1. Introduzione

 
Il 24 gennaio 1984 Steve Jobs presentava il primo Macintosh. Era l’annuncio di una rivoluzione culturale prima ancora che informatica. Il computer usciva da uffici e laboratori e diventava uno strumento creativo per tutti. La tecnologia non veniva più considerata fine a se stessa, ma doveva servire a migliorare ciascuno e tutti.
Oggi non passa giorno che sui nostri quotidiani non si legga almeno un articolo sul Web e sulle nuove tecnologie della comunicazione (ICT: Innovation Communication Tecnology). Negli ultimi sette anni si sono verificate trasformazioni talmente rapide che appaiono oggi molto lontane: decolla la Tv satellitare, prende piede la free press, si diffondono i lettori mp3 da cui ascoltare anche la radio, si affacciano i primi smartphone e i computer divengono veramente portatili, ecc.
Le continue innovazioni si susseguono ormai in modo così vorticoso, da spingere i non addetti ai lavori all’abbandono del campo. Le generazioni più anziane dei migranti digitali vivono in un clima diffuso di impotenza e profonda insicurezza mentre gli stessi nativi digitali, pur dimostrando un apparente dimestichezza, seguono spesso solo alcuni aspetti più superficiali e ludici delle ICT dettati dalla pubblicità e dalle consuetudini del momento.
Le ultime analisi del fenomeno ci dicono che siamo entrati «nell’era biomediatica» in cui diventano centrali «la trascrizione virtuale e la condivisione telematica delle biografie personali attraverso i social network». L’utente si ritrova al centro del sistema mediatico ed è messo in grado di costruirsi propri percorsi per la fruizione dei contenuti o di «produrre autonomamente contenuti personali secondo una nuova fenomenologia di produzione di massa individualizzata»[1].
Naturalmente rilevanti questioni si impongono e di grande attualità, che richiedono una approfondita riflessione. La rivoluzione digitale con la personalizzazione dei media sta producendo l’esibizione denudata del sé digitale con la conseguente trasformazione della concezione della privacy e il mutamento profondo del settore della pubblicità e del marketing, ecc.
Il primato del soggetto predicato dalla postmodernità ha conosciuto, con l’affermarsi della tecnologia digitale, un’accelerazione incontenibile con la definitiva incoronazione della soggettività individuale a protagonista assoluto. L’individuo si specchia nei media creati da lui in un gioco autoreferenziale dalle sfumature e riflessi incontenibili[2].
Gli interventi che si susseguiranno nei prossimi numeri della rivista intendono condurre una riflessione su questo complesso fenomeno puntando l’obiettivo, dopo una prima inquadratura generale, sul rapporto delle ICT con l’educazione e in particolare con l’educazione religiosa. L’intero sistema educativo, formale, non formale e informale, e in esso anche lo specifico ambito dell’educazione religiosa, è oggi chiamato a interrogarsi e ad effettuare una profonda revisione su questa complessa problematica.
In questo primo contributo descriveremo alcune coordinate essenziali culturali e sociali delle ICT, per comprendere meglio le trasformazioni che esse stanno determinando a livello più profondo delle persone e come sul piano etico si possa affrontare questa nuova condizione. Sarà così possibile, nei prossimi interventi, trattare gli specifici ambiti dell’educazione e di quella religiosa in particolare, individuando quegli aspetti che ci consentiranno di avviare una risposta alle tante sfide ai cui gli operatori sono sottoposti quotidianamente.
 
 

2. L’impatto culturale e sociale delle ICT

 
Nella nostra società, termini quali “reti informatiche”, “digital divide”, “alfabetizzazione informatica”, “social network”, wifi, smatrphone, ecc., sono ormai divenuti di uso comune in seguito all’evoluzione dell’informatica, alla diffusione dei personal computer, dei dispositivi digitali e delle reti informatiche. L’espansione della tecnologia informatica ha avuto origine intorno alla fine degli anni 80 dello scorso secolo negli Stati Uniti, seguiti poi da Giappone, Germania e Gran Bretagna[3]. Questo processo di trasformazione, caratterizzato da continui e rapidi cambiamenti, è stato determinato dalla massiccia diffusione di tecnologie della comunicazione, le e di dispositivi (devices) come il computer, il telefonino cellulare, il tablet, l’iphone, l’ipad, ecc., che consentono il trattamento e lo scambio delle informazioni in formato digitale[4]. Internet si pone oggi non più come dirompente novità tecnologica, ma come una tra le strutture portanti della società, e come base per continue invenzioni e innovazioni.
 
 2.1. Il Digital Divide nell’utilizzo delle ICT
 
La diffusione delle ICT non si è però sviluppata in maniera omogenea. Con il termine di digital divide si vuole sottolineare la disuguaglianza nell’accesso e nell’ utilizzo delle ICT. L’incapacità di alcune categorie sociali di utilizzare gli strumenti tecnologici ha generato una frattura tra la popolazione. Il digital divide più marcato si riscontra tra coloro che, per ragioni culturali, sociali ed economiche, non hanno accesso a internet, o lo hanno in maniera limitata, o non sono in grado di usarlo in maniera efficace[5].
Sul piano tecnico si può individuare un digital divide di base, nella disponibilità o meno di una connessione internet a una velocità pari almeno a 2 Mbps, o su rete fissa, o su banda larga mobile.
Sul piano culturale e sociale abbiamo un digital divide tra gli under 30 (i nativi digitali), i 30-44enni (i migranti digitali), i 45-64enni (i pre-digitali), i 65-80enni (gli estranei al digitale).
I nativi digitali sono i frequentatori più assidui della rete, ma in modo molto personalizzato, i migranti digitali sono utilizzatori della rete nei suoi risvolti funzionali e pratici, ma uniscono ad essa anche altri strumenti di informazione e comunicazione, i pre-digitali frequentano poco la rete e utilizzano i mezzi di informazione tradizionali, gli estranei digitali utilizzano solo, o quasi esclusivamente, i mezzi di informazione e comunicazione tradizionali.
 
