità e la coerenza” (399)
Dar voce e forma a queste difficoltà e proporre per esse soluzioni e rimedi convincenti è quanto sono chiamati a fare i canonisti realmente disponibili a fornire alla Chiesa il loro necessario contributo, che per antica tradizione non è solo accurato esercizio di una tecnica giuridica, ma anche preziosa concretizzazione di una profezia ecclesiale. Purtroppo, oggi manchiamo quasi del tutto della profezia dei canonisti.”
“Amoris Laetitia” e il dibattito aperto sul diritto canonico. Perché oggi manchiamo della profezia dei canonisti?
di Andrea Grillo, in “Come se non” – http://www.cittadellaeditrice.com/munera/come-se-non/ – del 27 settembre 2016
Sul numero di “Concilium” che esce in libreria in questi giorni troviamo un gustoso articolo a firma di Mons. Vesco, dal titolo: Papa Francesco ha fatto opera di tradizione… Su Amoris laetitia (“CONCILIUM“, 52 [2016/] 145-149).
Il testo, nella sua incisiva brevità, si segnala per una serie di considerazioni che possiamo ritenere esemplari. Le presento in sintesi, con alcune importanti citazioni:
– AL è “opera di tradizione”
Nonostante il “silenzio assordante” con cui AL viene spesso recepita – sia da coloro che la temono come troppo, sia da coloro che snobbano come troppo poco – Mons. Vesco, che per formazione è avvocato e per vocazione domenicano, identifica la strada percorsa da AL come diversa da una “nuova legge generale” sulla materia familiare: essa deve essere riletta piuttosto spogliandosi della pretesa di “definirla astrattamente”. Ogni elemento della tradizione cristiana e cattolica – dalla Scrittura fino a Familiaris Consortio – deve essere integrato con cura all’interno di questa rilettura, ma senza la pretesa che un punto costituisca, di per sé, la soluzione definitiva delle questioni.
– La evoluzione e la rivoluzione è interna alla tradizione
“si introduce un elemento totalmente innovatore: la messa in conto del carattere irreversibile di situazioni matrimoniali e familiari «che non permettono di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa» (AL 301). Dal momento che «nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del vangelo» (AL 297), questo carattere definitivo di una situazione non può più essere de facto un ostacolo insormontabile al sacramento della riconciliazione. C’è qui una vera evoluzione o rivoluzione rispetto alla esortazione apostolica Familiaris consortio: una persona può ormai trovarsi in una situazione oggettiva di peccato e avere peraltro la possibilità di ricevere il sacramento della riconciliazione a condizione, certo, che il carattere oggettivamente irregolare della sua situazione sia da lei riconosciuto, che ci sia stata una elaborazione in funzione della verità e che la contrizione sia reale.” (147-148)

– Oltre ogni tradizionalismo
“Partendo da una posizione magisteriale che deriva dalla tradizione della chiesa e sulla quale egli si basa, avendo convocato due sinodi al fine di permettere un dibattito il più ampio possibile, papa Francesco fa legittimamente opera di tradizione riproponendo l’incitamento di san Giovanni Paolo II a distinguere tra le situazioni individuali fino a permettere di aprire, per alcune di esse, al sacramento della riconciliazione e dunque all’accesso alla comunione eucaristica. E ciò senza obbligo di una previa separazione o senza obbligo di vivere «come fratello e sorella».” (148)
– le nuove responsabilità dei presbiteri
“Quindi, dopo la lettura di questa esortazione, non sarà più possibile a un prete rispondere in coscienza a una persona divorziata risposata: «Mi perdoni, ma a causa della sua situazione matrimoniale io non sono autorizzato a raccogliere la sua confessione». Gli occorrerà oramai entrare con quella persona nella singolarità della sua storia, prendere atto della coscienza che lei ha delle sue responsabilità nella situazione sua propria e delle eventuali possibilità di fare evolvere questa situazione, farsi carico del lavoro di riconciliazione e, all’occorrenza, della riparazione che è stata intrapresa.” (148)
– il ruolo della dottrina
“In fondo, prima che la dottrina in sé, ciò che cambia radicalmente è il posto stesso della dottrina nella relazione tra una persona e Dio. […] In Amoris laetitia, come in tutto il suo magistero, papa Francesco riafferma che la chiesa non è in primo luogo dottrinale – e ciò cambia molto nel suo rapporto con il mondo. Egli chiama a una rivoluzione dello sguardo e ci invita ad avere lo stesso sguardo che Gesù aveva per le persone che incontrava. È così semplice. E pure esigente.” (149)
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/09/23/amoris-laetitia-tradotta-dal-cardinale-vicario-di-roma-anche-a-lui-il-papa-scrivera-una-lettera-di-encomio/
“‘Amoris laetitia’ non esclude la possibilità di accedere alla penitenza e all’eucarestia. …
“Come dobbiamo intendere questa apertura? Certamente non nel senso di un accesso indiscriminato ai sacramenti, come talvolta avviene, ma di un discernimento che distingua adeguatamente caso per caso. Chi può decidere? Dal tenore del testo e dalla ‘mens’ del suo Autore non mi pare che vi sia altra soluzione che quella del foro interno. Infatti il foro interno è la via favorevole per aprire il cuore alle confidenze più intime, e se si è stabilito nel tempo un rapporto di fiducia con un confessore o con una guida spirituale, è possibile iniziare e sviluppare con lui un itinerario di conversione lungo, paziente, fatto di piccoli passi e di verifiche progressive.
