Il processo di globalizzazione culturale che caratterizza l’epoca attuale della cosidetta “post-modernità”, richiede una ristrutturazione delle categorie pedagogiche alla luce soprattutto del sempre più incipiente pluralismo valoriale. Il mondo si presenta caratterizzato da una complessità in rapidissima trasformazione e, almeno per alcuni aspetti, nuovo è il contesto entro il quale si collocano le azioni educative, chiamate a misurarsi con sfide inedite rispetto al passato.

Il filo rosso che permette di non perdersi nella molteplice costellazione dei sistemi di riferimento, è quello che parte dalla domanda pedagogica fondamentale ovvero quale sia lo scopo dell’educazione. Secondo J. Maritain, esso consiste nell’aiutare i soggetti umani a diventare “persone” pienamente realizzate: per questo compito, la pedagogia propone criteri e indirizzi all’azione educativa, seguendo una visione antropologica che deriva dal dialogo fecondo con altri saperi di area filosofico-teologica, capaci di porre domande di senso che trovino risposte adeguate sul piano dell’esperienza di fede.

A tale riguardo, ciò che risulta essere il fattore indispensabile di crescita è la presenza di un saldo ed efficace orientamento valoriale che permetta di uscire da sterili ripiegamenti narcisistici per assumersi responsabilmente carico di se stessi e degli altri. Oggi non diversamente da ieri, i giovani hanno bisogno di incontrare “maestri”, tanto in famiglia, quanto nella scuola e nei diversi contesti della vita sociale, con i quali delineare percorsi esistenziali autentici. Gli educatori sono coloro che consentono di riflettere e di ri-orientare il cammino degli “uomini di domani” con proposte autorevoli in quanto sperimentate e testimoniate in prima persona: la loro funzione è quella  di accompagnare, con passione ed attenzione sempre nuove, il mondo giovanile verso la difficile conquista dell’autonomia in un continuo sviluppo e arricchimento delle proprie potenzialità.

Per raggiungere questo tipo di finalità occorre offrire, nel campo delle attività educative, soluzioni plurali e alternative, che coinvolgono la famiglia, la scuola, l’ambito economico, politico, i soggetti culturali e quanti operano nella dimensione del sociale. Urge l’imperativo di porsi come “realtà” di persone di fronte a realtà altrettanto personali, senza alcun timore di promuovere significati e valori nei quali si crede fino a scommettere su di essi la propria esistenza. Ne consegue una rappresentazione dell’educazione come luogo di “narrazioni”, cioè di storie che si inscrivono nella mente dei giovani quali prospettive di senso per stare positivamente nel mondo e contribuire fattivamente a migliorarlo: secondo quanto già ben evidenziato da J. S. Bruner, la competenza nella costruzione e nella comprensione dei “racconti di vita” riveste, infatti, una funzione fondamentale nella formazione dell’identità e del senso di appartenenza di ogni soggetto umano.

La molteplicità di “vie” che si aprono all’interno di questo contesto danno vita ad un pluralismo pedagogico che non può mai essere una dottrina filosofica ma solo una metodologia educativa per garantire insieme i diritti della verità e la libertà di coscienza.
Un errore molto diffuso nel nostro tempo, anche tra non pochi “esperti” di educazione, è quello di credere che occorra un pluralismo di diritto, come se nessun orientamento antroplogico e culturale  possa essere abbastanza ben fondato per poter valere in modo autonomo, pur traendo profitto da altri sistemi di orientamento: comprensione e collaborazionedi cui invece c’è davvero bisogno è quello di fatto, dovuto alla limitatezza creaturale dell’uomo a confronto della inesauribile ricchezza ontologica che permea la realtà. La diversità delle opinioni e delle convinzioni esige da parte di tutti una disponibilità a comprendere il punto di vista altrui, ad accettare comportamenti ed atteggiamenti diversi dai propri, a collaborare a compiti comuni anche se assunti con motivazioni differenti. L’educazione deve preparare i giovani a vivere con spirito di comprensione e di collaborazione in una società ideologicamente divisa, con diversi paradigmi filosofici, religiosi, politici ed economici, senza cedere a troppo facili e pericolose derive realativistiche o addirittura nichilistiche. L’autentica educazione “democratica” si basa  dunque su un arduo e ambizioso pluralismo di fatto e non di diritto, nella certezza che la vera libertà educativa non esiga la rinuncia alle proprie convinzioni personali, bensì presupponga gli indissolubili valori dell’amore e dell’amicizia fraterni, per mezzo dei quali sarà possibile edificare la “casa comune” delle future generazioni.

BIBLIOGRAFIA

Bruner J. S., La ricerca del significato. Per una psicologia culturale, trad. it. di E. Prodon, Bollati Boringhieri, Torino 1992, pp. 34-59.

Bruner J. S., La cultura dell’educazione, trad. it. di L. Cornalba, Feltrinelli, Milano 1997, pp. 17-41.

Maritain J., Per una politica più umana, trad. it. di A. Pavan, Morcelliana, Brescia 1979, pp. 73-81; 108-109.

Maritain J., L’educazione al bivio, trad. it. di A. Agazzi, La Scuola, Brescia 1986, pp. 13-14.

Papa Francesco, Laudato si’, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2015, artt. 4-6; 15-19; 139-142.