Mentre continuano nel silenzio generale le persecuzioni verso i cristiani nel mondo, in particolare in Africa e in Asia, non va meglio in Europa. Ormai non si discute più sull’affermazione delle radici cristiane nella Costituzione europea. Sembrano però avverarsi le profetiche previsioni di J.Ratzinger di un futuro minoritario per la Chiesa cattolica in Europa. L’analisi, di questi giorni, del card Eijk per l’Olanda lo conferma chiaramente.
Tra 50 anni, si è scritto nel 2017, l’islam sarà maggioritario in Europa. E non c’è stata una inversione di tendenza. Secondo alcuni studiosi, come il Prof. Renato Cristin, docente di ermeneutica filosofica a Trieste, stiamo vivendo in Europa “da un lato il silenzio sparso sui temi e sui cardini del cristianesimo, dall’altro il bavaglio imposto a chi afferma non solo il ruolo storico ma anche la necessità del cristianesimo per il futuro dell’Europa”.
Per rompere questo silenzio  presentiamo l’interessante analisi di Francesco Boezi, “Il cristianesimo è in crisi: così l’Europa ha rifiutato le sue radici”, apparsa su Insideover, il 15/12/2020.
 
I cristiani non sono mai stati perseguitati con questa incidenza, ma la violenza subita si palesa in Medio Oriente o in Africa, mentre il substrato culturale d’Europa sta riservando alla cristianità un altro tipo di trattamento. Per dirla in breve, si tratta di una sorta di boicottaggio silenzioso che tende a dimenticare le radici. Non senza qualche omissione: si pensi, per esempio, alle volte in cui papa Francesco ha ribadito il suo fermo “no” all’aborto ed alle pratiche eutanasiche.
Chi si occupa di comunicazione preferisce ricordare come Jorge Mario Bergoglio abbia sposato la causa delle “unioni civili”. Perché la posizione del pontefice argentino sulla bioetica non sembra essere in linea con i desiderata di quello che Joseph Ratzinger aveva chiamato e immaginiamo continui a chiamare “relativismo”. Certo il discorso è più complesso di così, ma il racconto di un pontefice sempre disposto ad abbracciare il progresso può essere funzionale a chi, di valori non negoziabili, non ne vuole più sapere.
E poi qualche attacco c’è eccome, come nel caso delle chiese polacche ormai al centro delle attenzioni degli abortisti. Anche in Polonia, baluardo del cattolicesimo conservatore, la secolarizzazione ha iniziato a sgomitare. Non va meglio in Francia, dove i simboli della cristianità stanno subendo un attacco che appare sistemico. L’incendio di Notre Dame elevato ad immagine in grado di descrivere il momento. Sono prove fisiche di scomparsa forzosa del culto, in un continente dove i numeri già raccontano una discesa che porta dritta al capolinea o quasi, con il tanto ventilato effetto della sostituzione con l’islam sul podio delle religioni professate in Europa.
Per rintracciare un contesto dove il cattolicesimo ha assunto le fattezze di un ricordo lontano o quasi basta andare in Olanda, dove il cardinal Eijk cerca di ricordare a tutti che no, Dio non può essere estromesso. Forse però la sua è una delle poche voci rimaste. Indizi per una risalita non ce ne sono. Anzi, Benedetto XVI, nella più celebre delle sue previsioni, ha pronosticato un futuro minoritario per la Chiesa cattolica, costretta – nell’analisi dell’emerito – a ripartire da zero.
Tutto questo avviene mentre l’agenda progressista non sembra conoscere ostacoli. Anche in Italia, dove la cosiddetta Zan-Scalfarotto, nonostante l’opposizione della base e dei vertici istituzionali ecclesiastici, continua il suo iter senza intoppi. Sempre Ratzinger riteneva i “nuovi diritti” pericolosi per l’integrità delle radici cristiane, ma barriere tra le realizzazioni di un mondo centrato sui “nuovi diritti” non ne esistono più o quasi. A complicare la situazione ci pensa la crisi delle vocazioni, che rischia di minare alla base una delle poche istituzioni della tradizione occidentale rimaste in campo, ossia proprio la Chiesa cattolica, che deve guardare ai consacrati degli altri continenti per riempire un gap che rischia di svuotare le Messe.
Le cose non vanno meglio in Germania dove, tra un tentativo di ammodernare la dottrina e l’altro, i numeri raccontano di una fuga di fedeli. Di radici cristiane nella Costituzione europea non si parla più. Anche perché in fin dei conti una Costituzione europea non è più stata promulgata. E il Vecchio continente si appresta a salutare il 2020 con una certezza che ormai si rivela tale di anno in anno: di aver perso qualcosa in termini di cattolicesimo. Numeri, cultura, fede: sono tutti aspetti di qualcosa che assomiglia ad un lento addio, al netto dei possibili colpi di coda che tuttavia non vengono per ora registrati dalla casistica. Tra 50 anni, si è scritto nel 2017, l’islam sarà maggioritario in Europa. Non c’è stata una inversione di tendenza, e di anni ora ne mancano pochi.
 

