Il mondo della “famiglia” è un’avventura molto complessa, la sua importanza come cellula base della società è indiscussa e la sua realtà talmente variegata che cercherò di coglierne, come nel dipanare di una matassa, solo alcuni fili importanti e colorarli di storia.
In tutti i tempi, la natura dei giovani è sempre stata la medesima: sono mossi ad aprirsi verso l’Altro da sé; sono attratti dagli affetti, attaccati alle amicizie e bramosi di riconoscimento. Quando s’innamorano e pensano di aver trovato l’amore atteso e sognato, desiderano “fare famiglia”.
Fino allo scorso secolo, se il matrimonio non era di interesse, il che capitava alquanto di frequente, ci si “fidanzava” con la promessa di sposarsi possibilmente presto, da giovani, appena trovato un lavoro. Sposarsi e fare tanti figli, meglio se maschi; “Auguri e figli maschi!” si diceva nel brindisi agli sposi.
 
Il dopoguerra
Nel dopoguerra, la mentalità cominciò a cambiare andando di pari passo con la forte crescita economica e tecnologica, con l’esplosione del boom economico. Il 1968 portò un vento di rivoluzione nella società, un vento politico contrario alla guerra del Vietnam. In Italia la Democrazia Cristiana andava verso il “compromesso storico” e la parola d’ordine era “impegnarsi”, pena l’essere tacciati di qualunquismo o, peggio ancora, di fascismo. Caritativa, cineforum, il ciclostile e i fermenti culturali di ribellione ai regimi che giungevano da varie parti del mondo dove, a difendere la libertà di pensiero, si finiva sotto tortura, in carcere o nei campi forzati, nei Gulag.
 
Gli anni della “contestazione”
Nel 1970 ebbe un enorme successo il super premiato film “Love Story”(1)  di Arthur Hiller, tratto dal libro di Erich Segal, con la splendida colonna sonora di Francis Lai, che ottenne l’Oscar. Due brillanti universitari Oliver e Jennifer s’innamorano a 20 anni, la loro storia d’amore li ritrae in tutto lo splendore della gioventù; belli, appassionati, ironici, critici verso la tradizione e non credenti. Il messaggio che questa romantica e drammatica storia d’amore trasmetteva ad un giovane dell’epoca era l’idea che l’amore è passione e intimità e che si poteva fare l’amore, come un fatto del tutto naturale, prima del matrimonio. Si sposeranno appena laureati, senza un soldo in tasca ma con tanta buona volontà ed inizieranno a lavorare. Il fidanzamento non era più un periodo di attesa, di lenta conoscenza reciproca e di verifica rispetto ai sentimenti, come lo era stato da sempre. Il legame matrimoniale nella sua dimensione giuridica e morale o religiosa passava in secondo piano rispetto al valore e all’autenticità dei sentimenti.
Erano gli anni della contestazione giovanile, dell’amore libero, di un linguaggio neorealista semplice e di effetto, molto slang. La nuova cultura faceva ballare i giovani a suon di rock. Forte era il carico di ribellione al materialismo, al formalismo, alla disperata ricerca di giustizia e di sentimenti autentici. Era l’inizio di un cambiamento di mentalità in cui la gioventù, critica nei confronti della generazione precedente cresciuta in un contesto autoritario, cercava autenticità, pace e verità, senza voler cedere a compromessi: “Mettete dei fiori nei vostri cannoni!”
 
Il trionfo dell’ideologia
E’ stata invero una grande illusione a cui è seguito infatti il trionfo dell’ideologia. L’Italia ha vissuto i suoi “anni di piombo” e l’uso della violenza sovversiva contro lo Stato per distruggere le sue istituzioni e purtroppo anche la vita dei suoi rappresentanti, come Aldo Moro, docente universitario, uomo politico brillante protagonista assoluto della politica del dopoguerra; un cattolico moderno e uomo di spessore e di grande umanità.
In quegli anni, il femminismo si impone nella sua versione italiana, alla ricerca di libertà e di autonomia per le donne, affinché non venissero più subordinate agli uomini e potessero realizzarsi più pienamente nella vita. Le loro idee di riscatto iniziano a stupire, ad interrogare le donne e a stimolare un dibattito sociale come semi di rivoluzione culturale al femminile.
 
