I temi di discussione
Il 27 ottobre scorso si è concluso in Vaticano il quarto Sinodo convocato da papa Francesco. Dopo aver dibattuto nei Sinodi precedenti sui temi della famiglia (2014-15) e dei giovani(2018), in questa circostanza al centro della discussione dell’assemblea ecclesiale sono salite alla ribalta le questioni riguardanti la cultura, l’ecologia e la prassi pastorale del vasto territorio dell’Amazzonia. Hanno preso parte a tale assise non solo i 184 padri sinodali, tra cui la larga maggioranza era rappresentata dai vescovi amazzonici, ma anche missionari e missionarie, laici, laiche e membri delle popolazioni indigene residenti in questa immensa regione. All’interno di questa porzione di pianeta, da quanto emerso anche nel Sinodo, sembrerebbe si concentrino le grandi sfide globali: “dalla crisi socio ambientale al dramma delle migrazioni forzate, per finire alla convivenza tra culture e religioni differenti”.
 
Una vera e propria metanoia
La Chiesa, dunque, non può rimanere indifferente al grido dei popoli amazzonici, tramutando così l’ascolto delle loro esigenze in prassi pastorale. Questo processo, secondo i padri sinodali, richiederebbe però una profonda conversione, una vera e propria  metanoia, attraverso cui la “Chiesa – dice il punto 15 – ha l’opportunità storica di prender le distanze dalle nuove potenze colonizzatrici” esercitando, dunque, “in modo trasparente la sua attività profetica”. Tale conversione è la chiave di lettura di tutti i vari argomenti su cui si è discusso nel sinodo e dovrebbe concretizzarsi in quattro ambiti precisi: culturale, ecologico, pastorale e sinodale.  Non può però esserci una  vera e propria conversione se non si tiene sempre al centro Cristo e la sua parola. Una parola che si incarna nella storia e nei popoli grazie proprio alla missione della Chiesa.
 
La “connessione” tra il  grido dei poveri con l’annuncio del Vangelo
Ecco che, allora, il documento finale ha evidenziato la “connessione” tra il  grido dei poveri e della terra con l’annuncio del Vangelo. L’intenzione del Santo Padre, a cui sarà affidata l’ultima parola su quanto dibattuto dai vescovi per poi trascriverla nell’esortazione post sinodale, sarà senza dubbio quella di attuare proprio questa “connessione”, meglio tradotta come aggiornamento ecclesiale alla luce del Vangelo. Ciò traspare dal discorso fatto ai media cattolici, nel quale il pontefice ha detto che ci sono sempre un gruppo di cristiani di elite, selettivi “che del Sinodo vanno a vedere  che cosa si è deciso su questo punto” finendo per negare “il corpo del Sinodo”. Secondo Francesco tali gruppi individuerebbero  alcuni temi trattati in assemblea con la totalità del processo per poi attribuire la vittoria a una fazione o all’altra . Non è però questo il senso del Sinodo per il papa, anzi ha tenuto a precisare che: “abbiamo vinto tutti con la diagnosi fatta e continuiamo ad andare avanti  nelle questioni pastorali e intraecclesiastiche”.
 
Tempo di riforma
In effetti già da prima dell’apertura del Sinodo e in particolare dopo la sua conclusione, molti esponenti della Chiesa si sono espressi, ognuno secondo il proprio punto di vista, o più favorevoli ad una sorta di riforma oppure criticandola perché timorosi che potrebbe avere risvolti negativi sul piano dogmatico.  Il comunicato della REPAM ( Rete ecclesiale panamazzonica), alla fine dei lavori ha evidenziato che è oggi il tempo di attualizzare tale riforma: “il tempo è ora e sarà per via della sinodalità […]. Attenzione a quanti non vogliono cambiare nulla e ai profeti di sventura per cui niente di tutto questo ha avuto senso”. Il vice presidente della stessa REPAM, il cardinale Pedro Barreto, è sembrato più allineato verso l’idea della “Connessione”: “il Sinodo svolge una funzione di bussola: aiuta ad orientarsi verso il punto fisso che è Cristo”. Il cardinale Claudio Hummes attraverso i suoi interventi ha fatto trasparire l’idea di una azione immediata: “ora è necessario agire e non rimandare. La preservazione dell’Amazzonia è fondamentale per la salute del pianeta”
 