“Dunque, non può essere altri che il confessore, ad un certo punto, nella sua coscienza, dopo tanta riflessione e preghiera, a doversi assumere la responsabilità davanti a Dio e al penitente e a chiedere che l’accesso ai sacramenti avvenga in maniera riservata. In questi casi non termina il cammino di discernimento (AL, 303: ‘discernimento dinamico’) al fine di raggiungere nuove tappe verso l’ideale cristiano pieno”.
Sì a una possibile “apertura”, dunque, ai sacramenti per i divorziati risposati, anche quando non praticano la continenza perché “difficile per la stabilità della coppia”. È questa la novità che il cardinale Vallini individua in “Amoris laetitia”, rispetto al precedente magistero.
Ma nello stesso tempo il cardinale sostiene che la dottrina della Chiesa “rimane quella di sempre”, perché – dice – papa Francesco non se ne distacca, ma la “sviluppa nella linea dell’ermeneutica della continuità e dell’approfondimento, e non della discontinuità e della rottura”.
A Roma sì, a Firenze no. Ecco come “Amoris laetitia” divide la Chiesa, di Sandro Magister Sabato 8 ottobre 2016, in http://www.chiesa.espressoline.it
“… il cardinale Ennio Antonelli, già presidente del pontificio consiglio per la famiglia e stimato studioso della materia, ha dettato ai sacerdoti della diocesi – in pieno accordo con l’arcivescovo del luogo, il cardinale Giuseppe Betori – delle linee guida per l’interpretazione e l’applicazione di “Amoris laetitia” che sono in perfetta continuità con il magistero della Chiesa di sempre, e quindi non consentono la comunione ai divorziati risposati che vivono “more uxorio”, salvo in un caso particolarissimo già previsto dalla classica teologia morale, cioè “il difficile caso in cui si riscontrasse la mancanza temporanea di un chiaro proposito riguardo alla continenza sessuale”.
… Il testo integrale di queste sue linee guida è ospitato in ben cinque lingue nel sito del Pontificium Consilium pro Familia, a disposizione di chiunque lo voglia utilizzare, in tutto il mondo: “Amoris laetitia”: per l’interpretazione e l’attuazione (http://www.familiam.org/pcpf/allegati/13757/Amoris_Laetitia_ITA.pdf)
Non è la prima volta che il cardinale Antonelli prende posizione pubblicamente sulla questione cruciale della comunione ai divorziati risposati.
…. Anche in questa sua nuova guida alla lettura di “Amoris laetitia” il cardinale Antonelli rileva l’oscurità di alcuni passaggi.
Ad esempio là dove lamenta che “purtroppo ‘Amoris laetitia’ tace sulle norme generali negative”, quelle che vietano “in ogni situazione, senza alcuna eccezione”, atti “disordinati in se stessi, per il loro stesso contenuto, tra i quali anche le unioni dei divorziati risposati e di altre coppie conviventi, […] come insegna molto autorevolmente, nel solco della tradizione cattolica, l’enciclica ‘Veritatis splendor’ di san Giovanni Paolo II”.