Il consumismo dilaga
Dal dopoguerra ad oggi, il consumismo e l’individualismo hanno preso in pugno la società e hanno modificato in negativo la percezione dei valori. Nel materialismo la visione della vita è di tipo “orizzontale” nel senso che si esaurisce nel godimento dei beni materiali, nel piacere del possesso. Il disagio esistenziale dei giovani dell’epoca stava tutto nel libro “Il Giovane Holden” di J.D. Salinger, un romanzo del 1951 (pubblicato in Italia nel 1961).
Per lungo tempo l’economia e la finanza hanno mirato solo al profitto. Lo sviluppo della tecnologia e dei materiali, come la celluloide, le fibre sintetiche e la plastica, ha portato nel tempo tali cambiamenti nell’utilizzo degli oggetti che le cose, i beni di consumo, sono diventati sempre più “usa e getta”, a cominciare dalle prime bottiglie di plastica del 1973. Nel regno delle auto e degli elettrodomestici, anche le bambole stavano cambiando formato: le nuove bambole Furga e poi la Barbie d’importazione americana, con un corredo strepitoso di abitini in miniatura, per ogni occasione.
In un certo senso, la logica utilitaristica ha investito anche la filosofia delle relazioni umane: “Sto con te perché mi conviene e finché mi converrà”. La tendenza è sostituire la profondità e la stabilità nei rapporti con la provvisorietà e tutto diventa “liquido”, cioè senza fondamento, senza struttura, in una parola inconsistente. Il risultato è che nel mondo globalizzato ci si sente sempre più soli.
 
Il divorzio e l’aborto
Ad impattare in modo decisivo sulla famiglia intesa in modo tradizionale è stata anche la legge che ha introdotto in Italia il divorzio, nel 1970. Nel tempo abbiamo visto i divorzi aumentare sempre più e i matrimoni calare costantemente. Le rivendicazioni di uguaglianza, rispetto e pari opportunità, riguardavano i ruoli all’interno della famiglia, che cominciava a cambiare. Gli uomini venivano coinvolti per la prima volta nell’aiuto domestico e nella cura dei bambini. Le donne si riunivano nei collettivi di autoconsapevolezza e in strada si cominciava a vedere qualche papà, capelli lunghi, barba e baffi, secondo la moda del tempo, che spingeva la carrozzina.
Il vento del femminismo ha purtroppo soffiato anche fuoco contro la vita, ponendo un freno alla vita nascente e portando politicamente alla Legge 194 nel 1978.
Seguirono gli anni ottanta con il boom del personal computer, l’inizio della rete, la caduta del muro di Berlino e la fine delle ideologie.
 