L’orientamento dei padri sinodali sui temi in discussione
. E’ evidente, comunque, che gran parte dei 2/3 dei padri sinodali siano orientati più su un atteggiamento riformista, visto che i 120 paragrafi  presenti nel documento hanno superato al momento della votazione il quorum previsto. Due soli sono stati i temi in cui ci sono stati 41 non placet su 128 placet e 30 non placet su 137 placet e, cioè, sull’ordinazione dei diaconi sposati e sulla possibilità di un diaconato femminile.
Riguardo al primo tema si è fatto riferimento soprattutto a diaconi permanenti “che abbiano una famiglia legittima e stabile” e inoltre devono essere formati in modo adeguato per il presbiterato. E’ stato dunque preso in esame il reale stato di necessità di molte diocesi della regione amazzonica, dove a causa delle enormi distanze e per la mancanza di sacerdoti, si correrebbe il rischio di impedire l’accesso all’Eucaristia.
Il secondo tema invece, riguarda l’ipotesi del diaconato femminile, ma su questo argomento il papa ha fatto sapere che riconvocherà la Commissione specifica in seno alla Congregazione per la dottrina della fede. Sarebbe inoltre esclusa al momento qualsiasi proposta relativa al sacerdozio femminile. Verrebbero comunque riconosciuti alle donne i due ministeri del lettorato e dell’accolitato che Paolo VI nel 1972 aveva introdotto per i laici.
Alcune perplessità sono sorte anche in riferimento alla possibilità di creare un rito amazzonico “che esprime il patrimonio liturgico teologico, spirituale e disciplinare dell’Amazzonia. Un vero e proprio modo di essere Chiesa, che consiste non solo nella celebrazione della Santa Messa fatta in modo diverso, anche se ci devono essere elementi caratteristici che non modificano la sostanza, ma una Chiesa che si organizzi in base alle caratteristiche del proprio territorio, per dare risposta alla sua gente”. Tale richiesta ha sollevato non poche proteste tra coloro che temono, invece, una possibile frammentazione del rito romano, per dare spazio a una liturgia di tipo pagano e che potrebbe degenerare in mera idolatria. Si finirebbe, secondo i critici di tale proposta, ad adorare simboli, Pachamama compresa, e ad adeguare il rito eucaristico alle culture locali. Al pari della Sacra Scrittura e della Tradizione, si rischia di affiancare come locus theologicus la deificazione della terra e delle culture popolari.
Il cardinale Muller, ad un  simposio del 29 settembre scorso, svolto all’Augustinianum, si era così espresso: “solo Cristo è la ragione, il contenuto e la misura della nostra fede, e non un Dio pagano che ci parli nei miti e nelle utopie, nei processi da noi avviati, nel sangue della razza e nello spirito popolare. La Teologia riconosce come locus theologicus solo l’unica Parola di Dio nella Scrittura e nella Tradizione, il Magistero può solo rivendicare un’autorità interpretativa”.
 
I punti di forza  e di debolezza del Sinodo
L’arcivescovo emerito di Caracas Jorge Savino Urosa, invece, ha  fatto un elenco dei punti di forza del Sinodo, evidenziando però anche le sue debolezze. Tra i punti di forza ha evidenziato la denuncia “contro le violenze perpetrate in Amazzonia e, soprattutto, contro gli indigeni”, mentre tra le debolezze rientrerebbero “un’enfasi di tipo ideologico sulle culture dell’Amazzonia e sull’armonia e il rispetto verso la natura. Si parlerebbe poco della salvezza operata da Cristo, quasi che il suo contributo non fosse necessario, mentre appare sufficiente l’utopia dell’armonia naturale. Il problema non è il Sinodo ma il documento di lavoro che presenta debolezze che andrebbero corrette”.
 