Questo silenzio – commenta il cardinale – “può agevolare l’errata interpretazione secondo cui in certi casi queste unioni sarebbero oggettivamente lecite, come un bene analogo al matrimonio, anche se incompleto”.
Matrimonio, il Papa: basta idee astratte, la Chiesa è vicina a tutti, di Iacopo Scaramuzzi, in “La Stampa-Vatican Insider” del 27 ottobre 2016
“Bisogna riconoscere, ha proseguito il Papa citando la «Amoris laetitita», che a volte «abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario». E invece «la grazia esiste, come anche il peccato».
Il doppio sinodo sulla famiglia del 2014-2015 «ha concordemente manifestato la necessità di ampliare la comprensione e la cura della Chiesa per questo mistero dell’amore umano in cui si fa
strada l’amore di Dio per tutti» e la «Amoris laetitia» «fa tesoro di questo ampliamento e sollecita l’intero popolo di Dio a rendere più visibile ed efficace la dimensione famigliare della Chiesa», ha detto Bergoglio, per il quale «il tema pastorale odierno – ha detto il Papa – non è soltanto quello della “lontananza” di molti dall’ideale e dalla pratica della verità cristiana del matrimonio e della famiglia; più decisivo ancora diventa il tema della “vicinanza” della Chiesa: vicinanza alle nuove generazioni di sposi, perché la benedizione del loro legame li convinca sempre più e li accompagni, e vicinanza alle situazioni di debolezza umana, perché la grazia possa riscattarle, rianimarle e guarirle».
Quattro cardinali chiedono spiegazioni su “Amoris laetitia”, di Andrea Tornielli, in “La Stampa-Vatican Insider” del 14 novembre 2016
“Quattro porporati chiedono al Papa di chiarire alcuni dubbi riguardanti l’interpretazione dell’esortazione post-sinodale «Amoris laetitia» sul matrimonio e la famiglia. Sono i cardinali Walter Brandmüller, già presidente del Pontificio comitato di scienze storiche; Raymond L. Burke, patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta, e gli arcivescovi emeriti Carlo Caffarra (Bologna) e Joachim Meisner (Colonia). La lettera, consegnata nelle mani del Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede il 19 settembre è stata pubblicata lunedì 14 novembre dal sito dell’Espresso curato da Sandro Magister e dal quotidiano online La Nuova Bussola quotidiana.
I porporati hanno deciso di rendere pubblico il documento consegnato all’ex Sant’Uffizio perché fino a questo momento non hanno ricevuto risposta.
«Abbiamo constatato un grave smarrimento di molti fedeli e una grande confusione – scrivono i quattro porporati – in merito a questioni assai importanti per la vita della Chiesa. Abbiamo notato che anche all’interno del collegio episcopale si danno interpretazioni contrastanti del capitolo ottavo di “Amoris laetitia”. La grande Tradizione della Chiesa ci insegna che la via d’uscita da situazioni come questa è il ricorso al Santo Padre, chiedendo alla Sede Apostolica di risolvere quei dubbi che sono la causa di smarrimento e confusione».
«Il Santo Padre – si legge ancora nella lettera – ha deciso di non rispondere. Abbiamo interpretato questa sua sovrana decisione come un invito a continuare la riflessione e la discussione, pacata e rispettosa. E pertanto informiamo della nostra iniziativa l’intero popolo di Dio, offrendo tutta la documentazione. Vogliamo sperare che nessuno interpreti il fatto secondo lo schema “progressisti- conservatori”: sarebbe totalmente fuori strada. Siamo profondamente preoccupati del vero bene delle anime, suprema legge della Chiesa, e non di far progredire nella Chiesa una qualche forma di politica. Vogliamo sperare che nessuno ci giudichi, ingiustamente, avversari del Santo Padre e gente priva di misericordia. Ciò che abbiamo fatto e stiamo facendo nasce dalla profonda affezione collegiale che ci unisce al Papa, e dall’appassionata preoccupazione per il bene dei fedeli».
