Chiusi nelle nostre case ci stiamo rendendo conto di quanto repentino e dirompente sia il cambiamento portato dall’epidemia nelle vite dei “cittadini del mondo”. Anche quando l’emergenza sarà dietro le nostre spalle infatti difficilmente tornerà tutto come prima. La più illustre vittima del Corona Virus, già a breve, potrebbe essere il senso di onnipotenza che domina l’uomo contemporaneo e la sua convinzione, fondata sullo sviluppo economico e tecnologico, di poter andare oltre quei limiti e quelle fragilità che non si possono superare. E che in fondo ci rendono ciò che siamo.

Sembra tutto surreale. Il silenzio spettrale, rotto saltuariamente da qualche auto in transito e l’immobilità opprimente attorno a noi. Tutto sospeso. Un limbo feroce in cui siamo immersi, in attesa che qualcosa si muova. Cambi. E che l’agognata normalità arrivi a salvarci da questa prigione fatta di paura. Più trascorrono le ore, tempo vano, privo di avvenire immediato, e più si intuisce che i mutamenti che caratterizzeranno la nostra realtà saranno epocali. Sì, è paradossale. Tutto è fermo, ma se guardiamo bene attraverso il velo immoto che annebbia le nostre sorti, vediamo il frenetico turbinio.

Dai nostri portali virtuali perennemente schiusi sulla realtà assistiamo al dispiegarsi delle strategie, non sempre lucide, messe in atto dagli uomini di governo per contrastare l’assalto della malattia. In tutto questo caos la verità, semplice e amara, si manifesta in tutta la sua evidenza: l’uomo tecnologico, forte delle sue conquiste e della sua ambizione, resta vulnerabile. Probabilmente come non lo è mai stato. In quanto a differenza del passato, oggi non c’è accettazione. Ma come? Tutta la potenza di nazioni opulente ed altezzose spazzata via da un organismo microscopico. Noi che abbiamo già inviato sonde nello spazio e pianifichiamo viaggi interstellari, ora non possiamo più nemmeno andare a passeggiare al parco? Allora non siamo così invincibili come credevamo. Non è sufficiente quello che abbiamo ad evitarci questa clausura, tragica e grottesca insieme, come unica via di salvezza.

Molti esortano, non senza ragione, a ripensare completamente l’economia e la politica. A prendere atto, come in effetti parrebbe, del crollo dell’Europa come noi la conosciamo: da Schengen e la libera circolazione ai confini blindati; dai parametri finanziari ferrei e intangibili ai 550 miliardi di euro che la Germania si appresterebbe a stanziare per salvare la propria egemonia. Ed è solo l’inizio. Certi slogan che ci sono stati presentati per anni come dogmi di fede si rivelano ora come mera retorica posticcia, buona per tempi di serenità e sicurezze. Un gioco che viene travolto dalla drammaticità degli accadimenti e che non sarà possibile riproporre quando tutto sarà finito. Perché allora nessuno avrà più voglia di essere preso in giro. Siamo ad un crocevia della storia.

E allora cogliamo l’occasione anche per una riflessione più ampia su noi stessi. Traiamo forza dalle nostre debolezze, non per rassegnarci supinamente ai colpi del destino, ma per affrontare i problemi con la consapevolezza di ciò che siamo: splendidamente imperfetti, in grado di ambire alle vette restando creature caduche. Impariamo che non sono gli oggetti che ci sommergono a donarci la felicità cui aspiriamo. E che le crescite infinite su cui si fonda il nostro modello di sviluppo economico e ormai, purtroppo, anche le nostre esistenze da esso condizionate e plasmate, possono esistere in matematica ma non in natura. E noi siamo natura.

Negare queste verità significa distruggere quello di cui siamo parte. Chissà, forse possiamo immaginare un dialogo tra il virus e l’uomo come nella celebre favola di Esopo “Lo scorpione e la rana”, in cui il virus-scorpione punge l’umanità dicendo “è la mia natura” e l’uomo, cambiando il finale, sopravvive sconfiggendo il morbo e chiosando: “Lo so, veniamo dallo stesso posto”. Se capiamo che la natura non è nostra nemica neppure quando ci fa del male e che l’unico infinito a cui apparteniamo non è materiale o economico, ma intellettuale e spirituale, ce la faremo. E quando torneremo ad uscire di casa saremo più umani. E tutto quello che stiamo passando sarà perfino stato utile.

Marco Bombagi