Le conseguenze della “Quarta rivoluzione” nella scuola italiana: l’impatto della tecno-informatica sulla comunicazione, la formazione e l’acquisizione della conoscenza per la formazione dell’uomo del domani e il futuro cittadino.
La diffusione dello sviluppo tecnologico è sempre più dirompente, viviamo connessi gli uni con gli altri, ad una velocità come mai prima nella storia, senza soluzione di continuità. Stiamo, progressivamente, tutti diventando parte di un “infosfera globale” in cui l’on-line definisce le nostre attività quotidiane e il nostro stesso essere. Innegabile, l’affermazione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione è una vera e propria trasformazione: infatti viene paragonata ad una rivoluzione che, dopo quella di Copernico, Darwin e Freud, è descritta come la “quarta”. Una insurrezione che sta modificando non solo il nostro modo di agire ma la stessa identità dell’essere umano ed in particolare influisce fortemente sulle nuove generazioni. Le quali nascono a contatto con questi nuovi strumenti e crescono avendoli tra le mani: frequentano con padronanza i social media e attraverso di essi esprimono sé stessi e la loro visione della vita e di stare nel mondo.
Incontriamo la Dirigente Scolastico dell’Istituto omnicomprensivo “A. Giordano” di Venafro che si trova nella provincia di Isernia, in Molise. La professoressa Carmela Concilio è un vulcano di energia a servizio della scuola. Ci fa accomodare nel suo ufficio, una porta sempre aperta per ascoltare, accompagnare, risolvere problemi e organizzare attività, per favorire nel migliore dei modi la crescita e la formazione dei suoi alunni. Sì, perché considera tutti suoi studenti anche se non può stare direttamente nella classe. Con lei riflettiamo e ci domandiamo quale sia stato l’impatto della “quarta rivoluzione” nell’istituto scolastico che dirige.
 
L’intervista
 
Ringraziandola di questo tempo che ci dedica nonostante i suoi molteplici impegni, le chiediamo di raccontarci come e quanto abbiano inciso le nuove tecnologie informatiche nella scuola che dirige?
La velocità con cui le TIC (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione), in inglese ICT (Information and Communication Technology), si evolvono ha determinato la trasformazione del mondo in un “villaggio globale”, espressione che Marshall McLuhan, uno studioso delle comunicazioni di massa, usò per la prima volta nel 1964 e che oggi è divenuta di strettissima attualità.
La telematica ha rivoluzionato il mondo delle telecomunicazioni, stravolgendo il tradizionale concetto di distanza geografica e creando il cosiddetto cyberspazio o spazio cibernetico in cui si rende possibile l’ubiquità virtuale, cioè la possibilità di stare ovunque restando comodamente seduti in casa. Uno degli aspetti critici della globalizzazione culturale, che riguarda in particolare i giovani e coinvolge anche la scuola, è senza dubbio la modificazione del modo di comunicare: i contatti interpersonali sono spesso sostituiti dalla comunicazione telematica attraverso le chat, i social network o i telefonini, con ripercussioni negative anche sull’uso corretto della lingua nazionale.
Per le svariate implicazioni della diffusione di tecnologie e strumenti della comunicazione, la nostra società deve porre la scuola tra le sue priorità assolute e investire in istruzione e formazione servendosi, in maniera sempre più pervasiva, delle nuove tecnologie multimediali, sia per porsi al passo coi tempi e rendere le competenze acquisite spendibili nel mondo del lavoro sia per approcciare diversamente i giovani, i quali sono sempre più esperti nell’uso dei nuovi strumenti telematici ma non hanno un sufficiente senso critico e consapevolezza riguardo all’impatto delle NT nella propria vita personale e culturale.
L’Istituto che dirigo è sicuramente all’avanguardia per la presenza di PC e LIM in tutte le classi, laboratori multimediali e per ogni indirizzo di studio (impresa formativa simulata, odontotecnico, linguistico). Quello che manca, come in molte scuole, è una preparazione adeguata di molti docenti nell’uso didattico delle nuove tecnologie che, a mio avviso, non possono sostituire, ma solo integrare, il dialogo didattico-educativo tradizionale.
 
La scuola si trova ancora in un momento di passaggio, dove ancora in parte esiste il cartaceo, libri, quaderni e dizionari: come state affrontando questo momento di inserimento e di avviamento che ci porterà inevitabilmente verso la completa digitalizzazione?