2.2 Le ICT a livello globale
 
Il tasso di incremento medio annuo a livello globale delle ICT dal periodo 2006-2011 è risultato pari al 3,5%, nonostante la contrazione a causa della crisi economica finanziaria, in particolare in alcuni paese come la Spagna (-5,3% nel 2011) e l’Italia (-4,1% nel 2011)[6]. Se prendiamo in considerazione la distribuzione delle persone che hanno accesso ad internet nelle varie aree della terra in rapporto al totale della popolazione mondiale possiamo notare come: nel Nord America, che detiene il primato, il 75% della popolazione ha accesso ad internet, in Oceania-Australia il 60% della popolazione, in l’Europa il 49%, in America Latina e nei Caraibi il 30%, in Medio Oriente il 23%, in Asia il 17% ed infine l’ Africa, il 6%.
Nel grafico si può osservare il rapporto tra la percentuale della popolazione mondiale e la percentuale di persone che hanno accesso ad internet nelle diverse aree della terra. Le barre chiare indicano la percentuale di popolazione mondiale che risiede in ogni area, le barre scure rappresentano la percentuale di persone che hanno accesso ad internet[7].
 
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Fonte: D.D. Vanhoose, E-commerce Economics, New York, Routledge 20112.

 
2.3 Le ICT in Europa
 
Dai dati ISTAT disponibili si evidenzia che il nostro Paese si classifica al 22° posto tra i paesi europei per la diffusione delle tecnologie digitali. Il Digital Agenda Scoreboard della Commissione Europea, fotografa la situazione italiana nel 2011 secondo il grafico che segue. Nel grafico l’Italia evidenzia valori decisamente non in linea con la media europea sia per quanto riguarda i cittadini, sia nel tessuto imprenditoriale.
 
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Fonte: Commissione Europea, Digital Agenda Scoreboard 2012.

 
Se consideriamo la percentuale di popolazione che ha accesso alla banda larga, l’Italia è di ben 17 punti sotto la media europea. La popolazione italiana che nel 2012 non ha mai usato internet supera, secondo Eurostat 2012, del 15% la media europea. La popolazione italiana che negli ultimi tre mesi dell’anno 2012 ha effettuato acquisti on-line è pari all’11% contro il 24% della media europea (EU28)[8].
 
 2.4 Le ICT in Italia
 
Il mercato dell’ICT in Italia dal 2009-2012 ha registrato un trend decrescente medio annuo pari al -3,1%. Naturalmente su questo dato ha inciso fortemente la crisi economico-finanziaria generale.
Ma non in tutte le regioni italiane si registra la stessa condizione. Il digital divide regionale si evidenzia principalmente nelle regioni del Sud d’Italia rispetto a tre tipi di variabili: possesso di tecnologie informatiche, utilizzo di tecnologie informatiche, utilizzo di servizi on-line[9].
Per il possesso di un PC le percentuali più basse risultano essere quelle della Sicilia e della Puglia, mentre le regioni che presentano i valori più alti sono la Lombardia e il Trentino.
Riguardo al possesso di connessione internet veloce, le regioni con la percentuale più bassa sono la Calabria e la Basilicata e il Molise, mentre le regioni che presentano i valori percentuali più alti sono Friuli, Lombardia e Marche.
Le regioni che presentano la percentuale di popolazione più bassa riguardo l’uso di internet sono Calabria, Puglia e Sicilia, mentre le percentuali più elevate riguardano il Trentino, la Lombardia e il Friuli[10].
Per l’utilizzo dei servizi on-line, i valori più bassi risultano essere quelli della Sicilia, Campania, Puglia. Le percentuali più alte sono invece quelle del Trentino, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna[11]. Si conferma quindi un digital divide dell’Italia meridionale rispetto all’Italia centro settentrionale e settentrionale.
 
 2.5. Il Mobile nel contesto italiano
 
Un rapido sguardo alle possibili prospettive di sviluppo delle ITC nel prossimo futuro evidenzia due interessanti fenomeni: il mobile e il social.
Con il termine mobile intendiamo quelle tecnologie che sono interessate allo sviluppo di dispositivi mobili connessi in rete. Il telefono cellulare si è progressivamente allontanato dalla sua funzione principale di telefonia, per la quale è stato inizialmente inventato. Soprattutto con i modelli più moderni, oggi, la possibilità di effettuare telefonate è soltanto una delle tante funzioni a disposizione, non più quella cardine. Queste funzioni possono essere ulteriormente personalizzate secondo le esigenze di ognuno, scaricando apposite applicazioni, denominate app[12]. Possiamo infatti trovare in rete una miriade di offerte di app. che si occupano delle più diverse situazioni. L’Italia rappresenta uno dei paesi al mondo con il più alto numero di telefoni cellulari mobili. Gli utilizzatori di telefono cellulare ogni 100 abitanti risultano essere 86,3. Vi è però un 77% di italiani che continua a utilizzare modelli di cellulari Basic, più semplici, che permettono solamente di telefonare e di mandare SMS, non di collegarsi in rete; e ciò per ragioni più spesso culturali che di ordine economico[13]. Quello degli smartphone, che si collegano in rete, è indubbiamente un mercato in piena crescita, con un’utenza del 40%, che offre modelli sempre più evoluti e integrati, con una elevatissima competizione commerciale.
Un dato sorprendete riguarda la rete mobile 3G in cui il nostro Paese, con circa 10 linee ogni 100 abitanti, risulta tra i primi in Europa, davanti a Regno Unito, Germania, Spagna e Francia. Per la diffusione delle connessioni a Banda larga wireless, l’Italia è il paese che ha garantito, in Europa, la copertura maggiore negli ultimi anni. Nel 2010 il 96% della popolazione era sotto copertura di Banda larga da rete mobile 3G. Questa risorsa resta però sottoutilizzata per una scarsa diffusione di dispositivi che si possono collegare alla rete. Nel 2011, in Italia, solo il 6,5% della popolazione accede a internet da telefono cellulare via UMTS (3G). [14]
 
