La ricerca e la stima della bellezza non dovrebbero essere qualcosa di marginale nella scuola, come un impegno trascurabile di fronte alla preoccupazione esclusiva della trasmissione di conoscenze, poiché si comprende soltanto ciò che si ama, e soltanto il bello esercita quell’attrazione che è l’essenza dell’amore. La bruttezza male si accorda al cammino di crescita umana che l’educatore accompagna. Uno spazio educativo, in senso fisico oppure umano, si dovrebbe riconoscere subito dalla sua qualità estetica. Fa male vedere un’aula scolastica trasandata e sporca.
Educare alla bellezza significa promuovere la capacità di stupirsi di fronte alla realtà naturale e alla produzione umana, significa praticare i percorsi per recepire il messaggio della creazione artistica, significa scoprire le possibilità di esistenza che sorpassano la mediocrità e la banalità, significa arricchire di elementi suggestivi la comunicazione tra le persone, significa coltivare l’entusiasmo sereno e l’emotività che infonde slancio e ampiezza di vita, significa aprire l’orizzonte umano oltre i confini del proprio tempo e della propria cultura.
Infatti l’educazione estetica porterà a quella coscienza di universalità che non suppone lo sradicamento dalle origini personali. La bellezza autentica si distingue nella sua totale disponibilità alla fruizione, mentre ogni pretesa di circoscrivere il godimento estetico intacca irrimediabilmente la sua qualità. Ma l’educazione estetica specialmente porta a formare spiriti liberi. L’esperienza estetica, sia in senso creativo che nella sua forma ricettiva, diventa un momento tipico della libertà del soggetto, poiché la scoperta e la sensazione del bello non possono essere imposte in alcun modo a nessuno. L’educazione estetica si rapporta alla globalità del soggetto, coinvolto senza restrizioni: la poesia sollecita la comprensione, la memoria, il sentimento, la trasformazione, la condivisione. Ma potremmo dire altrettanto dell’opera musicale, iconografica, filmografica, e narrativa. Una prassi educativa che non coltivasse la percezione della bellezza cadrebbe irrimediabilmente nella povertà umana di adagiarsi ad un individuo soffocato, demotivato e maldestro.
Non basta pensare tuttavia che l’educazione alla bellezza si limiti alle lezioni di letteratura, musica e storia dell’arte, poiché la bellezza è un attributo dell’universo e della persona. Ogni insegnante dovrebbe far vedere la bellezza dei suoi temi: la matematica, la storia, la biologia, la lingua o il pensiero. Un giovane universitario mi disse una volta che aveva scelto la specializzazione della cardiologia perché il cuore umano è bello nella sua configurazione e nella sua attività, e lui era nei suoi studi di medicina – come bene potete immaginare – fortemente appassionato e felice. Certamente una prassi educativa e un percorso formativo dotato di qualità estetica si distinguerà pure per il suo animo gioioso.
Ma bisogna arrivare al punto di considerare la bellezza dell’esperienza educativa in se stessa, e mostrare che l’impegno educativo è una esperienza estetica, proprio perché si richiede la massima creatività della persona. Si dice infatti dell’arte di educare, che non è una semplice metafora, ma esprime la natura della prassi educativa nel prendere il “materiale” più prezioso che esista, perché possa rendere il meglio di sé, e non soltanto per un momento oppure in forma ripetitiva, ma con la dinamicità e l’originalità singolare del soggetto umano. Affermare che il lavoro educativo è bello non vuol dire però negare, dimenticare o nascondere la sua durezza, le prove che si succedono costantemente nella fatica dell’insegnante, ma soltanto l’approccio estetico è in grado di affrontare la sofferenza per trasformarla in qualche cosa di propositivo, proprio perché va a formar parte di una visione più ampia, come la scena dei dannati nel Giudizio finale della Cappella Sistina, come la menzione della violenza nel romanzo I Malavoglia di Giovanni Verga. Pensare, praticare e presentare l’educazione in termini di esperienza estetica non consiste nella mera cura della esteriorità, ma tocca l’intera impostazione della relazione educativa, attenta alla integralità della persona, consapevole della sua rilevanza, e pronta ad investire le migliori risorse.
Antonio Escudero, 18 settembre 2020