Sicuramente è stato più facile affrontare il processo di dematerializzazione amministrativa che l’inserimento pieno ed efficace delle TIC nella didattica. L’obiettivo principale della nostra scuola, come di tutte, ormai, è la formazione dei docenti, soprattutto improntata su un cambio di forma mentis che consenta loro di comprendere i vantaggi e utilizzare le potenzialità delle nuove tecnologie. Non credo che nell’immediato futuro la scuola potrà raggiungere la completa digitalizzazione dei mezzi e strumenti per la didattica e l’apprendimento, e sono convinta che anche le nuove tecnologie abbiano punti di forza e punti di debolezza.
 
Nelle classi oramai pare essere indispensabile l’utilizzo del Computer e della LIM (Lavagna Interattiva Multimediale). Cosa che modifica la didattica e di conseguenza l’apprendimento degli studenti: secondo la sua esperienza quali sono i limiti di questo nuovo sistema di apprendimento e quali sono i vantaggi?
Senza dubbio il progetto che ha avuto un impatto forte in termini numerici è il Piano nazionale di diffusione delle LIM (Lavagna Interattiva Multimediale) che, avviato dal MIUR nel 2009, ha contribuito poi a rendere più familiare questo “oggetto”, distribuendo alcune migliaia di lavagne digitali nelle scuole, mentre l’ANSAS ha progettato un piano di formazione volto ad offrire ai docenti un supporto per la progettazione e la conduzione di attività didattiche con la LIM. I destinatari della formazione sono i docenti del consiglio della classe in cui è installata la dotazione tecnologica; gli interventi formativi sono rivolti alle scuole primarie e alle secondarie di I e II grado per gli anni scolastici 2009/2010 e 2011/2012. Il Piano è stato supportato dal progetto ministeriale “Scuola Digitale”, ideato nel 2009 e teso, come i precedenti, a sviluppare conoscenze e competenze a supporto di un’efficace introduzione della LIM nella didattica. Da esso ha preso vita il progetto Cl@ssi 2.0, rivolto a istituti comprensivi e secondarie di primo grado, che prevede una formazione in modalità blended, con l’aiuto di un coacher ministeriale, e una community on line al fine di pubblicizzare e scambiare materiali e prassi didattiche, idee, prodotti, buone pratiche.
Questo strumento, la lavagna interattiva multimediale, permette di visualizzare e interagire con immagini, testi, animazioni, video, trasformando l’aula scolastica in un ambiente raggiunto da molti media: grazie all’uso di software creati allo scopo, consente ai docenti di creare quiz interattivi e mappe concettuali, di fruire o creare learning object o video digitali. Grazie al WEB 2.0, inoltre, con le LIM è possibile realizzare il blog di classe sul sito della scuola, corredato da podcasts (cioè file audio o video da poter scaricare), oppure un wiki di classe o una webquest, attività tutte che si basano su una metodologia di stampo costruttivista nelle quali il docente potrà valutare non solo il prodotto finale e i contenuti appresi, ma anche abilità trasversali e metacognitive che sono alla base del principio di ”apprendimento permanente”, come la capacità di selezionare materiali e fonti con senso critico e di collaborare alla costruzione del sapere. La LIM, inoltre, utilizzata come una semplice lavagna, consente di sottolineare o evidenziare con pennarelli di vario colore, di inserire parti di testo digitale, di utilizzare set di strumenti come il compasso, il goniometro, la calcolatrice, la carta millimetrata, il pentagramma, e così via.
Alla fine del primo anno scolastico di formazione e utilizzo della LIM nelle scuole, dalla lettura di forum dei docenti, si evincevano già atteggiamenti ora di entusiasmo verso i nuovi strumenti tecnologici di supporto alla didattica tradizionale ora di rifiuto di un mezzo che spesso è visto come antagonista del docente, del libro e delle metodologie didattiche più tradizionali.
 
Quali sono i rischi e i punti di forza delle tecnologie informatiche nella scuola e per la formazione degli studenti?
È innegabile che le TIC possono assumere un ruolo importante nei processi di insegnamento/apprendimento sia di tipo individualizzato che collaborativo, a condizione che si parta dal presupposto che non sono importanti gli strumenti in sé, ma è la conoscenza delle loro caratteristiche e potenzialità che permette di avere un efficace supporto nell’attività di insegnamento.