2.6. Il social in Italia
 
Per social, intendiamo quel fenomeno che vede lo sviluppo sempre più diffuso dei social media. L’obiettivo principale degli operatori che puntano sui social media è lo sviluppo dell’interazione tra i partecipanti al fine di generare traffico, reperire informazioni sulle preferenze e aspettative dei partecipanti, promuovere iniziative.
I social network non tendono a proporre propri brand, ma lasciano che siano gli utenti a fare le proposte attraverso la condivisione di pareri con amici e conoscenti. Giudizi e opinioni pubblicati nei social da persone non conosciute direttamente vengono comunque ritenuti affidabili. I social si stanno sempre più trasformando in piattaforme in cui gli utenti possono postare le loro creazioni, generando un contesto collaborativo ricco di stimoli e di scoperte di nuovi prodotti e idee[15].
Le attività connesse al social in Italia si concentrano prevalentemente nei social network, che presentano il maggior seguito e il maggior numero di iscritti. Tra questi Facebook detiene il maggior numero di utenti. Gli altri social media utilizzati sono, in ordine di efficacia: Twitter, Youtube, Google Plus che fornisce vantaggi in termini di indicizzazione, Pintetrest, ecc.
I social network sono ormai familiari alla metà degli italiani con punte del 79,8% tra i più giovani, del 68,2% tra gli abitanti delle grandi città e del 65,3% tra diplomati e laureati[16].
 
 

 3. La nostra vita digitale

 
Nel paragrafo precedente abbiamo parlato dell’impatto culturale e sociale delle ICT, illustrando le trasformazioni che si sono verificate con il loro diffondersi. La rivoluzione della società digitale è stata resa possibile dalla diffusione degli strumenti delle nuove tecnologie digitali: computer, cellulari, smartphone, tablet, ecc. Attraverso internet questi strumenti sono divenuti i nostri fedeli compagni e ci aiutano nello studio, sul lavoro, nel tempo libero e nel risolvere i nostri problemi aprendoci alla vita digitale (digital life).
 
3.1. La nuova era biomediatica della “specie digitale”
 
Tutte le rilevazioni concordano nel segnalare una evoluzione della specie umana verso una direzione digitalmediatica con caratteristiche ormai definibili.
Da circa un ventennio i processi di digitalizzazione hanno inciso profondamente nella nostra vita quotidiana. Alcune trasformazioni risultano evidenti a tutti: l’incremento dei consumi dei media, la flessibilità e l’integrazione del loro impiego, l’annullamento della distinzione tra i diversi mezzi di comunicazione, la possibilità dell’utente di poterne fruire in luoghi e tempi stabiliti da lui, il senso di onnipotenza di poter avere il mondo a portata di mano tutto e subito.
Questo cambiamento non riguarda solo i nativi digitali, ma anche gli attuali trentenni capaci di navigare agevolmente nell’innovazione tecnologica.
In Italia il 90,4% dei giovani tra 14 e 19 anni si connette ad internet, l’84,4% di loro tutti i giorni, il 73,9% per un’ora al giorno. Per acquisire informazioni, il 71% è presente su Facebook, il 65,2% sui motori di ricerca, il 52,7% su YouTube. Il 66,1% usa uno smartphone e, tra questi, il 60,9% scarica app. Il 44,6% perde familiarità con i mezzi a stampa.
Sorprende che nella fascia immediatamente superiore dei 30-44enni il profilo non sia molto diverso, ad eccezione dei maggiori acquisti sul web, delle operazioni bancarie e del più frequente contatto con i mezzi a stampa. Il divario con gli anziani è però sempre più profondo. Tra gli over 65 usano internet il 21,1%, il 9,2% è iscritto a Facebook, il 6,8% possiede uno smartphone. Il 2,7% di loro guarda una web tv contro il 49,4% dei giovani, l’1,7% ascolta una radio da cellulare contro il 32,5% dei giovani, il 2,3 usa un tablet contro il 20,6% dei giovani[17].
Tutti questi sono indizi inequivocabili dell’avvento di una nuova era, dopo quella digitale, che possiamo chiamare biomediatica. Si è avviata una nuova declinazione del rapporto con le tecnologie in generale che stanno divenendo protesi del corpo umano. Esse ci consentono di annullare le distanze spazio-temporali, di connettersi istantaneamente con qualsiasi parte del mondo e di accedere a qualunque contenuto[18]. Le coordinate spazio-tempo risultano profondamente modificate dalle tecnologie digitali che ormai si fondono con la dimensione fisica e mentale dell’uomo provocando un salto qualitativo delle sue abitudini e capacità.
I dispositivi (device) divengono sempre più piccoli, miniaturizzati e immateriali e accompagnano l’uomo in ogni momento della sua vita quotidiana. I media digitali non sono più mezzi che stanno in mezzo tra noi e le cose, ma sono sempre più personalizzati e diventano quella nuova realtà che nasce dalla fusione di noi con i dispositivi telematici. Nel mondo digitale si sta perdendo la distinzione tra i media perché tutto viene convertito in bit che viaggiano su qualsiasi canale.
Il punto critico nell’attuale evoluzione digitale è il confronto con i media a stampa (giornali, settimanali, mensili, riviste, libri, ecc.) che registrano un progressivo abbandono da parte dei giovani under 30: nel solo 2013 l’abbandono della consuetudine alla lettura dei mezzi a stampa è passata dal 43% al 55%. Su 52,1% italiani che nell’ultimo anno ha letto almeno un libro gli è book arrivano al 5,2% che raggiunge l’8,8% tra i 30/44enni.
Questo progressivo passaggio, dalla stampa al digitale, provoca l’allontanamento da capacità cognitive, orientate dalla lettura cartacea verso l’ordinamento gerarchico, la coerenza logica e la scomposizione analitica dei contenuti. Vengono invece potenziate le capacità sintetiche, proprie di una lettura su schermo, coinvolgente ed emotiva e accompagnata da suoni e immagini.
Si sta così diffondendo, non solo nei nativi digitali, ma anche nei 30/40enni, una propensione alla personalizzazione, alla flessibilità e all’indifferenza verso la fonte del messaggio: attitudini che indeboliscono le attività intellettuali superiori.[19]
Le TIC stanno modificando le nostre modalità di pensare, di agire, di organizzare le conoscenze, di sviluppare le potenzialità cognitive, di elaborare le esperienze e di progettare. Una evoluzione che trasforma i paradigmi conoscitivi, interpretativi, valutativi, relazionali ed emotivi che orientano il nostro vivere quotidiano e che la nostra tradizione aveva conservato e ci aveva fedelmente trasmesso.
  