La famiglia Arca di salvezza
A giudicare dal quadro della famiglia offerto nello studio dell’IREF Istituto di Ricerche Educative e Formative (2) dello scorso anno, dal titolo “Il vero volto della famiglia italiana, un racconto attraverso i dati” la famiglia non ha perso nel tempo la sua specificità, resta un bene prezioso ma fragile. Trovo che dal punto di vista simbolico, si potrebbe rappresentare la famiglia simile all’Arca di Noè, capace di fronteggiare i flutti del mare agitato con onde altissime come uno tzunami.
Il rapporto ci dice che le donne non hanno ancora ottenuto ciò che cercavano, fin dal secolo scorso. Gli stereotipi infatti rimangono ancora tra i giovani anche se lentamente si sta realizzando una maggiore simmetria dei ruoli, un maggior spirito di collaborazione verso una nuova cultura della parità.
La ricerca dell’IREF spiega anche che le famiglie in Italia sono 25 milioni circa e che in vent’anni hanno visto diminuire i propri componenti (da 2,7 a 2,4); sono aumentate le persone che vivono da sole (31%) mentre sono diminuite le famiglie numerose (5,4%). Nonostante tutto, la famiglia rimane la prima forma di legame sociale e di convivenza civile.
Nel 16mo Rapporto CENSIS (3) sulla comunicazione dello scorso 20 febbraio, si è indagato anche sui “modelli di riferimento attuali per la costruzione delle identità individuali e collettive”. Ebbene la famiglia costituisce ancora di gran lunga il primo fattore di identificazione per il 76,3% degli italiani e in misura maggiore per gli anziani (83,5%).
In particolare lo studio IREF-ACLI cerca di arrivare ad una sintesi sulla situazione attuale, indicando due tipologie di famiglie: da un lato quelle che riescono a rendere felici i propri figli, a educarli ai valori, a farli studiare creando i presupposti sia per lo sviluppo di un’intelligenza aperta e innovativa sia per l’affinarsi di una sensibilità verso i bisogni degli altri e per le sorti del mondo. La stessa famiglia trasforma in tal modo la propria realtà in una scuola di fraternità e di democrazia. Dall’altro lato ci sono le famiglie problematiche, in cui vanno a convergere tutte le tensioni sociali e in cui i genitori non educano, non basano le relazioni sul rispetto reciproco e non si interessano veramente dei figli. Sono famiglie che vivono in solitudine, non pienamente inserite nel tessuto sociale, quindi chiuse e violente al loro interno.
 
Istruzione e finanziamenti
I giovani con bambini piccoli tendono ad appoggiarsi ai nonni ed emerge che la metà dei bambini al di sotto dei due anni sono accuditi dai nonni, mentre il 37, 8% frequenta gli asili nido. Molte mamme oggi non possono più permettersi gli asili nido perché troppo cari. Oltretutto, queste strutture tendono a diminuire per il calo di investimenti da parte dello Stato nel welfare, nella scuola e nell’offerta di servizi socio-educativi.
A dimostrazione del fatto che la famiglia conta ancora troppo poco per la politica, anche a livello locale quando invece dovrebbe diventare il criterio di misura di tutta l’azione politica.
L’insufficienza dei finanziamenti riguarda anche la scuola statale ma non solo, anche quella paritaria. L’importanza della scuola paritaria non è ancora stata riconosciuta per una questione sostanzialmente ideologica. La Scuola dell’Infanzia ad esempio: in 20 anni di disattesa applicazione della Legge sulla Parità (10.3.2000), ha finito ormai per dover chiudere ben 1.559 scuole. Lasciar morire la scuola paritaria si ritorce contro la scuola statale che manca di edifici, ha troppi allievi, pochi docenti e non riesce più a gestire il grave problema della “dispersione scolastica”.
Il sistema scolastico si sta riducendo ad un monopolio statale senza pluralismo democratico e, oltretutto, con costi maggiorati che si potevano evitare grazie al supporto della scuola paritaria. Oggi, i giovani genitori che vogliono scegliere questa scuola, perché magari convinti cattolici, incontrano rette troppo elevate e devono rinunciare alla loro libertà di scelta educativa, una perdita secca per la democrazia in Italia!
 
Donne ancora in difficoltà
Gli studi dichiarano che anche dal punto di vista del lavoro la situazione non migliora nel tempo: donne più istruite degli uomini restano svantaggiate con retribuzioni più basse e carriere più difficili.
Il modello breadwinner persiste: gli uomini sostengono la famiglia e le donne hanno un ruolo subalterno. Ma alla fine della giornata, la verità è che le donne hanno lavorato molto più degli uomini e in tutte le fasce di età!
Certi comportamenti rimandano ad un’emergenza educativa; l’educazione è e deve rimanere la vocazione principale dei genitori riguardo ai propri figli che va di pari passo con il loro sostentamento. Si educa infatti in ogni istante, fin dai primi giorni di vita e per tutto l’arco della propria esistenza di madri e di padri. Il rispetto per l’altro ed in particolare per le donne, anziani, poveri si apprende in famiglia insieme al valore della solidarietà e della collaborazione, attraverso il buon esempio che emerge dal comportamento dei genitori, più che dalle loro prediche.
Ma come è possibile che, ancora oggi, una gran parte delle mamme italiane tenda a farsi aiutare in casa dalle figlie e continua a servire mariti e figli maschi?
 
