Don Giustino, il prete di parrocchia, il “Santo di Pianura”, come lo chiamano negli ultimi anni della sua vita, sebbene lui rifuggisse dagli onori, sarà finalmente Santo. Una notizia che chi lo conosceva aspettava e ha accolto con gioia che non deve lasciare indifferente nessuno perché, un cristiano credibile e che vive il Vangelo nella sua concretezza partendo dagli umili è un esempio per tutti.
La vita
Don Giustino nasce a Pianura il 18 gennaio 1891. Ordinato sacerdote il 20 settembre 1913 nella Cattedrale di Pozzuoli, un anno dopo, nel 1914, fonda il Vocazionario, luogo di discernimento vocazionale dove i giovani, chiamati da Dio, sceglievano la strada della consacrazione religiosa e del sacerdozio. Vive gran parte della sua vita, dal 1920 al 1955, come parroco nella Parrocchia di San Giorgio Martire in Pianura di Napoli. Fa nascere in quegli anni la Società delle Divine Vocazioni e le Suore delle Divine Vocazioni per essere aiutato nel ministero che sentiva più prossimo, quello delle vocazioni. Muore a Pianura il 2 agosto 1955. Il 27 ottobre 2020 Papa Francesco autorizza la promulgazione dei Decreti della santificazione del Beato Giustino Maria Russolillo.
Il miracolo
Il miracolo attribuito all’intercessione del Beato Giustino Maria Russolillo è la guarigione di un giovane vocazionista del Madagascar avvenuta il 21 aprile 2016 a Pozzuoli. Il giovane viene ricoverato in ospedale il 16 aprile 2016 per problemi seri all’apparato respiratorio. Di fronte all’aggravarsi delle sue condizioni, i suoi confratelli cominciano a pregare don Giustino perché interceda per la sua guarigione e uno di loro depone una reliquia e un’immagine del Beato sul suo corpo malato. Il giovane religioso migliora repentinamente tanto da guarire ed essere dimesso il 3 maggio.
Riportimao di seguito l’intervista al Padre Generale dei Vocazionisti, Padre Antonio Rafael do Nascimento
 
L’Intervista 
 
Vorremmo condividere con lei, Padre Generale, questa lietissima notizia, rivolgendole qualche domanda per capire sempre meglio il pensiero e la vita di “don Giustino”. Spesso, anche noi cristiani, abbiamo l’idea che i Santi siano persone speciali, che non commettono errori, con una vita particolare e inimitabile per noi “comuni mortali”, come se loro non fossero stati uomini come noi. Partiamo, quindi, proprio dalla santità: che cos’è? Forse è proprio la coscienza dell’incompletezza dell’essere umano, della sua debolezza, la strada per la santità?
“La santità è l’essenza stessa di Dio a cui immagine e somiglianza siamo stati fatti, tutti, nessuno escluso. Quando in Levitico 19,2 lo stesso Dio ci chiama ad essere santo come Lui è Santo ci presenta la santità come una realtà non come un traguardo irraggiungibile o riservato a pochi. La santità è poi opera di Dio e non invenzione nostra.
Da questo si presume che la santità è un abbandonarci alla volontà di Dio Trinità lasciandoci guidare da lui come un amico affidabile. Sì, i santi sono gli amici di Dio e dei fratelli, amicizia nel senso vero, fondata sulle relazioni sane.
È stato il Concilio Vaticano II a riproporre alla Chiesa la bellezza della santità. Infatti il Capitolo V della Lumen Gentium è dedicato alla Universale Vocazione alla Santità nella Chiesa. La dove descrive la santità come vocazione sta già affermando che è per tutti perchè se, come afferma San Paolo VI, tutta la vita è vocazione, è ugualmente vero che al nome che Dio attribuisce ad ogni essere umano corrisponde un’identità, una vocazione, una missione.
È la stessa Lumen Gentium, al numero 40, a descrivere il percorso che deve intrapreso per corrispondere alla santità: “È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità”.
È stato San Giovanni Paolo II ad aiutarci a cercare la santità non in forma astratta, o aldilà delle nostre capacità, quando ci ricorda, nella Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte, al n. 31, che “è ora di riproporre a tutti con convinzione questa « misura alta della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione”.
Ultimamente è stato il Papa Francesco nell’esortazione apostolica Gaudete et Exsultate n. 7 a dire che gli piacerebbe vedere: “la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”.
Quindi non sono le debolezze umane che impediscono il raggiungimento della santità, ma, facendo mie le parole di don Giustino, la mancanza di forti desideri!
 