3.2. La personalizzazione multimediale dell’informazione
 
La digitalizzazione dei media ha determinato una profonda trasformazione nel concetto stesso di informazione. I nativi digitali preferiscono un’informazione molto personalizzata, polverizzata, interessata che passa principalmente per Google, Facebook e YouTube e gli altri social. La stessa tendenza prevale nella fascia media dei 30/40enni, ma ancora con una certa presenza dei media strutturati: tg, quotidiani, ecc. Nei più anziani prevale nettamente la comunicazione tradizionale legata alla Tv, radio e giornali, ecc., scelta secondo le proprie opinioni e gli interessi personali, ma accettata nella struttura gerarchica delle notizie.
Per i più giovani l’informazione non consiste nell’acquisire conoscenze sugli avvenimenti dai canali tradizionali, ma nello scambiarsi messaggi sugli eventi che riguardano la loro cerchia di conoscenze e le loro attività ed interessi. L’informazione diviene uno specchio in cui si riflettono i sentimenti personali sulle vicende piccole e grandi del mondo globale e locale (glocale). Il 75% degli under 30 dichiara di prendere ancora informazioni dal Tg, ma contemporaneamente il 71% ricorre a Facebook, il 65,2 a Google e il 52,7 a YouTube. Un chiaro segno del prevalere dell’autodominio del soggetto sull’informazione rispetto ai canali della comunicazione tradizionale.
In tutto questo, la televisione generalista rimane ancora l’unico strumento in grado di mettere in contatto le diverse generazioni e il generale con il locale. A metà dello scorso decennio si è verificato un passaggio repentino dalla sostanziale dipendenza dalla TV, all’apertura verso un’ampia gamma di media. Ma anche se è finita la monarchia assoluta della TV, permane però il suo ruolo primario, perché meglio di altri essa risponde alla preoccupazione generalizzata di media attendibili, chiari, disponibili, facili da usare, economici, multimediali e tecnologicamente avanzati. Inoltre, attraverso le ICT, lo schermo televisivo può essere visibile sui computer e sui dispostivi mobili, rendendo così possibile l’ibridazione tra i contenuti televisivi e quelli personali presenti sui social network.
In questa fase di trasformazione si intrecciano sentimenti contrastanti di preoccupazione e di diffidenza, ma insieme anche di grande ottimismo. L’informazione richiede infatti grandi apparati, eppure sul web tutti possono fare informazione; sono necessari grandi investimenti, ma sul web l’informazione è gratuita; le grandi strutture possono facilmente pilotare l’informazione mentre l’informazione on-line è controllata e garantita dagli utenti. Un esempio tangibile di questa trasformazione si può riscontare nell’imprevisto affermarsi in Italia del Movimento 5 stelle attraverso l’utilizzazione della rete, la diffidenza verso i media tradizionali, l’affidarsi al passaparola e al contatto diretto con i propri aderenti[20].
 3.3. Le ambiguità della rete
 