Una sorta di conflitto  intraecclesiale
E’ possibile scorgere, allora, da quanto emerso dal Sinodo, che vi sia una sorta di conflitto  intraecclesiale fondato sulla dicotomia tra “peccato ecologico”, denunciato dalla Chiesa in conformità a quanto contenuto nella Laudato sì, eliminabile con l’impegno sociale e umano in ottemperanza con i dettami della Dottrina sociale, e il peccato originale, cancellato dalla morte in croce di Cristo e dalla sua Resurrezione. A monte di tale controversia c’è comunque una duplice concezione cristologica: da una parte una visione più orientata verso l’aspetto sociale, dall’altra una visione più escatologica. Sicuramente i vescovi amazzonici e molti loro confratelli di tutta l’America Latina pendono più per un coinvolgimento della Chiesa in ambito sociale, in disaccordo con quelli dei paesi più “opulenti” dove l’accento è posto soprattutto sui dogmi tradizionali.
Quando Francesco dice che “la Chiesa deve sempre riformarsi” intende non cambiare il contenuto del Vangelo, ma il modo di annunciarlo  nei vari contesti storici. E’ dunque importante la dimensione dell’ascolto, come nel caso del popolo amazzonico, per poi  intervenire con l’aiuto dello Spirito Santo. Questa posizione, fondata proprio sulla connessione tra cultura e Vangelo, rischierebbe di essere  messa in crisi dalle varie fazioni ideologiche in ambito ecclesiale.
 
La campagna sull’ordinazione dei ‘viri probati’
Infatti, come scritto su un articolo de Il Fatto Quotidiano del 28 ottobre scorso, ci sarebbe un altro fattore da considerare, cioè “la sistematica, profonda e costante campagna condotta a favore della causa dell’ordinazione dei ‘viri probati’ da parte dei teologi e degli intellettuali progressisti europei che, da quando il Sinodo è stato convocato, hanno preso la via della foresta: per spiegare, persuadere, convincere i vescovi Cattolici dell’Amazzonia che questa sarebbe stata per loro la via giusta e che erano presenti tutte le ragioni per compiere un passo del genere”. Alcuni tra questi teologi sarebbero presenti nelle aree europee di lingua tedesca, tanto che il cardinale Muller ha cosi affermato. “i vescovi tedeschi rispettano il pontefice […], ma vogliono sviluppare la Chiesa cattolica secondo il loro pensiero. Vogliono quasi rifondare la Chiesa […] ma Cristo però non è una figura storica come Cesare. Gesù Cristo è il risorto presente e celebra la Messa mediante il suo rappresentante ordinato sacerdote. E’ il soggetto della Chiesa e la sua Parola vive in eterno”.
 
I timori 
Il timore dell’ala progressista è che, il papa, preoccupato per il risentimento dei conservatori a causa di alcuni cambiamenti, possa “annacquare la domanda che viene dal Sinodo”. Da parte conservatrice, invece, si ha il timore che la Chiesa possa ridursi a guardia forestale del pianeta e che il messaggio di salvezza e l’ordine sacro vengano superati da una visione religiosa di tipo umanitario. Così, ha scritto infatti, su La Verità  del 6 ottobre 2019,  Marcello Veneziani:” Il papa e i suoi vescovi vivono con disagio l’identità cristiana e rigettano la tradizione cattolica e popolare dai suoi simboli più alti fino al tortellino […]. Si accordano con due secoli e mezzo di ritardo alla Rivoluzione Francese declinano allo stesso modo l’uguaglianza e la fratellanza riducendo la libertà alla liberazione […]. E’ la religione dell’umanità di Auguste Comte o il nuovo cristianesimo di Saint Simon, senza Dio ma solo con l’amore per il prossimo e per la terra”. E’ necessario però superare questo perenne conflitto in seno alle questioni di fede per mettere sempre al centro il connubio tra carità e verità. Sulla scia delle parole del papa, pronunciate il 21/12/2015 alla Curia romana, possiamo concludere che “la Chiesa senza verità  diventa ideologia del buonismo distruttivo e la verità  senza la carità diventa giudiziarismo”. Come diceva Chesterton : “è facile andare agli estremi; più difficile è restare saldi nel mezzo”.
Marco Mancini