In don Giustino come e in cosa si è concretizzata la relazione con Dio?
Per questa risposta mi avvalgo di una riflessione su don Giustino, maestro di relazioni umano-divine, tenuta da don Salvatore Musella, confratello Vocazionista, Consigliere Generale per la Formazione: Il Beato Giustino concepiva la vita come “una relazione di amore  vivente, personale, esclusiva con l’amante”, sottolineando la natura relazionale dell’essere umano.
La riflessione teologia afferma che la natura di Dio  Trinità è relazione e relazionalità;  le tre  persone divine sono  in relazione tra loro dando origine a tre relazioni divine. Da questo fatto prende avvio la spiritualità giustiniana che vede ogni essere umano chiamato ad entrare nel divino plurale del “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” di Gn 1,26.
Per don Giustino tutti noi siamo nati per una personale relazione d’amore con la Santissima Trinità. Lui immagina la persona e l’anima come una stella che nasce da Dio- principio e ritorna a Dio- fine,  ma in questo nascere e  tornare a Dio, essa traccia un’orbita dove incontra altre stelle, si unisce a loro e crea nuovi vincoli e nuove relazioni. Ogni persona nasce dall’amore di Dio come una stella del firmamento della creazione e man mano che percorre la sua orbita va sempre più arricchendosi al punto da trasformarsi  e terminare  il suo percorso come una cometa, perché  arricchita dalla grazia, virtù, esempi, relazioni  che riesce a intessere nel suo percorso. Non solo noi torniamo a Dio, ma portiamo a Dio anche tutti gli altri che abbiamo incontrato nel nostro cammino.
Attualissimo questo pensiero del Padre Fondatore in un tempo del “fai da te” anche nella dimensione spirituale, come se ognuno potesse salvarsi da solo. Papa Francesco, specialmente in questo tempo di pandemia ha ripetuto spesso che è ora di dimenticare l’io per costruire il noi.
Sono partito dalla relazione con gli altri che è sana, positiva e costruttiva soltanto se radicata in quella con Dio. È lo stesso don Giustino a sintetizzare il suo rapporto relazionale con Dio quando dice: “Godo assai che tu mi ami e che tu me l’abbia rivelato in tanti modi e che lo faccia sentire il mio cuore e me lo ripeta tante volte. Ti ringrazio che mi hai fatto capire che la mia creazione è il primo bacio che mi hai dato e con esso mi hai trasfuso la vita, l’anima, la grazia. Non ti avevo mai detto: ti amo, ti desidero, sono tuo! Ne l’avrei potuto se tu prima non mi avresti fatto e mi avresti elevato a te, e mi avresti detto: ti amo, ti desidero subito!
 
Cosa ci dice don Giustino oggi?
Un prete di ieri per la Chiesa di oggi, così si intitola un profilo biografico di don Giustino scritto da don Oreste Anella sdv, primo postulatore della causa di canonizzazione del padre Fondatore e proficuo scrittore vocazionista.
Il libro è stato dato alla stampa nel 1976 e, secondo alcuni confratelli, la frase è stata pronunciata, in una omelia dall’allora vescovo di Pozzuoli, nostra diocesi madre, Mons. Salvatore Sorrentino.
È proprio così! i santi sempre anticipano qualcosa del tempo perché non sono figli del kronos, che nella mitologia greca è il tempo che uccide i figli, ma, al contrario, sono immersi nel kairòs, che è il tempo della grazia, sempre innovatore e portatore di novità e sorprese.
Nell’odierno campo della pastorale, della liturgia, dell’azione e promozione vocazionale, don Giustino, non ha quasi niente che non si possa dire: egli già lo praticava e stiamo parlando di un sacerdote nato 130 anni fa e che ha esercitato il suo ministero prima del Concilio Vaticano II che ha portato tante novità alla Chiesa.
Sono certo che don Giustino appartiene più al presente e al futuro che al passato. Quando la Chiesa con la canonizzazione farà suo il magistero vocazionista, che è un patrimonio vario e abbondante: la dottrina trinitaria, la teologia della vocazione, la santificazione universale saranno ancora più arricchite, grazie al contributo del nostro don Giustino.
 
