Quale prezzo il cristianesimo paga alla dottrina dei diritti umani? Può pagarlo? E se lo paga, aggiorna o trasforma il messaggio cristiano? E i diritti umani hanno un fondamento sicuri, o sono l’ultimo illusorio ‘assalto al cielo’ dell’uomo moderno che pensa di fare da sé, prescindendo da Dio? Sono gli interrogativi che Marcello Pera si pone in ‘Diritti umani e cristianesimo. La Chiesa alla prova della modernità’. Domande sulla “posta in gioco sui diritti umani” che l’ex presidente del Senato e filosofo, considerato tra i massimi studiosi del pensiero di Karl Popper, sostiene debbano porsi non solo i credenti, ma anche i “non credenti ed i laici”, “affinché la modernità, che così tanto essi apprezzano, non prenda la via del degrado spirituale e morale o del declino della nostra civiltà”.
In un lavoro che raccoglie anche “commenti e suggerimenti” del Papa Emerito Benedetto, Pera sostiene che “dopo secoli di ostilità, durante i quali furono considerati anatema, oggi ‘la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole, proclama i diritti umani’, secondo l’espressione usata dal Concilio Vaticano II, e considera questa proclamazione come un ‘aggiornamento’ del messaggio cristiano. Sul fronte opposto, i diritti umani sono considerati beni di giustizia che si possono giustificare sulla base della ragione ed esportare ovunque”. Tesi di cui l’autore dice di dubitare.
“Penso che, accettando i diritti umani, in particolare i diritti sociali – riflette Marcello Pera – la Chiesa abbia riveduto il suo tradizionale insegnamento che mette al centro del comportamento cristiano i doveri dell’uomo verso Dio, non i suoi diritti verso gli altri uomini. Penso anche che non esista una correlazione stretta fra doveri e diritti che giustifichi questa revisione. E penso, infine, che quel dialogo che, tramite i diritti umani, la Chiesa intende intrattenere con il mondo moderno sia piuttosto una mela proibita. La tesi che sostengo in questo libro è che i diritti umani appartengono più alla storia della secolarizzazione che a quella della salvezza. Essi presuppongono un’antropologia dell’uomo, una concezione della persona umana e un finalismo della storia terrena difficilmente compatibili con l’escatologia cristiana”. Nella proliferazione dei diritti umani, Pera vede avanzare “parecchi rischi” per la cultura secolare.
Per tutti, “l’autofagia: i diritti, espandendosi, finiscono con il magiare se stessi”. Rischi che non sarebbero meno gravi per il cristianesimo. Il primo è, per Marcello Pera, la secolarizzazione della religione. I precetti evangelici – ragiona – primo fra tutti quello della carità, rischiano di essere ridotti a rafforzamenti religiosi delle disposizioni delle carte dei diritti”. Ma anche, “la trasformazione del messaggio cristiano in un codice solo morale e politico- Se la Chiesa proclama i diritti dell’uomo in nome del Vangelo contro la corruzione, o sfruttamento, la criminalità. la finanza o il capitalismo, il Vangelo rischia di diventare legge di moralità e di politica, la Chiesa di legarsi ad uno specifico regime politico ed il credente cristiano di trasformarsi in un militante per la pace, il benessere, il progresso”. Con un rischio finale: quello che Pera definisce “del distacco da Dio”.
E da qui il timore finale: “Non sarebbe la prima volta che, pensando di poter assecondare il mondo, la Chiesa ne diventa prigioniera”.
In Ans.it cultura, 1 ottobre 2015

Titolo Diritti umani e cristianesimo. La Chiesa alla prova della modernità
Autore Pera Marcello
Prezzo

€ 18,50
Dati 2015, 170 p., rilegato
Editore Marsilio  (collana I nodi)