È arduo esprimere in poche righe un commento alle dichiarazioni del papa nel viaggio di ritorno dalle terre caucasiche. Ha trattato vari argomenti; tra questi, matrimonio e “gender” hanno avuto un’eco rilevante. Come scrive Lucia Vantini (del Coordinamento teologhe italiane) nel prezioso libretto Genere, il tema in questione è complicato, per i molteplici approcci con cui deve essere analizzato e per le variegate impostazioni teoriche e posizioni politiche in cui si articola. Quando si aggiunge lo scontro ideologico, alimentato da correnti integraliste, si cade in banalizzazioni e distorsioni dettate dal pregiudizio. Il genere diventa “ideologia del gender”, una produzione demoniaca che va estirpata e basta.
Per valutare l’intervista del papa, meglio basarsi sulla trascrizione completa, riportata dal sito del Vaticano, piuttosto che dalle recensioni dei giornali. Solo così si può cogliere il quadro sfaccettato, in cui la figura del papa spicca per gli insistenti toni pastorali che adotta. Francesco si rivela quel pastore di anime cui per vocazione è stato chiamato. Diffusamente risuona il compito dell’attenzione caritatevole, della misericordia, dell’accoglienza: «L’ultima parola non l’ha il peccato: l’ultima parola l’ha la misericordia!». Non manca la preoccupazione del dialogo, e in particolare quello tra religioni, perché «l’ecumenismo si deve fare camminando insieme, pregando gli uni per gli altri».
Riguardo la frase sul matrimonio – «L’immagine di Dio non è l’uomo [maschio]: è l’uomo con la donna» – non si può non rilevare che essa va nella direzione di un cambiamento profondo rispetto al millenario androcentrismo clericale. Dire che Dio è uomo e donna indica un processo di trasformazione teologica epocale in corso, cui il papa, pur nelle ombre- luci di cui diremo, non si sottrae. Fino a non molto tempo fa, la donna era infatti esclusa dall’essere considerata “immagine di Dio”.
Le zone d’ombra si sono invece addensate nel passaggio in cui Francesco, riferendosi all’insegnamento della “teoria del gender” adottato nelle scuole, ha sostenuto che «questo è contro le cose naturali».
Come può il papa non nutrire dubbi sui confini tra natura e cultura? La “natura” di cui egli parla riconosce alla donna il diritto di parola nelle assemblee pubbliche, liturgiche o meno? O le assegna piuttosto il silenzio? E perché mai Gesù di Nazareth ha affermato che madre e fratelli suoi sono coloro che fanno la volontà del Signore, e non i consanguinei naturali?
L’allarme in difesa del matrimonio è pronunciato da chi è istituzionalmente celibe. Per secoli il matrimonio è stato considerato dalla dottrina come remedium concupiscentiae e la sessualità guardata con sospetto, se non ripulsa. Il matrimonio era accettato solo per fini procreativi.
A ciò si aggiungano le tenebre, anch’esse sessuofobe, che avvolgono il dogma del peccato originale.
In ultimo: per secoli il culto mariano ha enfatizzato, nell’universo dell’immaginario ecclesiale cattolico, il rapporto Madre-Figlio (maschio), sorvolando sulla ricchezza erotica di quello donna- uomo. L’amore coniugale adulto, consapevole, maturo, attento alla reciprocità, non ha trovato alleati nelle stanze del clero.
L’Amoris Laetitia ha sì tracce di positivo cambiamento; ma l’enciclica non accenna né alla misoginia– che tuttora pervade la dottrina, la prassi pastorale ecc.– né alla colpevolizzazione esercitata nei confronti di chi ha orientamenti sessuali diversi dall’eterosessualità.
Un mea culpa aiuterebbe la presa di coscienza riguardo la supremazia coloniale sulle donne, dalla Chiesa stessa compiuta (insieme ad altri) incamminandosi insieme, senza gerarchie tra uomini e donne, verso una Chiesa profetica!
Paola Cavallari è saggista. Ha insegnato filosofia e conseguito il magistero in Scienze religiose. Da vent’anni è redattrice della rivista ESODO. Ha dato vita al gruppo Donne e Uomini in cammino. Coordina Biblia nell’Emilia Romagna ed è referente del gruppo formazione SAE
(segretariato attività ecumeniche) di Bologna

Papa e gender: quel difficile confine tra natura e cultura, di Paola Cavallari, in “Adista” – Notizie – n. 35 del 15 ottobre 2016,