Tre giorni serrati, da domenica prossima a martedì 20. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’inaugurazione e papa Francesco ad accompagnare l’intera giornata conclusiva. Trent’anni dopo l’intuizione di Wojtyla, Assisi torna ad essere la capitale mondiale della pace e del dialogo, nello spirito del Santo di cui il pontefice ha voluto prendere il nome. Nel 1986 il mondo era ancora diviso dalla guerra fredda, oggi c’è quella «terza guerra mondiale a pezzi» che Bergoglio non si stanca di denunciare. Conflitti, terrorismo, migrazioni forzate, violenze. In tutto questo, il ruolo delle religioni è più che mai decisivo, come spiega il cardinale Pietro Parolin nel testo che pubblichiamo: la riflessione del Segretario di Stato vaticano farà parte del volume «Lo spirito di Assisi» che sarà donato a leader religiosi e ospiti. L’incontro «Sete di pace, religioni e culture in dialogo» è stato organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio assieme alle famiglie francescane e alla diocesi di Assisi (programma in Rete su santegidio.org e sanfrancesco.org). Si attendono oltre 450 tra leader religiosi (cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, scintoisti, giainisti, zoroastriani, sikh, induisti e altri), esponenti della cultura e delle istituzioni. Mai così tanti i musulmani: si parla di 26 delegazioni. La strategia del dialogo di Francesco va avanti. Da lunedì 29 «panel» discuteranno le sfide più urgenti del pianeta. Il Papa martedì incontrerà il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, il patriarca siro-ortodosso di Antiochia, Efrem II, i vertici musulmani ed ebrei. Si spera nella presenza di Ahmad al-Tayyeb, imam dell’università del Cairo Al-Azhar, massima autorità dell’Islam sunnita. Le religioni pregheranno in diversi luoghi della città. La conclusione davanti al Sacro Convento: interventi, silenzio in preghiera e la firma di un appello per la pace.
Assisi, 450 leader di ogni religione, di Gian Guido Vecchi, “Corriere della Sera” del 13 settembre 2016
 
 
Assisi, con il Papa non solo leader religiosi ma anche un gruppo di profughi
di Iacopo Scaramuzzi

Non solo leader delle altre religioni, ma anche un gruppo di rifugiati prenderà parte all’incontro internazionale per la pace che si svolgerà ad Assisi da domenica a martedì prossimi (18-20 settembre) e si concluderà martedì con Papa Francesco.
Al pranzo con il Papa nel refettorio del Sacro convento, ha reso noto il presidente della comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, nel corso di una conferenza stampa di presentazione nella sede della Radio vaticana, oltre agli altri leader religiosi sarà presente un gruppo di 25 rifugiati: 10 sono ospiti della stessa comunità a Roma, dove sono giunti grazie ai corridoi umanitari realizzati da Sant’Egidio insieme alla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), 10 sono ospiti del «Cara» di Roma e cinque, infine, sono ospiti della Caritas di Assisi. Sul palco, durante la cerimonia conclusiva dello stesso pomeriggio, prenderà poi la parola una donna armena di Aleppo rifugiata in Toscana.
Alla tre-giorni di Assisi, hanno reso ufficialmente noto gli organizzatori durante la conferenza stampa (oltre al presidente di Sant’Egidio, padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro convento di Assisi, e il vescovo di Assisi Domenico Sorrentino), prenderanno parte oltre 500 ospiti, tra leader di nove diverse religioni, politici, premi Nobel per la pace, intellettuali. Prevista anche la presenza in quei giorni ad Assisi di 12mila pellegrini. Città blindata per motivi di sicurezza? «Sarà messa in sicurezza, certo, ma la città non sarà blindata», ha precisato padre Fortunato.