Don Giustino si è sempre circondato di giovani. Credo che sarebbe stato d’accordo con le parole di Papa Francesco rivolte ai ragazzi nell’esortazione “Christus vivit”, che, a mio avviso, riassumono quello che è stato il suo impegno educativo: “non guardate la vita dal balcone, entrate in essa come ha fatto Gesù. Ma soprattutto, in un modo o nell’altro, lottate per il bene comune, siate servitori dei poveri, siate protagonisti della rivoluzione della carità e del servizio, capaci di resistere alle patologie dell’individualismo consumista e superficiale”. Parole quanto mai attuali…È questa l’eredità di don Giustino per i giovani e per ognuno di noi?
Tutta la vita di don Giustino è stata circondata dai giovani e adolescenti. La stessa Congregazione è nata da un gruppo che lui chiamava “fedelissimi” perché, iniziati da lui, seminarista che, in vacanza, non andava a riposare, ma a radunarli nel giardino della casa paterna, a Villa Simpatia di Pianura, sotto una pagliarella, per impartire loro la catechesi e rimassero fedeli durante tutto il tempo dell’attesa. Alcuni di loro formarono la prima comunità vocazionista nel 1920 quando don Giustino divenne parroco di Pianura, diventando i primi religiosi della Congregazione.
Lo stesso possiamo dire delle Suore Vocazioniste, idea maturata in don Giustino quando era stato chiamato al fronte, durante la prima guerra mondiale. Vedendo le infermiere che accudivano i feriti pensò che le future suore vocazioniste avrebbero potuto fare lo stesso per gli eletti delle divine vocazioni, cioè i chiamati al sacerdozio e alla vita consacrata. Sarebbero state delle madri per le divine vocazioni.
Le periferie territoriali e esistenziali sono stati il campo di azione di don Giustino, sia pensando nella Pianura del suo tempo, sia pensando al contesto del post guerra 1918 e 1945. È stato il buon samaritano, guaritore di tante ferite nel campo sociale e ecclesiale, impegnato dalla quattro di mattina a mezzanotte, tutti i giorni della sua esistenza fino a quando il corpo non resse più, cedendo soltanto alcuni giorni prima del trapasso. Don Giustino, riferisce il Padre generale emerito don Ludovico Caputo, diceva che ogni vocazionista deve lavorare almeno per dieci e lui lavorava almeno per venti. Fece voto di non perdere mai tempo, immerso nell’azione e allo stesso tempo nella contemplazione perché se fosse stato solo attivo sarebbe stato una macchina e se fosse stato solo contemplativo sarebbe stato un alienato. Lui ha adottato il principio “contemplazione nell’azione e azione nella contemplazione trasformando la sua vita in tutt’attività e tutta elevazione a Dio Trinità.
Nonostante il carisma chiaro e definito, come succede in tutte le Fondazioni, per don Giustino non c’é campo di azione che sia estraneo a un vocazionista.
 
Come celebrare/comunicare oggi il messaggio e il sogno di don Giustino in modo efficace e in un quartiere della periferia romana come Fidene?
Nella fedeltà al Vangelo! La vita di don Giustino, come dei santi, è un Vangelo vivente. Il primo Articolo delle Costituzioni, o regola di vita da lui lasciato per la famiglia vocazionista recita: “La Società Divine Vocazioni (S.D.V. – Vocazionisti) fondata dal sacerdote Giustino Russolillo, è una congregazione religiosa clericale, di diritto pontificio, i cui membri intendono vivere alla sequela di Cristo Redentore, scegliendo la sua forma di vita casta, povera e ubbidiente, e hanno come loro primo dovere quello di essere con Lui”.
Un sacerdote attira quando sua vita è trasparenza di quella di Cristo, santo e provocatore, scomodo e sereno, rivoluzionario e innovatore, uomo di Dio e allo stesso tempo amico dei peccatori, con il pensiero in Dio e i piedi per terra, attaccato alla Chiesa e amante del territorio dove opera.
Don Giustino è conosciuto come il santo delle vocazioni, però dobbiamo restituire a questa parola il suo vero significato perché è stata inquinata, riducendola ad una chiamata allo stato di vita sacerdotale o consacrata quando veramente è molto più completa. Per don Giustino la prima vocazione è la vocazione alla vita e poteva rimanere soltanto in questo aspetto e già sarebbe tanto, perché, come si dice in Brasile, “vida feliz vocação acertada” cioè “vita felice vocazione riuscita”.
In un tempo segnato dalla cultura della morte, proclamare la bellezza della vita come dono di Dio da non sprecare  è urgente, è il centro, è tutto. Il messaggio e il sogno di don Giustino è quello stesso di Gesù: Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv 10,10).
 
Come ci si potrebbe preparare a questo evento della sua santificazione?
Ho proposto, a me e ai confratelli, un programma spirituale, nella Lettera Circolare per l’Avvento 2020, che invita ad assumere cinque atteggiamenti per alimentare questo tempo di attesa. È un invito fatto a me, a loro e anche all’intera Famiglia Vocazionista per prepararci con un tenore di vita più consono al Vangelo e alla nostra Regola di vita, per meglio accogliere il dono che il buon Dio Trinità sta per concedere a noi e a tutta la Santa Chiesa.
I cinque atteggiamenti, proposti nella Lettera Circolare, sono: ricordare, rafforzare, spiritualizzare, attualizzare e proseguire. È un percorso impegnativo ma necessario, che ci coinvolgerà in prima persona.
A poco servirebbe arrivare alla celebrazione della canonizzazione, la cui attesa si prolunga a causa della pandemia, e forse anche questo è un segno, senza quello sforzo di un cambio dal di dentro, quello spazio più intimo di Dio in noi stessi, lasciando che sia Lui a plasmarlo secondo la sua volontà.
La Congregazione si sta impegnando a sviluppare sempre di più l’uso dei mass media come strumento di propagazione della vita e dell’opera del Fondatore, specialmente in questo tempo dove il virtuale si fa sempre più reale. E godo immensamente nel sapere che anche nella nostra parrocchia di Santa Felicita e Figli Martiri di Fidene, sta nascendo un nuovo strumento di comunicazione anche a servizio di don Giustino e della sua opera.
A voi i mei fervidi auguri e la mia benedizione.
 
La redazione di Fidene in rete