Anche se progressivamente il concetto di rete è venuto assumendo un valore positivo, per l’intreccio di relazioni che sottintende conserva però ancora un’ambiguità di fondo. Ambiguità che è tipica del concetto di rete inteso come strumento che serve a catturare le prede. Se applichiamo il concetto di rete al sistema dei media, inevitabilmente le prede sono gli utenti. Gli utenti sono abituati ad un uso personalizzato, flessibile, indifferente al medium utilizzato, per appropriarsi gratuitamente dei contenuti preferiti nel mare della comunicazione. Ma anche gli apparati della comunicazione gettano le loro reti, non troppo strette per permettere di entrare, né troppo larghe per far entrare e uscire liberamente come se non esistessero. Esse offrono contenuti creati appositamente perché gli utenti possano entrare e uscire dalle reti. Gli utenti del web sono disposti a pagare le loro reti/apparecchiature elettroniche per pescare i contenuti, ed un canone per l’utilizzo, ma il 79,5% non intende pagare i contenuti pescati anche se il 35% concede agli editori di ripagarsi le spese con la pubblicità. L’avvento della nuvola (cloud) in cui il provider consente all’utente di conservare i contenuti desiderati porterà ad una trasformazione fondamentale nei futuri equilibri. Come per le caselle di posta gestite dai provider, una parte dello spazio nella nuvola sarà offerto gratuitamente, ma, una volta creato, per ampliarlo si dovrà pagare. Questo cambiamento del modo di trasferire e conservare i contenuti di internet nella nuvola, porterà ad una riorganizzazione profonda della rete e dell’intero sistema che ruota attorno ad essa.
I recenti casi del data gate e di Wikileaks hanno evidenziato i limiti della rete nella tutela della la vita privata degli utenti, esposta alla tracciabilità da parte di chi è in grado di controllare la mole di informazioni presenti in rete.
La rete è “una casa di vetro” in cui si possono ritrovare le tracce lasciate dai dispositivi e controllare attraverso algoritmi le abitudini e le preferenze degli utenti[21].
 
3.4. La rete strumento ormai insostituibile
 
La velocità delle soluzioni, l’ottimizzazione del tempo e dell’organizzazione della vita costituiscono necessità fondamentali del nostro tempo, alle quali, grazie a internet e ai dispositivi digitali, è possibile dare più facilmente una risposta.
Internet ha sostituito la ricerca su carta ed in tempo reale risponde alle più disparate domande, fornendo informazioni e dati sui più diversi argomenti. Sul web si può trovare, ottimizzando il tempo, tutto quello che cercavamo sulla carta: lo stradario, l’elenco del telefono, la ricerca di un prodotto, di un servizio, l’enciclopedia, le news, ecc.
L’utilizzo della rete da parte degli internauti si è incrementato sulla base di tre elementi: l’ampliamento illimitato della conoscenza, l’ottimizzazione della organizzazione della vita quotidiana, la penetrazione del servizio tra i giovani e i 30/40enni.
La forza della rete consiste proprio nella sua capacità di risolvere in maniera insostituibile i problemi di organizzazione della vita quotidiana: dalle operazioni bancarie, alle pratiche burocratiche, alla prenotazione di una visita medica, all’acquisto di un prodotto, all’organizzazione del tempo libero, al reperimento immediato di un brano musicale, di un libro o di un film, alla ricerca di lavoro, alla partecipazione alla vita politica e civile, ecc.
Al primo posto, in Italia, nell’utilizzo della rete troviamo la ricerca di informazioni su aziende, prodotti e servizi con il 68% degli utenti di internet e il 43,2% della popolazione complessiva.
L’ascolto di musica sul web è una pratica diffusa tra il 54,3% degli utenti internet e tra il 34,5% della popolazione complessiva. La ascoltano sul web il 70% dei giovani tra 14-19 anni, ma anche il 45,8% dei 30-44enni. Ciò è dovuto alla convenienza economica e alla praticità. Il 31,9% degli utenti internet, pari al 20% della popolazione, utilizza il web per la visione di film. Percentuale che sale al 44% tra i giovani. Il fenomeno delle telefonate online è passato nel 2013 dall’11,5% al 20% della popolazione e al 32,4% degli utenti della rete. La percentuale più bassa degli utenti internet, e cioè l’8,8%, riguarda coloro che utilizzano la rete per la partecipazione alla vita civile e politica del paese.
Prima di concludere è bene considerare che la maggioranza degli internauti, che si attesta intorno al 60%, dichiara di non aver notato, nel 2013, cambiamenti significativi dovuti alle nuove tecnologie. Una minoranza riconducibile soprattutto gli under 30 e ai 30-44enni dichiara, invece, che cambiamenti in meglio si sono verificati nell’ambito dell’informazione (34,2%), nello studio (22,5%), nelle possibilità di acquisti (22,4), nell’organizzazione del tempo libero (21,2%), nelle relazioni interpersonali (20,9%). La grande maggioranza dichiara infine di non aver notato nessuna trasformazione dovuta all’utilizzo della rete nelle relazioni sentimentali, così come nelle amicizie[22]. Questa diversa percezione indica un ampliarsi del divario tra i due versanti degli utenti della rete, 14-44enni e 45-80enni.
 