La congiura contro la vita
Da tempo la società è molto cambiata, in una parola è diventata, secondo la definizione data dal sociologo Zygmunt Bauman, “liquida”; in primis l’amore e le relazioni in genere. Se si pensa all’aborto, giusto per fare un esempio, è la prima causa di morte nel mondo; è incredibile, più delle guerre e delle malattie! Quello che doveva essere un modo per depenalizzare la donna, è diventata una prassi a cui ricorrere quando non si vuole il bambino e/o si ritiene di non poterselo permettere per indigenza economica o altre ragioni che dovrebbero essere di estrema gravità.
Dalla difesa e protezione della donna si è passati alla condanna a morte della vita nascosta nel grembo della donna stessa: un baratro. Eppure, lo stesso art. 1 della 194 dice: “E’ ribadito il diritto alla vita del concepito” e lo ribadisce anche la Sentenza n. 35 del 1997 della Corte Costituzionale.
E’ sconcertante che ancora oggi, dopo più di 40 anni dalla Legge 194, nonostante tutte le evidenze scientifiche emerse sulla vita dell’embrione, si creda ancora allo slogan “Il corpo è mio e lo gestisco io”. Se il bambino non ancora nato potesse parlare direbbe così: “Guarda che io sono una creatura umana. La biologia lo dice in modo chiaro: sono metà della mia mamma e metà del mio papà perché ognuno di loro mi ha fatto dono di metà dei miei geni. Il mio programma di vita scatta nell’istante stesso della fecondazione e il mio cuore batte già dal 18mo giorno. Non sono un grumo di cellule, sono una persona piccolissima che si svilupperà lentamente, secondo i ritmi che ha stabilito la natura. Del resto, anche tu sei stato un embrione!
 
Il declino demografico
Gesù risponde bene oggi come allora: “Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.” (Lc 12, 7) Nulla ci appartiene, siamo di chi ci ama e ci ha voluto da sempre: Colui che ha fatto tutte le cose. La vita è un dono come la stessa generatività della coppia che nell’unione si apre generosamente ad una nuova vita.
I valori umani sono diventati liquidi ed è venuto meno il rispetto per la vita dell’embrione, del bambino, degli anziani, degli “invisibili” senza fissa dimora. Siamo in pieno declino demografico e non riusciamo più a garantire il ricambio generazionale. I giovani trentenni fanno pochi figli, meno di quanti dichiarano di volerne. Sul fronte del divorzio, la situazione è peggiorata ulteriormente con l’introduzione del “divorzio breve” L. 55 del 2015 facendo aumentare in modo esponenziale i divorzi, un po’ meno le separazioni.
Dice Papa Francesco nella sua ultima Enciclica “Fratelli Tutti” al n°18 (4): “Le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono ancora” – come i nascituri –, o “non servono più” – come gli anziani.”
 
I giovani in prima linea nella solidarietà
Quando i giovani riconoscono nella famiglia il riferimento primo per la loro identità, riconoscono che il senso della vita sta nell’amare, nel coltivare gli affetti. E quando non esitano a mobilitarsi di notte per portare cibo caldo ai barboni sparsi e incartocciati contro i muri delle nostre città, dicono con il loro comportamento la stessa cosa: amare è accudire, preoccuparsi della salute di un altro, peraltro sconosciuto, il che rende il gesto di fratellanza ancora più nobile.
Li abbiamo visti anche durante il lockdown questi giovani girare per le città per portare aiuto alle persone anziane. E’ proprio questa la via che Papa Francesco nella sua ultima enciclica al n° 56 (4) indica nella figura emblematica del Buon Samaritano che riconosce subito il valore dell’essere umano che incontra per strada. Il Samaritano, non certo uomo pio e per giunta uno straniero, si fa “prendere” il cuore, si commuove davanti allo sconosciuto che è stato malmenato e ha bisogno di aiuto. Egli interrompe il suo viaggio, il suo programma, il tempo programmato per avvicinarsi a lui e lo guarda, riflette, studia la situazione e decide di agire subito, in modo concreto. Egli non solo si fa carico del problema ma lo risolve anche e nel migliore dei modi. E sono davvero tanti i giovani Buoni Samaritani intorno a noi.
 
