L’ambiente sonoro è fondamentale per lo sviluppo dell’essere umano. Essere capaci di orientarci nella realtà acustica quotidiana permette agli esseri umani di relazionarsi positivamente con se stessi e gli altri. Ciò pone interessanti questioni al nostro fare famiglia. In particolare l’articolo cerca di tracciare un breve sentiero che ci porti a considerare in modo più critico e vigile l’ambiente sonoro domestico, soprattutto oggi che dobbiamo starci molto più tempo del solito.

Fare famiglia: sonorità quotidiane e vita dei suoni

Per ragioni ancora tutte da scoprire l’essere umano si trova in una situazione che potremmo definire curiosa, per certi versi persino simpatica: di molti fenomeni decisivi per la sua vita egli non comprende a fondo la natura e ciononostante sembra cavarsela lo stesso piuttosto bene, diciamo.
E va bene così, in fondo a che mi giova interrogarmi sulla natura del tempo se ho solo bisogno di sapere che ore sono. Mi basta un orologio…
Eppure conoscere gli aspetti essenziali di certi fenomeni ci permette di migliorare la qualità del nostro vivere quotidiano. L’articolo che presentiamo prova a fare i conti con un aspetto importante della nostra esistenza (più di quanto si possa immaginare) e pone interessanti questioni al nostro fare famiglia.
Parliamo di una realtà che, come nei migliori pentoloni da strega, mette insieme gli ingredienti più vari: nel nostro caso i Beatles, le stelle, la lavastoviglie, il mio divano e il nostro DNA. Stiamo parlando del suono.
L’esperienza percettiva (tattile-uditiva) ci pone a riguardo delle questioni estremamente rilevanti sotto molti aspetti, non ultimo lo sviluppo psicofisico della persona e il suo star bene. Ciononostante non sembriamo molto preoccupati della salubrità acustica dei nostri ambienti che spesso accettiamo in modo passivo. A cominciare dalla vita intrauterina fino agli ultimi istanti del nostro cammino il suono (compreso il “silenzio”) ci accompagna, ci influenza, ci orienta, ci attraversa, ci caratterizza, può addirittura ferirci oppure guarire le nostre ferite.
Potrebbero essere utili allora alcune riflessioni in merito che stimolino ulteriori percorsi di approfondimento nella consapevolezza che sono molte le questioni che non troveranno asilo tra queste righe. Più specificamente tenteremo di tracciare un breve sentiero che ci porti a considerare in modo più critico e vigile l’ambiente sonoro domestico, soprattutto oggi che per i motivi che sappiamo dobbiamo starci molto più tempo.
Partiamo allora da una costatazione: noi sperimentiamo il suono come un fenomeno vibratorio che è presente in natura proprio come la luce, l’acqua, l’aria ecc. Esso ci segnala la presenza di vita ma è presente anche là dove l’orecchio umano percepisce silenzio. Oggi gli scienziati sono sempre più consapevoli della natura vibratoria dell’universo, dalle galassie al DNA.
La musica stessa è l’arte scaturita proprio dall’incontro tra il suono percepibile e l’uomo ed è presente in ogni comunità umana dalla notte dei tempi. La tecnologia ha ultimamente spostato l’ago della bilancia al di là della soglia: oltre ad aver scoperto che il non udibile influenza anche ciò che noi percepiamo con il nostro orecchio, l’uomo può oggi manipolare il suono per diversi scopi, il più nobile dei quali è sicuramente la cura delle malattie psicofisiche dei suoi simili.

Melodie cellulari/Cell melodies.

Oltre al campo estremamente interessante della musicoterapia, molte scoperte in merito alla natura vibratoria della realtà che ci circonda stanno aprendo la strada a nuovi modelli di riferimento nella c.d. medicina rigenerativa e nella precision medicine.
Aumenta l’interesse scientifico sugli effetti molecolari e cellulari del suono prodotto dalla voce umana e dalla musica, in particolare la capacità di tali suoni di agire sui profili vibrazionali emessi da cellule staminali umane. In questa ottica si è mosso Cell melodies, l’esperimento dal vivo, svoltosi in prima mondiale a Bologna dal 7 al 9 novembre 2016 e curato dal prof. Carlo Ventura e Julia von Stietencron, che ha affrontato la questione facendo interagire un gruppo di cellule staminali umane poste su un tavolo di lavoro di un microscopio invertito dotato di un sistema di imaging multispettrale (MSI) assieme ad un famoso batterista Jazz, Milford Graves – noto anche nel mondo della medicina per le sue ricerche sul ritmo del battito cardiaco – e in un secondo momento assieme ad un attore di teatro (Alessandro Bergonzoni).
Senza entrare nello specifico l’esperimento ha dimostrato per la prima volta che le cellule staminali umane producono reazioni specifiche sia in relazione alla musica sia in relazione ai timbri vocali.
Le implicazioni biomediche di queste ricerche sono molto rilevanti: comprendere come il suono – anche durante le manifestazioni artistiche – possa influenzare l’essere umano fin nei suoi più elementari costituenti può aprire una nuova stagione nella promozione del benessere umano.

