Ultime conversazioni di Benedetto XVI è un testamento spirituale, un lascito intimo e personale del papa che più di ogni altro è riuscito ad attirare l’attenzione sia dei fedeli sia dei non credenti sul ruolo della Chiesa nel mondo contemporaneo. Indimenticabile resta la scelta di abbandonare il pontificato e di rinunciare al potere: un gesto senza precedenti e destinato a cambiare per sempre il corso della storia. In questo libro, una lunga intervista con il giornalista Peter Seewald, il papa affronta per la prima volta i tormenti, la commozione e i duri momenti che hanno preceduto le sue dimissioni; ma risponde anche, con sorprendente sincerità, alle tante domande sulla sua vita pubblica e privata: la carriera di teologo di successo e l’amicizia con Giovanni Paolo II, i giorni del Concilio Vaticano e l’elezione al papato, gli scandali degli abusi sessuali del clero e i complotti di Vatileaks. Benedetto XVI non si tira indietro su alcun argomento raccontandosi con estremo coraggio e alternando ricordi personali a profonde preghiere cariche di speranza sul futuro della fede e della cristianità. Un’occasione privilegiata per rivivere e riascoltare i pensieri e gli insegnamenti di un uomo straordinario capace di amare e di stupire il mondo.
Peter Seewald (Bochum, 1954), scrittore e giornalista tedesco, ha scritto per lo «Spiegel», lo «Stern» e la «Süddeutsche Zeitung». Vive e lavora a Monaco di Baviera. I suoi precedenti libri intervista con Benedetto XVI, Sale della terra (1996), Dio e il mondo (2000) e Luce dal mondo (2010), sono stati tradotti in varie lingue diventando ovunque bestseller.
 
Descrizione
Titolo:Ultime conversazioni
Editore:Garzanti Libri
Prezzo: 12,90
EAN:9788811688242
Data:settembre 2016
Collana:Saggi
 
 
Straordinaria la libertà con cui parla di sé e di Bergoglio
di Luigi Accattoli

Le Ultime conversazioni di papa Benedetto è un libro godibile e straordinario per più ragioni e non solo perché non si era mai visto un Papa che tira il bilancio del proprio Pontificato. Straordinaria è innanzitutto la libertà con cui Benedetto parla del successore, di se stesso e di dove va la Chiesa. Si dice «felice» dell’elezione di Bergoglio, difende il proprio operato. Godibile è la schiettezza delle confidenze anche più minute, custodite con scrupolo in tanti anni: scrive solo a matita e mai a penna, quando deve «ponderare bene una questione» si sdraia sul divano. Venendo in Italia si è appassionato alla «pennichella». Dal 1997 ha un pacemaker e non vede dall’occhio sinistro. Siamo colpiti dalla libertà con cui Francesco parla in aereo — ma anche a terra — su ogni questione che gli venga posta, ma ecco che lo fa anche il Papa emerito: a gara si erano spogliati del rosso e a gara liberano la figura papale dai codici linguistici che la bloccavano più della tiara. Questo libro costituisce una riprova convincente del buon rapporto che lega i due papi: se vi fosse stata anche solo una minima difficoltà, né l’emerito — che compirà novant’anni il prossimo aprile — avrebbe osato proporre una tale pubblicazione, né il successore — che compirà gli ottanta a dicembre — l’avrebbe autorizzata.
in “Corriere della Sera” del 8 settembre 2016
 