La rete riduce le distanze e apre gli orizzonti
I giovani sanno destreggiarsi molto bene con le nuove tecnologie e seguono con grande capacità di adattamento l’attuale evoluzione del lavoro a distanza con lo Smart Working. In questi ultimi vent’anni le reti e Internet hanno trasformato il mondo della comunicazione e le nostre stesse vite, al punto che quando ci svegliamo al mattino, la prima cosa che sentiamo di dover fare è andare ad accendere lo Smartphone.
I giovani hanno molto da dire e vorrebbero dare il loro contributo ma non sempre possono contribuire in modo qualificato ai processi di crescita e di miglioramento della società. Ai margini della società stanno inoltre i Neet, quei giovani che non lavorano e non lo cercano nemmeno in quanto delusi e sfiduciati, limitandosi a vivere in una forma di sterile “attesa” del domani.
Il web ha reso il mondo in un certo senso più piccolo e ciò che scriviamo in questo momento e che poi divulghiamo in rete può essere letto in tempo reale in Paesi anche molto lontani da noi.
 
Incubo disoccupazione
Ultimo ma non per importanza, il lavoro è ovviamente uno dei problemi principali che contribuisce ad affievolire l’entusiasmo del fare famiglia, avere più figli, avere una casa. Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è molto alto, il doppio della media europea. I pochi laureati che abbiamo se ne vanno all’estero e solo un terzo di loro ritornano. Inoltre il 40% circa dei giovani continua a vivere con i genitori per l’elevato costo dell’indipendenza in questi grigi tempi di crisi, più i maschi delle femmine. Le donne sembrano avere una marcia in più e si avventurano prima verso l’autonomia, nonostante le difficoltà sopra descritte.
E’ così che ancora oggi nel XXI secolo, trovato l’amore, i giovani lasciano i genitori e vanno sempre più facilmente a convivere, convivenze che sono cresciute di quasi 10 volte in vent’anni. Il matrimonio può attendere, meglio non rischiare troppo di questi tempi incerti, ma solo fino alla nascita del primo figlio, il quale spesso fa scattare il desiderio di un rito, di una promessa sancita ufficialmente in chiesa o in comune. Il “progetto” di famiglia escluso in partenza per diffidenza, a quel punto rientra di sbieco e s’impone, grazie al figlio. La famiglia è la prima “comunità di accoglienza”, e, come dice Bauman, il luogo in cui si realizza la propria esistenza.
Ma non solo la sociologia fa luce sul ruolo della famiglia nella società, altre scienze umane come la pedagogia e la psicologia hanno fatto passi da gigante negli ultimi 50 anni e sono oggi in grado di aiutare i giovani ad affrontare l’avventura della famiglia con un bagaglio di conoscenze molto importante per “non sbagliare” nelle relazioni di coppia e nel rapporto genitori figli, fin dall’inizio.
Possiamo concludere dicendo che al cuore della famiglia sta l’amore quello vero, di chi sa donare con generosità e di chi sa perdonare: “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo esperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente” S. Giovanni Paolo II (Familiaris consortio, 18).
 
NOTE
(1) http://slidingarts.com/sipari-popcorn/47-love-story
(2). https://www.acli.it/wp-content/uploads/2019/12/REPORT_Famiglia-1.pdf.pagespeed.ce.xeR7ufTDUU.pdf
(3) https://www.censis.it/comunicazione/16%C2%B0-rapporto-censis-sulla-comunicazione/la-costruzione-dell%E2%80%99identit%C3%A0-nell%E2%80%99era
(4) http://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20201003_enciclica-fratelli-tutti.html
Susanna Primavera