3.5. I profili degli utenti di internet
 
Dal 2002 al 2013, in Italia internet ha quasi triplicato i suoi utenti, mentre gli altri media hanno oscillato tra alti e bassi, con una tendenza al rialzo per radio e telefoni cellulari e al ribasso per mensili e settimanali. Televisione e quotidiani sono rimasti stabili nel lungo periodo mentre i libri, pur nel calo, si mantengono a livelli rilevanti di utenza. A partire dall’utilizzo diversificato di internet possiamo definire alcuni profili che possono rappresentare l’evoluzione prodotta dalle ICT sugli utenti:
I connessi tradizionali: sono il 19,9% degli italiani connessi in rete. Parliamo in particolare della fascia 45-64enni. Utilizzano strumenti digitali più tradizionali e le linee adsl attraverso un pc da tavolo o portatile. Hanno interesse verso i mezzi tradizionali da cui si distaccano progressivamente con una predilezione verso i messaggi veloci, personalizzati e immateriali
I connessi mobili: sono l’8,1% degli utenti. Oscillano tra tradizione e innovazione. Ci riferiamo in particolare alla fascia 30-44enni. Impiegano tablet e smartphone attraverso connessioni wifi o mobili. L’espansione dell’utilizzo delle nuove modalità comunicative li induce progressivamente ad abbandonare la consuetudine con i mezzi a stampa tradizionali.
I connessi supermobili (alwais on): sono l’11,5%. Si tratta per lo più della fascia dei 14-29enni. Hanno comportamenti innovativi, radicali ed egocentrici. Impiegano tablet e smartphone attraverso connessioni wifi o mobili. Abbandonano i media che richiedono attenzione e attesa non istantanea, che suppongono una gerarchia dei contenuti, che sono orientati al confronto aperto e non all’affermazione dei propri stati d’animo. La rete è per loro il regno della libertà di espressione e fruizione e della gratuità. Per loro di internet ci si può fidare, online si può trovare tutto facilmente e chiunque può fare informazione. Internet è uno strumento di interazione e di relazione prima che di comunicazione e vi si può pretendere l’ascolto[23].
Naturalmente si tratta di linee di tendenza dell’evoluzione digitale in corso tra gli utenti di internet definite in base all’apertura all’innovazione digitale e all’utilizzo della rete.
 

 4. Per un’etica delle ICT

 
Le nuove tecnologie oggi orientano il nostro agire e sono portatrici di valori e di nuove prospettive etiche. La riflessione etica comporta la definizione di alcuni interrogativi relativi al che cosa facciamo e a come lo facciamo. Domande che riguardano il senso del nostro agire con le nuove tecnologie.
  
4.1. L’autonomia etica delle TIC
 
Pensiamo sia utile inquadrare il piano etico con un sintetico riferimento alle prospettive ontologica e gnoseologica. Se le esaminiamo da un punto di vista ontologico, le TIC manifestano una loro autonomia da altri ambiti della realtà e sviluppano forme ulteriori e parallele di realtà come avviene, ad esempio, con la dimensione virtuale.
Nella prospettiva gnoseologica le TIC comportano una specifica concezione del sapere e una precisa impostazione di esso secondo l’autonomia che le contraddistingue. Esse sono portatrici di una peculiare forma di conoscenza e di un metodo che lega in modo inscindibile teoria e prassi, generale e applicativo, in grado di aprire nuovi orizzonti anche alla ricerca scientifica. Salta, con esse, la concezione gerarchica della conoscenza, propria del modello tradizionale risalente ad Aristotele, in cui la tecnica veniva considerata un insieme di cognizioni parziali derivate, che devono essere guidate dalla visione generale dello scienziato.
Sul piano etico le TIC affermano tutta la loro autonomia, sia a livello della definizione della responsabilità umana nell’agire, sia in quello del controllo delle conseguenze. Esse comportano un eccesso, un’eccedenza nel loro impatto, nella loro azione e nel loro uso, che richiede nuove forme di regolamentazione e una nuova riflessione che elabori un’etica della civiltà tecnologica.
L’azione delle nuove tecnologie è costitutivamente eccessiva: cioè va sempre oltre l’agire umano e la sua possibilità di controllo dei processi tecnologici.
Sul piano etico filosofico vanno riconsiderati il rapporto tra le TIC e il concetto di vita, di natura, di persona, di socialità, di salute, di disabilità, di privacy, ecc. Ormai le TIC hanno assunto un vero e proprio carattere etico e va pensata un’etica speciale delle nuove tecnologie che riconsideri quale deve essere la relazione con esse (aspetto oggettivo) e quali criteri nel pensare e nell’agire devono essere assunti (aspetto soggettivo).
Il problema si era già posto nell’età moderna con il passaggio dalle scienze empiriche alla tecnica e con la conseguente crisi della filosofia e dell’etica, incapaci di offrire alla tecnica concetti efficaci, cioè utilizzabili ai fini di una programmazione e controllo degli eventi del mondo. L’affermarsi generalizzato delle TIC porta a compimento, anche se in una maniera riduttiva e unilaterale, lo specifico approccio conoscitivo della modernità, orientato alla finalizzazione pratica di ogni forma di sapere e delle sue applicazioni[24].
 
4.2. L’etica implicita nelle nuove tecnologie
 
I valori etici di riferimento insiti nelle nuove tecnologie si possono individuare nella dimensione della usabilità, nell’ottica del fare sistema, nella prospettiva della controllabilità delle cose.
Lo strumento tecnico è caratterizzato dalla usabilità, mentre la tecnologia è riconoscibile dal fatto del fare sistema e le tecnologie hanno la presunzione di tenere sotto controllo tutto ciò con cui entrano in relazione.
i tratta di tre condizioni sinergiche che si alimentano a vicenda.
Usabilità. Nella prospettiva delle TIC il mondo ha senso e valore se è utile e usabile. Tutto è funzionale e deve essere utile a qualcos’altro, non ha valore in sé, anche gli esseri viventi e gli stessi esseri umani considerati individualmente o collettivamente. Nella logica delle nuove tecnologie non è più l’essere umano, che usa le tecnologie e ne stabilisce gli scopi, a costituire il fine ultimo. Esse sono autoreferenziali, si autoalimentano. L’intero sistema tecnologico pretende di essere esso stesso il fine ultimo.
Fare sistema. Nel capitalismo globale ha valore l’insieme del sistema tecnologico non i singoli aspetti del sistema, anche se umani. Essi possono essere sacrificati se non sono sinergici allo sviluppo del sistema. Un insieme di elementi funzionali e dinamici dunque finalizzati all’utile dell’intero sistema e alla sua auto alimentazione[25].
Controllabilità. Se aspetti ed elementi determinati del sistema tecnologico vengono messi in discussione dalla libera scelta dell’uomo, scatta nel sistema un meccanismo di autoconservazione che ripristina l’equilibrio e contribuisce all’autotutela. Le scelte contrarie della persona vengono cioè integrate nel sistema da quei processi di controllo più ampi, sistematici e capillari che le nuove tecnologie riescono a promuovere attraverso i meccanismi della prevedibilità e della ripetibilità. Proprio perché le nuove tecnologie operano in modo autonomo, gli effetti delle scelte umane contrarie al sistema vengono integrati e controllati[26].
 