Il documento ha la forma dei «dubia» (dubbi) che vengono solitamente presentati alla Congregazione per la dottrina della fede secondo una forma che permette di rispondere con un «sì» o con un «no». Questo il testo dei quesiti, riguardanti il capitolo VIII dell’esortazione dedicato all’accompagnamento delle famiglie ferite e al discernimento:
1. Si chiede se, a seguito di quanto affermato in “Amoris laetitia” nn. 300-305, sia divenuto ora possibile concedere l’assoluzione nel sacramento della Penitenza e quindi ammettere alla Santa Eucaristia una persona che, essendo legata da vincolo matrimoniale valido, convive “more uxorio” con un’altra, senza che siano adempiute le condizioni previste da “Familiaris consortio” n. 84 e poi ribadite da “Reconciliatio et paenitentia” n. 34 e da “Sacramentum caritatis” n. 29. L’espressione “in certi casi” della nota 351 (n. 305) dell’esortazione “Amoris laetitia” può essere applicata a divorziati in nuova unione, che continuano a vivere “more uxorio”?
2. Continua ad essere valido, dopo l’esortazione postsinodale “Amoris laetitia” (cfr. n. 304), l’insegnamento dell’enciclica di San Giovanni Paolo II “Veritatis splendor” n. 79, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, circa l’esistenza di norme morali assolute, valide senza eccezioni, che proibiscono atti intrinsecamente cattivi?
3. Dopo “Amoris laetitia” n. 301 è ancora possibile affermare che una persona che vive abitualmente in contraddizione con un comandamento della legge di Dio, come ad esempio quello che proibisce l’adulterio (cfr. Mt 19, 3-9), si trova in situazione oggettiva di peccato grave abituale (cfr. Pontificio consiglio per i testi legislativi, Dichiarazione del 24 giugno 2000)?

4. Dopo le affermazioni di “Amoris laetitia” n. 302 sulle “circostanze attenuanti la responsabilità morale”, si deve ritenere ancora valido l’insegnamento dell’enciclica di San Giovanni Paolo II “Veritatis splendor” n. 81, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, secondo cui: “le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto soggettivamente onesto o difendibile come scelta”?
5. Dopo “Amoris laetitia” n. 303 si deve ritenere ancora valido l’insegnamento dell’enciclica di San Giovanni Paolo II “Veritatis splendor” n. 56, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, che esclude un’interpretazione creativa del ruolo della coscienza e afferma che la coscienza non è mai autorizzata a legittimare eccezioni alle norme morali assolute che proibiscono azioni intrinsecamente cattive per il loro oggetto?”
5 Dubbi, 4 Cardinali, 3 certezze, di Andrea Grillo, in “Come se non” – http://www.cittadellaeditrice.com/munera/come-se-non – del 14 novembre 2016
“Dopo quelle scritte durante il Sinodo, più o meno clandestinamente, un’altra lettera, sempre con le solite firme, ora selezionate. Ma questa volta non vengono espressi timori o desideri. No, questo è un elenco di “dubbi”. La cosa interessante è che il dubbio non è tanto su “Amoris Laetitia”, ma sul disegno del papa in quanto tale. Ma l’effetto, inatteso, è che i 4 cardinali, formulando i loro 5 dubbi, fanno sorgere nel popolo di Dio 3 grandi certezze. …
Certitudo prima
Nella Chiesa cattolica, a causa di una vicenda storica complessa, ma della quale avrebbero dovuto accorgersi da tempo anche questi Signori Cardinali, può accadere che si parli un linguaggio che non ha più alcun riferimento alla realtà. … Alla radice di questo disagio sta una mancanza di riconoscimento della realtà e una radicale pretesa di autosufficienza. A nulla vale l’esperienza: si è imparato a nascondersi dietro la corazza di una “scienza triste”, identificata con il Vangelo, e ci si atteggia a “difensori del bene delle anime”. Ma si è perso il legame tanto con le anime quanto con il bene.
Certitudo altera
Viene il tempo in cui occorre scegliere tra iniziare processi di conversione o occupare spazi di potere. Ad ogni costo i 4 firmatari ritengono che per un pastore e per un uomo di Chiesa non vi sia alternativa. Può soltanto occupare spazi di potere e gettare bombe lacrimogene per impedire la vista del reale. E si usa ogni mezzo. Soprattutto si pretende che la Scrittura e la Tradizione siano al servizio delle operazioni di “immunizzazione dal reale” perseguite negli ultimi 40 anni….
