La comunicazione di papa Francesco arriva proprio a tutti, grazie alla notevole consapevolezza e raffinatezza nella gestione dei codici linguistici e culturali. Spesso assistiamo a papa Bergoglio che, con la sua capacità relazionale, abbandona i testi scritti per comunicare a braccio, ricorrendo all’apologo, alla metafora o all’aneddoto come ancoraggio con la vita quotidiana. Francesco è un papa che non segue la televisione e i media in generale, pur essendo capace di dominarli con straordinaria disinvoltura. Come ci riesce? Attraverso quali costruzioni simboliche passa la sua comunicazione? Analizzando diversi aspetti della “rappresentazione pubblica” del pontificato di Francesco – dal saluto dalla Loggia di San Pietro ai viaggi apostolici, dalle omelie alle encicliche – Vigano mostra i percorsi attraverso i quali il messaggio di Bergoglio arriva fino a noi.
 
Descrizione
Titolo: Fratelli e sorelle, buonasera. Papa Francesco e la comunicazione
Autore: Dario E. Viganò
Editore: Carocci
Collana: Sfere extra
Anno edizione: 2016
Pagine: 176 p.
EAN: 9788843079223
Prezzo: 14,00
 
 
Politica e morale del Papa 2.0
di Alfredo De Girolamo

Era il 13 marzo 2013. Sicuramente, per chi non aveva dimestichezza con l’universo vaticano, quella fumata bianca che annunciava un nuovo Papa fu una sorpresa. Lui arrivò al balcone con uno sguardo inizialmente spaesato, che tutt’altro avrebbe fatto presagire, eccetto che sarebbe stato il Papa del cambiamento rivoluzionario.
Su tutto, quello della comunicazione.
Avremmo dovuto capirlo dalle sue prime parole da Sommo Pontefice: Fratelli e Sorelle, buonasera. Poteva sembrare un saluto da conduttore in prima serata del Festival di Sanremo, e invece era l’impatto di Papa Francesco con il mondo. Poi il Papa si è fatto social, ha scattato selfie, ha twittato, ha annullato storiche diatribe religiose andando oltre la contrapposizione ideologica, ha offerto la propria casa ai migranti, ha alzato la cornetta e ha chiamato i suoi fedeli di persona. Insomma una figura incredibile, magnetica. E così la popolarità di questo religioso argentino è andata assumendo un grado esponenziale, globale.
Al punto che oggi non necessita per forza di avere visibilità per “interessare” la gente perché le persone, credenti e non, a prescindere, ripongono in lui molta attenzione. È il Papa che ha portato l’innovazione comunicativa in Vaticano.
A metterla nero su bianco, in un libro intitolato proprio con le tre parole d’esordio da pontefice di Jorge Mario Bergoglio ed edito da Carocci, ci ha pensato Monsignor Dario Edoardo Viganò, già direttore del Centro Televisivo Vaticano e oggi prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede. Don Viganò, cinquantaquattrenne italiano nativo di Rio de Janeiro, in 150 pagine di ricostruzione minuziosa spiega, volando tra filosofia e critica televisiva, cosa in realtà si cela dietro la comunicazione “facile”di Papa Francesco. Ma mai, come dimostra e argomenta Don Viganò, banale.
E tantomeno di forma. Al contrario, la comunicazione di Francesco arriva a tutti, è fatta di sostanza, è la “medicina” scoperta per contrastare la malattia della autoreferenzialità in cui la Chiesa rischiava di ossidarsi di fronte alla storia. Messaggi semplici, “efficaci e sinceri”, che producono un effetto altrettanto spontaneo e immediato in chi ascolta, credente o non.
Radici culturali e formazione gesuitica modulano il piano contemplativo e spirituale del Vescovo di Roma: «Francesco, con il suo approccio comunicativo venato di concretezza, è un Papa perfettamente sintonizzato sui nostri tempi, sulla nostra società liquida in perenne sviluppo e ricerca di un nuovo equilibrio », sottolinea Don Viganò. Decisamente una strategia insolita, comprensibilmente finalizzata ad eliminare o ridurre al minimo ogni interferenza esterna che rischiava di caratterizzarne negativamente il percorso e la dottrina. Evitando con cura la sottigliezza dell’ambiguità e del pettegolezzo che potrebbero mettere in discussione la sua immagine e il suo messaggio. Cercando di costruire passo dopo passo un rapporto diretto, immediato e non mediato con gli altri, con tutti.
Una comunicazione che ha portato, in questi tre anni e mezzo, ad abbandonare i canoni tradizionali per riabbracciare il dialogo con i giovani, con la gente, con chi per qualche ragione nemmeno troppo oscura dalla fede si era staccato, o magari mai se ne era interessato. Bergoglio comunica non per “pontificare”, per dirla ironicamente, ma per includere, travalicando gli ambiti fino a farla diventare analisi sociologica, “pesantemente”politica e fortemente morale. Una comunicazione semplice quindi, intuitiva, propria di un uomo che, per dirla con le parole di Viganò stesso, per l’appunto sceglie un nome che “per la prima volta nella storia è quello del santo di Assisi, protettore dei poveri e vicino agli ultimi: un nome che suggerisce immediatamente umiltà ma anche, in un certo senso, rivoluzionaria forza d’animo, volontà di cambiare davvero le cose”.
Un uomo, un Papa, che le cose le sta cambiando davvero, e non solo in termini mediatici. Questa è la storia di un sorprendete Papa 2.0.
in “l’Unità” del 23 dicembre 2016