Paesaggi sonori e inquinamento acustico.

A proposito di benessere uno dei temi spinosi con cui l’umanità “sviluppata” deve fare i conti è il problema inverso rispetto a quanto abbiamo appena detto e cioè i possibili rischi provocati dall’esposizione a sonorità legate all’attività umana. L’inquinamento acustico è la seconda minaccia alla salute pubblica dopo quello atmosferico, ma non sembriamo esserne consapevoli.
Il rumore, dice A. Pace, è la «principale protesi che accompagna la vita dell’uomo contemporaneo», la caratterizza e spesso può renderla più difficile.
L’ambiente sonoro è fondamentale per lo sviluppo dell’essere umano: esso è traccia sensibile ma anche manifestazione qualitativa dell’impatto antropico sul territorio. E se consideriamo il fatto che essere capaci di orientarci nella realtà acustica quotidiana riconoscendone il profilo e rielaborandone i suoni con fini comunicativi permette agli esseri umani di relazionarsi (sul piano intellettivo ed emotivo) positivamente con se stessi e gli altri, la posta in gioco è evidentemente alta.
L’importanza capitale dell’ambiente sonoro domestico si è dunque palesata: vista la profondità a cui arriva l’azione del suono e la sua onnipresenza curare sotto questo aspetto il focolare domestico è non solo cosa buona e giusta, ma una vera e propria necessità.
A cominciare dalla nostra prima dimora, l’utero materno. Il feto è immerso in un ambiente altamente sonoro: il battito del cuore materno, i movimenti intestinali, le fasi respiratorie, le vibrazioni prodotte dai movimenti delle pareti uterine, e tutto il repertorio sonoro/musicale dell’ambiente in cui vive la madre.
Tra questi la voce materna però gioca un ruolo chiave consentendo il passaggio da un sonoro organico-materiale al sonoro personale: ci sono esperimenti che hanno mostrato come già dal terzo mese il feto non solo riconosce ma preferisce la voce della madre rispetto a quella di un’altra donna.  Non si tratta di dettagli trascurabili: l’esposizione a questi stimoli ha effetti strutturali e funzionali sul sistema uditivo e sullo sviluppo della personalità. Mamme, dunque, parlate e cantate ai vostri piccoli inquilini con voce soave, questo farà loro un bene inimmaginabile.
Questa fase altamente delicata però prosegue con la nascita e copre tutto l’arco della nostra vita, e questo purtroppo spesso lo dimentichiamo e ci lasciamo immergere (noi e i nostri figli) in un continuum acustico informe ma invadente di sveglie, voci sguainate come spade, suonerie, affilatissimi vivavoce, elettrodomestici, tv più o meno smart, condizionatori “nucleari”, audiosfere ambulanti in casa e soprattutto per strada che qualcuno tempo fa definì “podoni”, ossia i pedoni con l’ipod che girano per strada completamente o quasi isolati dal resto del mondo con le loro cuffie e la loro irrinunciabile colonna sonora per andare chissà dove, ecc.

La casa.

Ogni dimora ha le sue sonorità che la caratterizzano, la rendono unica, nonostante la società dei beni di consumo tenda un po’ all’omologazione timbrica mediante la diffusione su larga scala di prodotti tecnologici come gli elettrodomestici ecc. Il benessere della persona è legato al fragile equilibrio tra assenza e presenza sonora che caratterizza le nostre case.
Da questo punto di vista possiamo dire che l’edilizia può fare la sua parte (in direzione fonoisolante) ma molto ancora spetta agli orientamenti dell’arredamento e alle consuetudini abitative delle persone. In effetti una delle preoccupazioni del design per interni è sempre stata (giustamente) quella di addomesticare il suono mediante l’impiego di dispositivi fonoassorbenti (per l’interno) e isolanti (verso l’esterno).
Tuttavia anche questa tendenza porta con sé un rischio non meno pericoloso: l’insonorizzazione degli ambienti riduce drasticamente le risonanze non consentendo una autentica percezione del proprio “esserci”. Eliminare il suono dalla nostra esperienza abitativa è tanto dannoso quanto l’esporci alle grandi cacofonie delle realtà urbane più caotiche.
È di grande importanza invece, come sostengono molti studiosi, l’aprirci al sonoro domestico come esperienza fondamentale di transizione dal sonoro intrauterino alla sua controparte, cioè il sonoro extradomestico (dalla scuola, alla strada, fino alla nuova dimora) e in questa transizione la buona musica – come quella dei Beatles – non deve mai mancare.

Gianluca Alessi