L’attacco al cristianesimo

 
Tanti pensatori ed intellettuali, nel corso di quest’ultimo decennio, hanno denunciato l’imminente scomparsa del cristianesimo dall’Europa. Da Augusto Del Noce a Remy Brague, passando da chi ha intravisto un “tramonto” dell’Occidente nel suo complesso come Oswald Spengler. Da qualche anno a questa parte, un cardinale ha intrapreso il sentiero che conduce ai medesimi avvertimenti ed a conclusioni molto simili a quelle delle personalità appena citate: Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto e per la Disciplina dei sacramenti, ha messo tutto nero su bianco. “Dio o niente“, si chiede il cardinale nel titolo di una delle sue opere più celebri. La terza opzione non esiste.
Tra le menti contemporanee che condividono le preoccupazioni dei pessimisti sul futuro del cristianesimo europeo, c’è di sicuro il professor Renato Cristin, che ha dato all’Europa della “narcotizzata” in più di una circostanza. Cristin, che è triestino e che sempre a Trieste insegna, è docente di ermeneutica filosofica. Tra i suoi studi, spiccano quelli su Heidegger, Husserl e Gadamer: filosofi che sull’Occidente hanno mostrato cartelle cliniche non proprio ottimistiche. E Cristin, che abbiamo interpellato noi de ilGiornale.it, disegna una mappa del futuro, partendo dagli avvenimenti odierni: “l cristianesimo è coinvolto oggi – premette – in un più ampio attacco alla tradizione spirituale e culturale europea. Sono d’accordo con Lei – dice – : sul suolo europeo la forma di questa aggressione, nel contesto di un attacco violento, è principalmente il silenzio, ma duplice: da un lato il silenzio sparso sui temi e sui cardini del cristianesimo, dall’altro il bavaglio imposto a chi afferma non solo il ruolo storico ma anche la necessità del cristianesimo per il futuro dell’Europa”. Nel Vecchio continente non c’è persecuzione, ma appunto un silenziatore o “bavaglio”.
Qualcosa che il cristianesimo sta subendo non senza consapevolezze. E quando qualcuno si espone in difesa del cristianesimo, secondo il professore, non lo fa con la forza naturale che la dottrina porterebbe naturalmente in dote: “Viene ammesso a parlare a nome della nostra religione solo chi ne presenta l’aspetto «debole» e politicamente corretto. Insomma, potete parlarne, purché contribuiate alla sua dissoluzione”. L’Europa avrebbe già individuato il suo avvenire.
 

La profezia di Benedetto XVI

 
É il 1969 e Joseph Ratzinger è in onda su una radio tedesca. Nessuno sa, all’epoca, che quelle parole verranno elevate a “profezia”. Quello che sarebbe diventato papa Benedetto XVI sta parlando di una Chiesa “piccola”, destinata a ricostruire tutto partendo dalle ceneri, di una Chiesa senza più il potere di cui ha disposto. E il riscatto? Un piccolo gruppo di fedeli – una Chiesa minoritaria – avrebbe risollevato le sorti del cristianesimo. In pochi, ai tempi, capiscono la portata di quelle affermazioni. I ratzingeriani oggi non fanno fatica a fotografare il momento: siamo nella prima fase della previsione, affermano. E il futuro riserverà le risposte sulla seconda. Non si può rileggere il pontificato del mite teologo di Tubinga strappando la pagina sulla rinuncia, ma la lucidità con cui Ratzinger aveva previsto l’andamento della parabola cristiana a distanza di tempo stupisce forse più delle dimissioni.
Sulla sua trincea si combatte ancora. Anche il professor Cristin concorda: “Su questo punto (il tramonto del cristianesimo, ndr) papa Ratzinger è stato il degno successore di Giovanni Paolo II: come non si transige sui princìpi (perciò definiti appunto non-negoziabili), altrettanto non si deve transigere sull’identità spirituale cristiana in senso storico e culturale”. Il regno del tedesco è finito. Ora sul soglio di Pietro siede il primo Papa gesuita della storia, e per Cristin le differenze sono evidenti: “Oggi il vertice vaticano ha separato queste due istanze, con il risultato che l’identità cristiana è allo sbando e intorno ai princìpi si agita grande confusione. Sì, Benedetto XVI aveva lanciato ben più che un avvertimento su questo rischio”, conclude.
 