L’appuntamento, che cade a trent’anni dal primo incontro di Assisi voluto da Giovanni Paolo II nel 1986 e si intitola, quest’anno, «Sete di pace. Religioni e culture in dialogo», verrà inaugurato domenica 18 settembre alle 16.30 al teatro Lyrik alla presenza del Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella. Dopo i saluti inaugurali di monsignor Sorrentino e della presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini, interverranno il fondatore della comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi e il patriarca ortodosso ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. Seguirà un momento musicale con il mastro Uto Ughi. Prenderanno poi la parola il noto sociologo Zygumnt Bauman, il presidente della Repubblica centrafricana, Faustin-Archange Touadera, il presidente dell’assemblea nazionale della Repubblica del Sudafrica, Baleka Mbete, a cui seguiranno poi le testimonianze dell’arcivescovo di Rouen, in Francia, dove due terroristi hanno assassinato il 26 luglio il prete Jacques Hamel, monsignor Dominique Lebrun, del vescovo Domenico Pompili di Rieti, che ricorderà il sisma che ha recentemente colpito il centro Italia, e di Cesar Alierta di ProFuturo Spagna, promotore di un progetto di educazione informatica per i giovani in Africa. Tre esponenti religiosi concluderanno la cerimonia inaugurale, il rabbino israeliano Avraham Steinberg, il consigliere politico del Gran muftì del Libano Mohammad Sammak e il presidente del buddismo Risso Kosei-kai giapponese Nichiko Niwano.
Durante le giornate di Assisi, peraltro, le diverse comunità di fede avranno momenti di preghiera ognuno in un luogo distinto: «Non si tratta di fare una insalata di esperienze religiose», ha precisato monsignor Sorrentino, escludendo la possibilità di un «sincretismo fondato sul relativismo». I numerosi «panel» tematici che si svolgeranno nei giorni successivi vedranno la partecipazioni di cardinali (Walter Kasper, Antonio Maria Vegliò, Francesco Montenegro, Gualtiero Bassetti, il francese Philippe Barbarin, il filippino Orlando Beltran Quevedo, lo spagnolo Lluis Martinez Sistach, il nigeriano John Olorunfemi Onaiyekan), vescovi, esponenti del mondo protestante (tra gli altri il presidente del Consiglio ecumenico delle Chiese Olav Fykse Tveit), rabbini (dall’israeliano Yisrael Meir Lau all’argentino Abraham Skorka al romano Riccardo Di Segni), esponenti del mondo musulmano (in ragione della festa islamica del sacrificio di Abramo (Eid al Adha in arabo), non c’è ancora la conferma della presenza del grande imam di al-Azhar Ahmad Al-Tayyb) e di altre religioni, imprenditori e giornalisti, intellettuali e parlamentari. Il governo italiano sarà presente con i ministri della Giustizia, Andrea Orlando, della Pubblica istruzione, Stefania Giannini, e dell’Ambiente, Gianluca Galletti, e il viceministro agli Esteri Mario Giro. Tra gli esponenti di zone del mondo toccate da situazioni geopolitiche difficili, i tunisini premio nobel per la pace 2015 Hassine Abbasi e Amer Meherzi, lo scrittore turco Nedim Guersel, Leyla Ferman della comunità yazida irachena, Shahan Sarkissian, primate armeno ortodosso di Aleppo in Siria.
L’incontro si concluderà martedì 20 settembre alle 16 con una cerimonia alla presenza del Papa, che giungerà ad Assisi già in mattinata, e sarà preceduta da una preghiera e una processione per la pace, e sarà scandita, nella piazza inferiore di San Francesco, dai saluti di vari leader religiosi, il discorso del Pontefice, un momento di silenzio in memoria delle vittime delle guerre e del terrorismo, la firma di un appello per la pace, l’accensione di alcuni candelabri e lo scambio finale di un segno della pace.
in “La Stampa-Vatican Insider” del 13 settembre 2016
 
 
La forza debole della preghiera che nel 1986 unì un mondo lacerato
di Pietro Parolin
Il 27 ottobre 1986 un fatto senza precedenti squarciò il muro del pessimismo e della rassegnazione in un mondo ancora diviso dalla cortina di ferro e dove la guerra, seppure fredda in molte situazioni, era considerata una compagna inevitabile della vita degli uomini. Convocando i leader delle grandi religioni mondiali ad Assisi per pregare per la pace, Giovanni Paolo II si assunse la responsabilità di aprire una via in cui le religioni si impegnavano, con maggiore slancio e nuova forza, su questo grande tema. Quella storica giornata e lo spirito che ne è scaturito parlano non soltanto di pace ma anche di unità del genere umano. Assisi 1986, pur nella sua straordinaria novità, veniva da lontano: era il frutto di una stagione di dialogo. Un dialogo sviluppatosi lungo un secolo, il Novecento, pieno di speranze e al tempo stesso di immani sofferenze. In quel secolo terribile che — secondo recenti stime — ha contato 180 milioni di morti per la guerra, qualcosa ha avvicinato i credenti. Nella seconda metà del Novecento gente di religione diversa si è parlata e si è incontrata come mai nella storia.
