Meglio aggiungere che togliere. Non è una espressione aritmetica né un suggerimento per un’operazione di risparmio. Potrebbe, invece, essere una formula – forse già sperimentata da qualche scuola – per contribuire all’integrazione degli alunni di cittadinanza non italiana senza rinunciare in alcun modo alle nostre tradizioni e consentire loro di conoscerle.
Assistiamo in questi giorni, come ormai avviene da qualche anno, a desolanti episodi negazionisti della tradizione occidentale e italiana. Per non urtare i sentimenti di chi ha una cultura e una religione diversa si annullano o si banalizzano le secolari tradizioni del nostro Natale o di altre ricorrenze, in nome di una malintesa laicità della scuola. Con atteggiamenti più laicisti che laici. Più realisti del re.
Non si vede per quale ragione dovrebbero essere negati i nostri valori culturali per non offendere quelli delle minoranze ospitate e accolte. Togliere ai nostri ragazzi per non dare nulla nessuno è, prima che illogico e ingiusto, inutile.
Perché, allora, invece di togliere non si pensa di aggiungere?
Perché, oltre a fare conoscere i valori della nostra tradizione, prima culturale e religiosa, anche ai ragazzi stranieri di cultura diversa non si consente agli studenti italiani di conoscere i momenti più importanti della vita religiosa e culturale degli altri? Una giornata delle religioni del mondo, dedicata alla conoscenza, ad esempio, del Muharramv, il capodanno islamico, oppure di Al Mawlid al nabawiyy, la festa che commemora la Nascita del Profeta. E poi la festa del Vesak, ricorrenza della nascita di Buddha, o per gli induisti la festa del Pongal-Makara Samkranti. Senza dimenticare le feste ebraiche, le ricorrenze di coloro che Giovanni Paolo II chiamò “i nostri fratelli maggiori” nella sua visita alla Sinagoga di Roma del 13 aprile 1986.
La scuola, crocevia di culture, può essere la sede per educare al sapere vivere insieme (uno dei quattro grandi obiettivi dell’Unesco per tutti i sistemi educativi) e per conoscere direttamente dal vivo e in situazione i valori più importanti degli altri: non solo dai libri, ma dalla diretta conoscenza-partecipazione. Esperienze che in alcune scuole già sono presenti e hanno dato risultati apprezzabili. Certo, per incontrare e conoscere gli altri, bisogna prima conoscere bene se stessi, la propria storia e i propri valori. Sarebbe folle parlare delle religioni degli altri e poi dimenticare o censurare (accade anche questo) la propria, come sta accadendo in molte scuole, dove si apre persino il problema di riconoscere uno spazio pubblico e civile alle religioni. Conoscersi dunque, a partire da se stessi per incontrare gli altri.
La giornata delle religioni del mondo potrebbe essere preparata e vissuta con iniziative di valenza didattica: esperienze diverse vissute insieme possono costituire la base per una vera integrazione culturale. In una scuola dove si prepara il presepe e si canta con partecipazione “Tu scendi dalle stelle”.
Negare o ignorare non fa crescere, nessuno.
 
Tuttoscuola n.726, 29 novembre 2015