L’avanzata dell’islam

 
Se le statistiche non mentono, l’islam dominerà il contesto religioso europeo tra meno di metà secolo. L’attesa è l’unico fattore che separa quell’assunto dalla realtà. Stando al report di Fare Futuro, ad esempio, il fenomeno sta iniziando a coinvolgere anche due ambiti dello stile europeo senza eguali: i libri ed il calcio. Un moto che non è solo religioso ma anche sociale, perché abbraccia tutto. Se l’incendio di Notre Dame è l’istantanea allegorica della crisi del cristianesimo, la conversione di Santa Sofia a moschea è l’immagine plastica, e per nulla metaforica, dell’avanzata della religione musulmana e delle sue espressioni, che come sappiamo possono differenziarsi.
In questo quadro, il Papa regnante è certo della necessità di un dialogo a tutti i costi.
Nella sua ultima enciclica, Fratelli Tutti, Bergoglio ha scritto di essere stato ispirato, tra gli altri, dall’imam di Al-Azhar, con cui ha sottoscritto una dichiarazione congiunta in difesa e sostegno della cosiddetta Fratellanza Umana. Conservatori, cattolici e non, alzano la mano per segnalare dissenso rispetto all’atteggiamento, ma per ora la ricezione delle alte gerarchie non c’è.
Cristin, che è un conservatore, pensa che l’accerchiamento si stia ormai definendo: “La tenaglia con cui il relativismo politicamente corretto e l’islam religiosamente integro stanno accerchiando l’identità europea è solida e minacciosa. Se la morsa dovesse prevalere, la nostra identità certamente scomparirà, almeno nelle sue strutture fondanti, ma non si riesce ancora a vedere quale fra le due punte opposte prevarrà”. Non tutto è perduto, quindi.
Pure in questo caso la strada tracciata non è tanto sgombra da imprevisti: “Probabilmente assisteremo, sul medio periodo, a una convivenza fra islam e istituzioni relativistiche, una pace armata in vista di una resa dei conti, ma in ogni caso sarà una scena dalla quale lo spirito europeo sarà escluso”, aggiunge il professore Cristin. Il tanto temuto “scontro di civiltà” non viene del tutto escluso.
 

La Chiesa cattolica odierna ha delle responsabilità?

 
Gli oppositori di Jorge Mario Bergoglio pensano che il vescovo di Roma, che sarebbe influenzato da un pregiudizio nei confronti dell’Occidente, non sta costruendo le mura difensive che servirebbero per evitare un collasso. Anzi, il Papa si sarebbe alleato con ideologie e forze che minerebbero alla base l’identità cristiana europea: ambientalismo, terzomondismo filo-amazzonico, il progressismo dottrinale, il multilateralismo diplomatico ed il sostegno, più o meno manifesto, alle istituzioni che si oppongono al sovranismo: sono tutti fattori che contribuirebbero ad indebolire le radici cristiane d’Europa.
Per dirla con il professor Renato Cristin “La Chiesa di papa Bergoglio ha abbandonato lo spirito europeo, presa da altri orientamenti e altri orizzonti, quindi non ha interesse a difendere l’identità religiosa dell’Europa, a meno che non sia quella sorta di miscela fra cristianesimo e islam a cui, impercettibilmente ma decisamente, il Vaticano sta oggi mirando”.

La questione della “religione universale” non è nei piani della Santa Sede, ma c’è chi comunque interpreta il dialogo a tutti i costi alla stregua di un disegno che assottigli le differenze tra cristianesimo ed islam. A questo sembra riferirsi Cristin quando suppone la “miscela”. Comunque sia, la traiettoria sembra procedere verso la fine: “In ogni caso, l’identità cristiana europea non esisterà più, a meno che non riesca a invertire questa tendenza distruttiva”, chiosa il professore di Ermeneutica filosofica.
Francesco Boezi, Il cristianesimo è in crisi: così l’Europa ha rifiutato le sue radici, Insideover, 15/12/2020