Certitudo tertia
Da ormai 7 mesi è iniziata la strada di una recezione ricca e complessa di Amoris Laetitia. I pastori che hanno a cuore il bene dei loro fedeli conoscono la strada, si sono messi in cammino: qualcuno davanti al popolo, per incitare alla marcia; qualcuno in mezzo al popolo, per tenere bene la andatura comune; qualcuno nelle retrovie, a custodire quelli col passo più lento. I pastori sanno dove stare. I cardinali che salgono al primo piano, si mettono alla finestra e cercano in qualche modo di far rientrare la Chiesa in uscita, temono gli ospedali da campo, rifuggono i campi profughi. Salgono alla finestra e si dicono “dove andremo a finire?”. E l’unica risposta è “Bisogna finire di andare”. Stare. Fermi. Sordi. Immuni. Lontani. Indifferenti. Con un sentimento di infinita differenza dal mondo estraneo. Ma anzitutto da Francesco, papa strano. Che spuzza di vita. E che osa non subordinare il Vangelo alla legge.”
La recezione di “Amoris Laetitia” (/5): La lettera pastorale del Vescovo di Trani-Barletta-Bisceglie
di Andrea Grillo, in “Come se non” – http://www.cittadellaeditrice.com/munera/come-se-non – del 16 novembre 2016
“Le diverse situazioni di fragilità
Ci sono diverse forme di amore ferito, smarrito o incompiuto, che meritano una pratica ecclesiale rinnovata. In particolare viene dettagliata con grande precisione la procedura di eventuale riammissione dei divorziati risposati civilmente alla comunione eucaristica, con la valutazione di questi elementi:
– accertare la validità canonica del precedente matrimonio – l’esame di coscienza
– la valutazione delle responsabilità genitoriali
– i tentativi di riconciliazione
– la irreversibilità della relazione
– non esigere più di quanto si possa dare
– la situazione del partner abbandonato
– la valutazione delle conseguenze scandalose
– l’impatto negativo sui giovani
– la valutazione della consistenza morale della nuova coppia
– verificare la consapevolezza della nuova coppia circa la propria distanza dall’ideale evangelico – verificare l’impegno di vita cristiana
Questo lungo elenco di criteri è tuttavia supportato dalla coscienza che lo scandalo maggiore che si potrebbe dare sarebbe quello di non saper integrare questi fratelli nella logica di misericordia.”
Burke pronto a un “atto formale” per “correggere” il Papa, di Redazione, in “La Stampa-Vatican Insider” del 16 novembre 2016 (traduzione: http://www.finesettimana.org)
“Se il Papa non risponderà alla richiesta di chiarimenti dei quattro cardinali che gli hanno scritto sull’esortazione Amoris Laetitia, «allora dovremmo affrontare questa situazione: c’è infatti, nella Tradizione della Chiesa, la possibilità di correggere il Romano Pontefice. È invero sicuramente molto raro. Ma se non vi fosse risposta alle domande sui punti controversi, allora direi che si porrebbe la questione di assumere un atto formale di correzione di un errore grave».
È il guanto di sfida che, alla vigilia del Concistoro, il cardinale americano Raymond Leo Burke, patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta, lancia a papa Francesco, cui insieme ad altri tre porporati – Walter Brandmueller, Carlo Caffarra e Joachim Meisner – ha sottoposto recentemente in una lettera cinque «dubbi» sull’interpretazione e l’applicazione della Amoris Laetitia, riguardanti sia la tanto discussa questione della comunione ai divorziati risposati, sia il valore delle norme morali in rapporto alla vita cristiana.
«Ovunque io vada sento confusione. I sacerdoti sono divisi gli uni dagli altri, i sacerdoti contro vescovi, i vescovi divisi tra di loro. C’è una tremenda divisione nella Chiesa, che non è la via della Chiesa. Ecco perché dobbiamo ristabilizzare queste questioni morali fondamentali, che ci uniscono», dice il cardinale Burke in un’intervista al National Catholic Register.”
Gender: papa e mondo cattolico si dividono, di Selene Zorzi, in “confronti” – mensile di religioni politica e società – del novembre 2016
” … nell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia (19 marzo 2016) troviamo due distinti riferimenti al concetto di genere, e due modi di intenderlo: uno da negare, l’altro da accettare. Al n.