L’uso delle nuove tecnologie può aumentare la capacità di apprendimento e di produttività individuale, se utilizzate dal docente per valorizzare le doti del singolo allievo, rispettando tempi e modalità di apprendimento di ognuno e facendo leva sull’interesse suscitato in essi dalle attività legate alle new technology.
Occorre poi ricordare che le TIC sono fondamentali per la ricerca e la condivisione delle informazioni: attraverso la rete Internet, i motori di ricerca o le enciclopedie multimediali in CD-rom è possibile selezionare i contenuti da presentare e condividerli (mediante posta elettronica, forum, chat, blog, mailing-list) sia con gli allievi, favorendo l’apprendimento collaborativo, sia con altri insegnanti, incrementando lo scambio di informazioni, materiali, esperienze, progetti.
In secondo luogo, grazie alle straordinarie possibilità di comunicazione delle TIC, è possibile creare comunità “virtuali” di apprendimento, favorendo la socializzazione degli allievi, aiutandoli a confrontarsi, ad aiutarsi, a cercare soluzioni ai problemi e a esprimere le proprie opinioni, collaborando non solo all’interno della stessa classe ma tra classi dello stesso istituto o anche di altre scuole. Lavorare insieme su uno stesso compito con persone fisicamente distanti, in taluni casi diverse per forme di intelligenza e stili di pensiero, crea una potenzialità straordinaria, arricchendo a dismisura quello che potrebbe essere il lavoro di un gruppo classe. La comunità virtuale diviene così un laboratorio di idee, un luogo di incontro di differenti punti di vista, di tante zone di “sviluppo prossimale”, per dirla con Vygotskij, e, dunque, luogo di sviluppo e di apprendimento per eccellenza. È il cosiddetto “apprendimento collaborativo” (cooperative learning) che, messa da parte la lezione frontale e lo studio individuale, si fonda sulla cooperazione tra alunni e docenti attraverso la condivisione di conoscenze e informazioni nel gruppo, valorizzando la dimensione comunicativa e le interazioni sociali tra gli studenti. I prodotti multimediali dell’apprendimento collaborativo, basato sulle teorie del costruttivismo sociale, potrebbero essere mappe concettuali, ipertesti, anche interdisciplinari, giornalini scolastici o di classe, blog tematici, che richiedono l’utilizzo competente e critico degli strumenti telematici per lo scambio di informazioni quali Internet, posta elettronica, chat. Si pensi, ad esempio, ai forum di discussione: far seguire alla spiegazione di un argomento o a una discussione fatta in classe, un forum, può servire a dilatare il tempo dedicato all’argomento, non relegandolo al contesto scolastico, ad arricchire e vivacizzare il confronto, stimolando gli interventi anche di coloro che in presenza sono ostacolati dalla loro timidezza. La comunicazione asincrona, modalità che caratterizza il forum o anche il blog, dà modo ai contenuti di essere ripensati, rielaborati e arricchiti e all’intervento di essere formulato in modo chiaro e corretto.
Infine, le TIC offrono una vera e propria palestra per la formazione e l’esercizio delle abilità metacognitive; basti pensare, ad esempio, alle presentazioni multimediali che richiedono non soltanto di esporre conoscenze, ma di riflettere sul modo in cui disporle e collegarle fra loro. Ciò implica che l’allievo deve avere innanzitutto chiaro l’argomento nella sua complessità e globalità, poi deve essere capace di esporlo agli altri in maniera efficace e di prevedere le domande che potrebbero sorgere per poter fornire risposte esaurienti. È abbastanza evidente che tutte queste operazioni richiedono un serio lavoro di comprensione, assimilazione e rielaborazione dei contenuti di apprendimento, che solo raramente avviene in previsione di una tradizionale interrogazione.
Si è detto, inoltre, che il nuovo linguaggio usato dai giovani per comunicare tramite i mezzi telematici, basato su abbreviazioni e acronimi, presenta spesso un uso scorretto della grammatica e della sintassi. Ebbene, attraverso l’uso “guidato” del computer nel lavoro individuale o di gruppo, è possibile per l’insegnante amplificare le capacità espressive degli studenti, spingendoli a comunicare e a esprimersi correttamente anche tramite lo strumento che è visto dai giovani esclusivamente come uno svago. Se il PC viene utilizzato, attraverso la mediazione del docente, per lo studio e la condivisione di informazioni e conoscenze con altri alunni, anche di scuole diverse, scrivere una mail, partecipare a un forum, creare siti web, gestire un blog tematico o collettivo con relativa produzione di podcasts richiederà la stessa correttezza di comunicazione di un tema svolto in classe o di una verifica orale, senza che i discenti ne sentano il peso.