Assisi 1986 è il frutto maturo di questa stagione: i leader religiosi insieme davanti al mondo, insieme in preghiera, come cercatori di pace. Non si è trattato di un rito in più, ma della manifestazione comune della fiducia nelle energie spirituali e nella straordinaria forza debole della preghiera. Una preghiera senza commistioni sincretistiche, ma rispettosa delle diversità. È utile rileggere le parole di Giovanni Paolo II nel discorso conclusivo sulla piazza di San Francesco: «Forse mai come ora nella storia dell’umanità è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace… la preghiera è già in se stessa azione, ma ciò non ci esime dalle azioni al servizio della pace».
Nei fondamenti di tutte le tradizioni religiose è scritto il valore della pace. È ciò che è alla base dell’iniziativa di Assisi e che aiuta a superare tante distanze, talvolta abissi, tra mondi diversi.
Il nostro è un tempo in cui genti di religione o di etnia diversa vivono più insieme. È l’esperienza dell’Europa di fronte all’immigrazione, ma anche di una nuova comunanza tra Est e Ovest e tra Nord e Sud. È anche la sfida del mondo virtuale in cui si entra sempre più a contatto con tutti: nel virtuale si vive sempre più assieme e si è destinati a incrociarsi con chi è diverso da sé. È, infine, la sfida di un mondo in cui si vede tutto e si vede sempre più la ricchezza di pochi e la miseria di tanti, come spesso ci suggerisce papa Francesco.
Convivere è la realtà di molti popoli, di molte religioni, di tanti gruppi. Non sempre è facile. Una convivenza con troppe differenze, orizzonti troppo ampi quali quelli della mondializzazione, inducono fenomeni preoccupanti che sono sotto i nostri occhi: individualismi irresponsabili, tribalismi difensivi, nuovi fondamentalismi, terrorismo.
Assisi 1986 ha aperto una via in cui ogni religione deve lasciar cadere ogni tentazione fondamentalista ed entrare in uno spazio di dialogo che è l’arte paziente di ascoltarsi, di capirsi, di riconoscere il profilo umano e spirituale dell’altro. Dal seno delle tradizioni religiose, capaci di dialogo, emerge l’arte del convivere così necessaria in una società plurale come la nostra. È arte della maturità delle culture, delle personalità, dei gruppi. È impegno costante per la pace nel locale e nel globale.
Le Scritture cristiane ricordano che Gesù «è la nostra pace». Fa loro eco il magistero dei Papi del Novecento sullo stesso tema, fino a giungere a quello di papa Francesco.
Le religioni non hanno la forza politica per imporre la pace ma, trasformando interiormente l’uomo, invitandolo a distaccarsi dal male, lo guidano verso un atteggiamento di pace del cuore. La religione
ha un’energia di pace, che deve liberare e manifestare. Ogni religione ha la sua strada.
Ma tutte hanno una responsabilità decisiva nella convivenza: il loro dialogo tesse una trama pacifica, respinge le tentazioni a lacerare il tessuto civile, a strumentalizzare le differenze religiose a fini politici. Ma questo richiede audacia e fede agli uomini e alle donne di religione. Richiede coraggio. Richiede di abbattere con la forza morale, con la pietà, con il dialogo, i tanti muri di separazione che si alzano nel mondo.
*Segretario di Stato vaticano
in “Corriere della Sera” del 13 settembre 2016
Di |2016-09-14T13:00:47+02:00Settembre 14th, 2016|Approfondimenti|Commenti disabilitati su Assisi “Sete di pace. Religioni e culture in dialogo”: a trent’anni dal primo incontro voluto da Giovanni Paolo II nel 1986

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