56 del testo ci sono ferme parole di disapprovazione della «ideologia del Gender» (in realtà, dopo le tante critiche fatte da studiosi alle affermazioni su una «teoria del genere», diventa più sfumata anche la fraseologia ad essa riferita), in quanto «nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia…
L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, mutevole nel tempo». Poi rileva: «Non si deve ignorare che sesso biologico (sex) e ruolo socialeculturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare»; Ma più avanti precisa: «Non si può nemmeno ignorare che nella configurazione del proprio modo di essere, femminile o maschile, non confluiscono solamente fattori biologici o genetici, ma anche molteplici elementi relativi al temperamento, alla storia familiare, alla cultura, alle esperienze vissute, alla formazione ricevuta, alle influenze di amici, familiari e persone ammirate… È vero che non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio, che è anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare.
Però è anche vero che il maschile e il femminile non sono qualcosa di rigido» (n. 286).
In tale quadro – stante la campagna talebana contro la «ideologia del Gender» che fa di ogni erba un fascio – chi, anche nella Chiesa cattolica, si ostina a utilizzare le necessarie distinzioni terminologiche maschio/ femmina, uomo/donna, maschile/ femminile, maschilità/femminilità, rischia di essere frainteso/a.
Malgrado ciò, ritengo che si debba sostenere l’importanza degli studi di genere, e continuarli con fiduciosa pazienza e tenacia: ne va della libertà e dello sviluppo umano integrale di ogni persona, che è un valore profondamente connesso al messaggio di liberazione evangelico.”
Amoris Laetitia e le “vie domenicane”
di Andrea Grillo
in “Come se non” – http://www.cittadellaeditrice.com/munera/ – del 16 febbraio 2017
“Come ha notato ieri A. Tornielli – su Vatican Insider, “Amoris Laetitia, Coccopalmerio e la via domenicana” – una recezione positiva di AL è stata proposta, negli ultimi mesi, dalla “scuola domenicana”. Soprattutto Padre Schoenborn e poi anche Padre Cavalcoli – entrambi domenicani – hanno sostenuto una lettura “aperta” di Al, che pur non modificando la dottrina sul matrimonio, rende possibile una modificazione significativa della disciplina.
Questa osservazione mi pare possa condurre ad una considerazione più complessiva del ruolo che la teologia “tomista” ha svolto nell’accompagnare e nell’interpretare AL. Provo a indicare alcuni aspetti di questa ricca relazione, nella quale è possibile rintracciare più di una “via domenicana” e più di una tradizione tomista:
a) Dal punto di vista di una “sintesi possibile”, non è sbagliato mettere in luce la presenza di una “via domenicana” non solo “verso AL”, ma anche “in AL”. Fin dall’inizio era stato facile notare che, soprattutto per le delicate considerazioni contenute nel cap. VIII, in AL fossero entrati – anche con esplicite citazioni – alcuni principi fondamentali della teologia tomista e domenicana.
b) Bisogna tuttavia aggiungere che il pensiero di Tommaso, assunto in questo contesto, assume una funzione di “svolta” e introduce una “discontinuità” rispetto ad un “indirizzo magisteriale” segnato più da razionalismo moderno che da realismo medievale. Poiché Tommaso, da uomo medievale, non può mai assolutizzare la legge oggettiva, come invece fanno pensatori moderni e tardo- moderni, la sua impostazione – pre-moderna – è in grado di aggirare e superare la fissazione moderna sulla oggettività. Per Tommaso conta anzitutto la realtà, non la oggettività.
c) Questo fenomeno, in una sorta di “alleanza secondo l’ordine religioso”, permette a G. Cavalcoli, Ch. Schoenborn e J.-P. Vesco, tutti domenicani, di condividere alcuni passaggi comuni, sia nella lettura di AL, sia nelle indicazioni circa la sua recezione. La comune matrice tomista, pur non potendo nascondere le profonde differenze di sensibilità e di orientamento, permette a questi tre “padri domenicani” di ammettere lucidamente ciò che per altri costituisce una pericolosa “contraddizione”. In altri termini essi possono ammettere che la disciplina muti senza intaccare la dottrina.”