Nonostante gli aspetti positivi a favore dell’introduzione delle TIC, il problema riguardante il rapporto tra didattica e nuove tecnologie rimane aperto. Le difficoltà e le resistenze sono legate a fattori quali la scarsa conoscenza informatica e un atteggiamento di rifiuto dovuto alla consapevolezza che sul piano dell’elaborazione teorica ben poco si è chiarito circa il rapporto tra l’utilizzo delle tecnologie e i risultati della didattica. La netta separazione tra cultura del libro e nuova cultura multimediale è una semplificazione esasperata di un rapporto che si pone, invece, in termini di complementarità, di integrazione tra libro e computer, perché non si potrà mai realizzare un ipertesto senza la preventiva costruzione/fruizione di un semplice testo.
Un altro problema posto dall’introduzione delle TIC a scuola è l’atteggiamento degli insegnanti che, come già detto, oscilla tra l’entusiasmo e l’ostilità, quest’ultima causata dalla considerazione degli strumenti informatici e multimediali come un “male necessario” per adeguarsi al linguaggio e al mondo giovanile e non come un naturale processo di integrazione nella knowledge society globalizzata: le nuove tecnologie non sono soltanto responsabili della perdita di forme di sapere tradizionale ma possono essere invece, se correttamente usate, dispensatrici di un notevole valore aggiunto nel processo di insegnamento-apprendimento.
Compito dell’insegnante è fare da mediatore tra le conoscenze e le capacità di assorbimento da parte dell’allievo attraverso l’uso di strumenti scelti tra quelli che ritiene più adatti e utili. Con l’avvento delle TIC, in particolare, l’insegnante è sempre meno un esperto disciplinare e sempre più un produttore e gestore di conoscenze, di strumenti e di nuove tecnologie come mediatori didattici in un ambiente dinamico, finalizzato all’apprendimento. Il suo ruolo diviene quello di docente-coacher il quale provvede a costruire, per dirla con Bruner, un’ “impalcatura” (scaffolding) per accompagnare e sostenere il processo di apprendimento, lasciando sempre più spazio e autonomia al discente.
Di fronte all’introduzione sempre più pervasiva delle TIC nelle scuole, ci si è chiesti se le nuove tecnologie accrescano o meno l’apprendimento degli allievi. In realtà, l’interrogativo sembra mal posto, visto che si può rispondere solo in termini di potenzialità dei nuovi strumenti tecnologici, che rappresentano un supporto all’attività di insegnamento/apprendimento solo se adeguatamente inseriti nel contesto culturale, didattico, cognitivo del gruppo. L’uso “selvaggio” e incondizionato delle nuove tecnologie non incrementa l’apprendimento, anzi, lo impoverisce. Non ha senso, infatti, leggere testi o fare un disegno semplice al computer quando si può farlo sul supporto cartaceo, far acquisire dati da Internet in modo acritico e senza controllarne l’utilità e l’attendibilità, utilizzare programmi e procedure automatizzate senza conoscerne bene il funzionamento. Ha senso, invece, affinché le NT assumano un valore aggiunto nella didattica, creare ipertesti multimediali su argomenti specifici o presentazioni di argomenti che incrementino le capacità di sintesi e la creatività degli studenti; impiegare il computer per operazioni di calcolo complesse dopo averne comprese le operazioni basilari o per impaginare il giornalino scolastico; usare programmi di trasformazione delle immagini; utilizzare la rete per acquisire informazioni e dati da verificare e integrare con l’utilizzo di altre fonti, anche cartacee, o per creare comunità di apprendimento tra gli allievi della classe, dell’istituto o, addirittura, di istituti di altre nazioni. In questo modo il PC non rappresenta un semplice strumento in grado di velocizzare e semplificare procedure mentali consuete ma viene concepito come “ambiente cognitivo” che modifica i processi di apprendimento e di pensiero.