4.3. L’etica e il governo sociale delle nuove tecnologie
 
Le relazioni tra le nuove tecnologie i cittadini e le comunità sono innanzitutto regolamentate dal diritto. Le norme giuridiche sono però ancora in evoluzione, considerando lo sviluppo in atto delle nuove tecnologie, pur essendo ormai chiare le condizioni e le tendenze che le caratterizzano. Le normative del passato risultano oggi insufficienti e vanno ripensate su piani transnazionali più ampi e diversi da quelli locali.
Si tratta di elaborare un diritto per i nuovi scenari dell’era tecnologica che risponda alle trasformazioni concettuali e comportamentali che si stanno verificando sul piano globale. Vanno individuate e rideterminate le categorie fondamentali e la struttura teorica del diritto, come anche specifici nuclei concettuali legati a diverse tradizioni giuridiche. Si tratta naturalmente di lavorare in parallelo e interagire con la riflessione e l’elaborazione filosofica delle etiche speciali, come, ad esempio, quelle che si occupano della vita, della libertà, della autodeterminazione, delle neuroscienze, ecc. Sempre però su un piano che superi i contesti culturali e giuridici specifici e parziali, per elevarsi ad una validità e applicabilità etica universale. Si devono quindi evitare procedure politiche arbitrarie o frutto di negoziazione. Le questioni poste dalle nuove tecnologie non possono essere risolte nella loro complessità da norme decise dal legislatore e applicate dal giudice. Esse vanno necessariamente interpretate alla luce di una prospettiva etica più ampia e universale.
Se si supera il piano legislativo si entra nella gestione collettiva delle problematiche legate alle nuove tecnologie che si esprime attraverso i codici deontologici. Essi regolamentano i comportamenti in rete indicando una serie di doveri che stabiliscono la liceità del comportamento dei professionisti o degli utenti che utilizzano i dispositivi. La garanzia del rispetto delle norme dipende non solo dal codice etico, ma anche dalla credibilità dell’istituzione che promuove il codice e soprattutto dalla reciproca fiducia tra fornitore e utente. Google, ad esempio, chiede a chi vuol utilizzare i suoi servizi un riconoscimento di credibilità fondato sulla fiducia reciproca.
Sul piano della regolamentazione del comportamento umano nell’applicazione delle nuove tecnologie, la strategia oggi più diffusa è quella dei Comitati etici. Il comitato etico è composto da esperti nominati da una istituzione per rispondere, attraverso linee guida, ad alcune urgenze sui comportamenti di coloro che vi operano. I comitati esprimono un parere spesso frutto di decisioni a maggioranza, non sempre di esperti del settore, a volte coinvolgendo anche l’opinione pubblica. Si tratta di decisioni politiche spesso pilotate e ideologicamente condizionate. È chiaro che l’etica non dipende dai comitati etici ed i codici deontologici; essa si interessa dei comportamenti umani e presenta, giustifica e argomenta sulle soluzioni che hanno un valore universale per l’uomo[27].
 
4.4. L’etica della responsabilità nell’utilizzo delle nuove tecnologie
 
Le nuove tecnologie sono portatrici di una ambiguità profonda: si presentano come strumenti al servizio della persona e insieme richiedono l’accettazione della loro struttura e della logica soggiacente che ne consente il funzionamento. Chi utilizza una tecnologia implicitamente accoglie la logica di chi l’ha creata e adegua il suo comportamento a quello richiesto dal dispositivo. Viene così meno non solo il controllo preventivo sulla correttezza dei comportamenti richiesti dai dispositivi, ma anche sulla piena autonomia della logica soggiacente. Si pone allora il problema di una triplice responsabilità morale: quella di chi progetta la tecnologia, quella di chi la utilizza e anche quella implicita nella tecnologia e nei dispositivi che vengono utilizzati. Tale responsabilità, che sul piano etico generale coinvolge i tre ambiti, non può che avere un riferimento privilegiato e fondante nella sopravvivenza delle generazioni future e dell’intera umanità.
La novità che le nuove tecnologie hanno introdotto sul piano etico sta nel fatto che i principi di chi agisce vengono messi in secondo piano, mentre prendono il sopravvento i modi di operare degli apparecchi e le massime morali implicite e ad essi soggiacenti[28]. È allora necessario tener conto dei principi etici che regolano il nostro agire, ma anche di quelli propri dei dispositivi artificiali che usiamo. Gli apparati tecnologici agiscono e a volte eseguono autonomamente procedure che si richiamano a soggiacenti criteri etici. Non si può quindi ignorare che c’è una relazione tra la procedura che regola l’azione del dispositivo e il soggetto che lo usa.
Sul piano etico dobbiamo prendere il considerazione, sia l’agire del soggetto e la sua intenzionalità, sia la correttezza delle regole e delle procedure, sia gli effetti e le conseguenze dell’agire. Sul piano etico l’agire umano è costituito sempre da un “fascio di azioni” che hanno una relazionalità esterna con l’agire degli altri e una relazionalità interna con gli scopi, le procedure e le conseguenze dell’agire[29]. Rispetto ai dispositivi e ai meccanismi artificiali la persona deve porsi il problema del senso da cui nasce la ragione della scelta e la responsabilità. L’agire tecnologico e l’agire umano sono quindi diversi sul piano etico. L’uomo è responsabile e deve rispondere delle conseguenze del suo agire, ma anche rispondere dei criteri e principi che lo ispirano, e infine rispondere per le tecnologie che sceglie.
Nel tempo delle nuove tecnologie la responsabilità si allarga all’ambito complessivo in cui si sviluppa l’azione per raggiungere l’intero sistema tecnologico. Utilizzare un dispositivo comporta implicitamente una responsabilità per tutte le connessioni a cui il dispositivo rinvia. Scegliendo uno strumento tecnologico si scelgono anche forme e modi in cui viene a esercitarsi concretamente la sua connettività. La responsabilità si allarga anche a ciò che non si può direttamente controllare. La responsabilità etica ha una dimensione universale e nel tempo delle nuove tecnologie ciò è più evidente perché esse mettono in opera un complesso di relazioni che ci eccedono e chiedono la nostra adesione. La responsabilità universale è responsabilità per ciò di cui non si è direttamente responsabili, ma che si è concorso in qualche modo a determinare[30].
 