 
Benedetto XVI: non mi sento un fallito
di Benedetto XVI

Scrive: «Il governo pratico non è il mio forte e questa è certo una debolezza. Ma non riesco a vedermi come un fallito». «Francesco è l’uomo della riforma pratica… e ha anche l’animo per mettere mano ad azioni di carattere organizzativo». Lo dice Benedetto XVI, papa Ratzinger, nel libro-intervista Ultime conversazioni in edicola con il Corriere e nelle librerie con Garzanti.
Ho scritto io la rinuncia
Il testo della rinuncia l’ho scritto io. Non posso dire con precisione quando, ma al massimo due settimane prima. L’ho scritto in latino perché una cosa così importante si fa in latino. Inoltre il latino è una lingua che conosco così bene da poter scrivere in modo decoroso. Avrei potuto scriverlo anche in italiano, naturalmente, ma c’era il pericolo che facessi qualche errore.
Non ero ricattato
Non si è trattato di una ritirata sotto la pressione degli eventi o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte. Nessuno ha cercato di ricattarmi. Non l’avrei nemmeno permesso. Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato perché non bisogna lasciare quando si è sotto pressione. E non è nemmeno vero che ero deluso o cose simili. Anzi, grazie a Dio, ero nello stato d’animo pacifico di chi ha superato la difficoltà. Lo stato d’animo in cui si può passare tranquillamente il timone a chi viene dopo.
Felice del successore
Il mio successore non ha voluto la mozzetta rossa. La cosa non mi ha minimamente toccato. Quello che mi ha toccato, invece, è che già prima di uscire sulla loggia abbia voluto telefonarmi, ma non mi ha trovato perché eravamo appunto davanti al televisore. Il modo in cui ha pregato per me, il momento di raccoglimento, poi la cordialità con cui ha salutato le persone tanto che la scintilla è, per così dire, scoccata immediatamente. Nessuno si aspettava lui. Io lo conoscevo, naturalmente, ma non ho pensato a lui. In questo senso è stata una grossa sorpresa. Non ho pensato che fosse nel gruppo ristretto dei candidati. Quando ho sentito il nome, dapprima ero insicuro. Ma quando ho visto come parlava da una parte con Dio, dall’altra con gli uomini, sono stato davvero contento. E felice.
La Chiesa è viva
L’elezione di un cardinale latino-americano significa che la Chiesa è in movimento, è dinamica, aperta, con davanti a sé prospettive di nuovi sviluppi. Che non è congelata in schemi: accade sempre qualcosa di sorprendente, che possiede una dinamica intrinseca capace di rinnovarla costantemente. Ciò che è bello e incoraggiante è che proprio nella nostra epoca accadono cose che nessuno si aspettava e mostrano che la Chiesa è viva e trabocca di nuove possibilità.
Riforme: non sono forte
Ognuno ha il proprio carisma. Francesco è l’uomo della riforma pratica. È stato a lungo arcivescovo, conosce il mestiere, è stato superiore dei gesuiti e ha anche l’animo per mettere mano ad azioni di carattere organizzativo. Io sapevo che questo non è il mio punto di forza.
Sulla lobby gay vaticana
Effettivamente mi fu indicato un gruppo, che nel frattempo abbiamo sciolto. Era appunto segnalato nel rapporto della commissione di tre cardinali che si poteva individuare un piccolo gruppo di quattro, forse cinque persone. L’abbiamo sciolto. Se ne formeranno altri? Non lo so. Comunque il Vaticano non pullula certo di casi simili.
La Chiesa cambi
È evidente che la Chiesa sta abbandonando sempre più le vecchie strutture tradizionali della vita europea e quindi muta aspetto e in lei vivono nuove forme. È chiaro soprattutto che la scristianizzazione dell’Europa progredisce, che l’elemento cristiano scompare sempre più dal tessuto della società. Di conseguenza la Chiesa deve trovare una nuova forma di presenza, deve cambiare il suo modo di presentarsi. Sono in corso capovolgimenti epocali, ma non si sa ancora a che punto si potrà dire con esattezza che comincia uno oppure l’altro.
Non sono un fallito
Un mio punto debole è forse la poca risolutezza nel governare e prendere decisioni. Qui in realtà sono più professore, uno che riflette e medita sulle questioni spirituali. Il governo pratico non è il mio forte e questa è certo una debolezza. Ma non riesco a vedermi come un fallito. Per otto anni ho svolto il mio servizio. Ci sono stati momenti difficili, basti pensare, per esempio, allo scandalo della pedofilia e al caso Williamson o anche allo scandalo Vatileaks; ma in generale è stato anche un periodo in cui molte persone hanno trovato una nuova via alla fede e c’è stato anche un grande movimento positivo.
Mi preparo alla morte
Bisogna prepararsi alla morte. Non nel senso di compiere certi atti, ma di vivere preparandosi a superare l’ultimo esame di fronte a Dio. Ad abbandonare questo mondo e trovarsi davanti a Lui e ai santi, agli amici e ai nemici. A, diciamo, accettare la finitezza di questa vita e mettersi in cammino per giungere al cospetto di Dio. Cerco di farlo pensando sempre che la fine si avvicina. Cercando di prepararmi a quel momento e soprattutto tenendolo sempre presente. L’importante non è immaginarselo, ma vivere nella consapevolezza che tutta la vita tende a questo incontro.
in “Corriere della Serra” del 8 settembre 2016