Non basta introdurre i computer e la multimedialità nella scuola per ottenere un miglioramento della qualità dell’educazione: senza una adeguata preparazione specifica degli insegnanti, si rischia di banalizzare e vanificare dal punto di vista didattico l’apporto di tecnologie estremamente sofisticate.
Il problema, però, dovrebbe forse essere affrontato non costruendo professionalità specialistiche bensì attraverso una formazione di tutti gli insegnanti, in modo che le TIC non siano più concepite come attività a sé, separata dalle altre materie, ma svolgano una funzione di superamento delle barriere disciplinari. La formazione dei docenti e degli alunni sulle TIC dovrebbe andare oltre la pura istruzione tecnica all’uso degli strumenti informatici, puntando a obiettivi trasversali quali la capacità di sintesi, il saper cercare, selezionare e riorganizzare informazioni, l’educazione all’immagine, alla comunicazione iconica, alla interdisciplinarità e alla cooperazione. Se solo si pensa a quanta parte della giornata i ragazzi “nativi digitali” trascorrono tra attività con i social network, le chat, gli sms e i video streaming, ci si rende conto di come sia necessaria una adeguata formazione in questo senso dei docenti per andare incontro alla realtà plurisensoriale che essi vivono quotidianamente, ma anche per indirizzare l’utilizzo dei mezzi telematici verso una fruizione non esclusivamente ludica, ma orientata all’apprendimento.
Se ben usate, quindi, le TIC potrebbero diventare un significativo laboratorio di ricerca in cui sperimentare nuove metodologie didattiche con un approccio costruttivista, per definire un diverso rapporto docente/discente e contribuire alla costruzione di una nuova professionalità dell’insegnante più idonea alla scuola del “villaggio globale”.
 
Indubbiamente, una scuola che vuole essere all’altezza del compito di accompagnare gli studenti verso il mondo dell’università e del lavoro, non può non confrontarsi con questi nuovi linguaggi: ritiene che un corretto utilizzo dei new media possa favorire gli studenti nel diventare cittadini del domani?
Il 22/05/2018 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato una nuova Raccomandazione sulle competenze chiave, fra cui compare la competenza digitale. La parola d’ordine, dunque, è competenza, distinta dalle conoscenze e dalle abilità e, nonostante la polisemia del termine e le sue molteplici implicazioni didattiche e valutative, definita in maniera precisa nella Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente 2006 e nel Quadro europeo delle qualifiche – EQF come “capacità di utilizzare le conoscenze, le abilità e le attitudini personali, sociali e/o metodologiche” in contesti lavorativi, professionali o di studio. Il concetto di competenza, a cui oggi si è pervenuti dopo un lungo dibattito socio-psico-pedagogico e che ha un indubbio legame con il significato di Life Skills formulate nel 1993 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è sempre legato al contesto e alle risorse personali messe in campo dallo studente: creatività, emotività, operatività, senso di responsabilità, capacità di collaborazione, di adattamento, di relazione e di problem solving.
Si apprende, però, anche attraverso le emozioni, l’interesse per le discipline, la curiosità, l’amore per la conoscenza; soprattutto, attraverso la socialità, si apprende ad essere cittadini del domani, e questo non può non passare per la conoscenza della storia, del mondo classico, dei valori fondanti della nostra civiltà e della società umana.
 
Come si possono orientare i ragazzi verso queste nobili mete?
In medio stat virtus!
La tecnologia non è la risposta a tutte le domande dell’insegnamento. Non si può sostituire in toto la didattica tradizionale, in particolare nella scuola primaria. È importante che i bambini e i ragazzi apprendano un metodo di studio, l’amore per la lettura, la capacità di analisi e sintesi, lo sviluppo della memoria e della mnemotecnica, le relazioni sociali, il confronto, il dibattito culturale.
Non si può, però, neanche negare l’importanza, per tutti i motivi sopra esposti, dell’introduzione e dell’utilizzo delle nuove tecnologie nel mondo della scuola.
La chiave di tutto è sempre l’Uomo, l’insegnante come il discente, che devono servirsi e non asservirsi ai nuovi mezzi tecnologici, inserendosi nella “quarta rivoluzione” per conseguire tutte le competenze declinate dall’Europa, tra cui spiccano, a mio avviso, la competenza personale, sociale, la capacità di imparare ad imparare; la competenza in materia di cittadinanza e quella in materia di consapevolezza ed espressione culturali.
di Greco Paolo