 

 5. Conclusione

 
In questo primo contributo abbiamo voluto innanzitutto disegnare lo scenario in cui le ICT si stanno sviluppando, evidenziando alcune caratteristiche significative dell’impatto culturale e sociale da esse prodotto.
Siamo poi passati a descrivere le conseguenze dei cambiamenti profondi prodotti dall’affermarsi delle ICT nella vita personale e sociale.
Abbiamo accennato a cambiamenti tanto profondi che possiamo cominciare a parlare di una nuova era, quella biomediatica, e di una nuova specie umana che comincia ad affermarsi, quella digitale.
Tutto ciò ha bisogno di una profonda riflessione etica che ridefinisca quei riferimenti generali e speciali che la tradizione ci aveva consegnato e che avevano guidato anche nella modernità le scelte morali dell’uomo. Ci siamo resi conto le ICTsono portatrici di una morale che si autoalimenta ed è insita nelle procedure che guidano l’agire dei dispositivi.
Possiamo affermare con certezza che non c’è neutralità nelle ICT e che sempre di più urge, soprattutto in questa stagione di emergenza educativa, un impegno formativo che porti ogni persona alla piena consapevolezza della sua responsabilità.
 
NOTE
 
[1] CENSIS, I media siamo noi. Inizio dell’era biomediatica. 10° Rapporto sulla Comunicazione, Milano, Franco Angeli, Milano 2012, p. 8
[2] Ibidem, pp. 7-8.
[3] F. Eugeni – R. Mascella, La società e i fondamenti dell’informatica, Roma – Teramo, Zikkurat 2008.
[4] A. Miconi, Reti. Origini e struttura della network society, Roma – Bari, Laterza 2011.
[5] M. Castells, Galassia Internet, Milano, Feltrinelli 2002.
[6] Cassa Depositi e Prestiti, Banda larga e reti di nuova generazione, Roma, 02(2012)19.
[7] Cf D.D. Vanhoose, E-commerce Economics, New York, Routledge 20112, p. 20.
[8] R. Liscia, L’e-commerce e la multicanalità, un’opportunità di sviluppo per le imprese e per il paese, Milano, Netcomm 2012.
[9] Cf ISTAT, Cittadini e nuove tecnologie, 2007-2009, Roma ISTAT, 2009
[10] Cf ISTAT, Utilizzo del PC e di Internet negli ultimi 12 mesi: dati sub nazionali, http://dati.istat.it/#
[11] M. Mucciardi – L. La Conte, Un’analisi regionale di ‘digital divide’ in Italia, Cirsding- working paper n. 7, Messina, Università degli studi di Messina 2010, pp. 43-45.
[12] CENSIS, L’evoluzione digitale della specie, Milano, Franco Angeli 2013.
[13] Ibidem.
[14] Cassa Depositi e Prestiti, Banda larga e reti di nuova generazione.
[15] F. Chiappini, E-commerce: come realizzare un e-commerce di successo e guadagnare on-line, Roma, Editoriamobile 2013.
[16] CENSIS, L’evoluzione digitale della specie, p. 37.
[17] Ibidem, pp.40-42.
[18] CENSIS, I media siamo noi. L’inizio dell’era biomediatica, Milano, Franco Angeli 2012.
[19] CENSIS L’evoluzione digitale della specie, pp.10; 58-78.
[20] CENSIS, I media personali nell’era digitale, Milano, Franco Angeli 2011.
[21] CENSIS, L’evoluzione digitale della specie, pp. 14-17.
[22] Ibidem, pp. 161-176.
[23] Ibidem, pp. 131-155.
[24] A. Fabris, Etica delle nuove tecnologie, Brescia, La Scuola 2012, pp. 11-43; 103-109.
[25] B. Artur, La natura della tecnologia, che cos’è e come si evolve, Torino, Codice Edizioni 2011, p. 22.
[26] Ibidem, pp. 110-114.
[27] Ibidem, pp. 114-120; A. Santosuosso, Diritto, scienza, nuove tecnologie, Padova, CEDAM 2011, pp. 6-7 e cap. IX.
[28] H. Jonas, Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Torino, Einaudi 1993, pp. 117-118.
[29] A. Fabris, TeorEtica: Filosofia della relazione, Brescia, Morcelliana 2010, cap. III.
[30] A. Fabris, Etica delle nuove tecnologie, pp. 127-138.