Profeti di Speranza
Lunedì 28 ottobre si è svolto il primo di una serie di incontri finalizzati a promuovere e risvegliare la ‘profezia’ che è in ognuno di noi. L’incontro è stato incentrato sul tema della speranza. La presenza di Mons. Josè Ionilton[1], partecipante al sinodo pan-amazzonico, con la sua carica di umanità e profonda semplicità ha trasmesso a quanti hanno partecipato all’incontro, prevalentemente catechisti, una visione di speranza autentica a partire dalla bellezza della diversità delle realtà ecclesiali e della preziosità del lavoro di comunione vissuto nel sinodo.
L’incontro, è stato aperto dall’ intervento di Paolo Greco[2], che ha accompagnato i presenti alla scoperta dello spirito e degli scritti del Beato Giustino Russolillo[3], un educatore impegnato a guidare il giovane alla conoscenza del talento che ha dentro e a decidere che cosa fare della propria vita. Il profeta di speranza, ha spiegato Parolo Greco, è colui che come Gesù diviene luce nelle storture del proprio tempo accendendo il lume della speranza. Il profeta è quindi, riprendendo Baultmann, colui che ‘attira l’avvenire di Dio presente nella storia’, colui che ci fa entrare in comunione con Dio e ci esorta a non allontanarci da lui.
Quindi Mons. Ionilton ha iniziato il suo intervento presentando la realtà dell’Amazzonia nella sua conformazione geografica, storica e culturale soffermandosi su diversi esempi di vita quotidiana che caratterizzano le popolazioni che abitano questa terra e le molte difficoltà, anche a livello ecclesiale, che i pochi sacerdoti e l’intera comunità cristiana devono affrontare, sia per l’estensione del territorio difficilmente raggiungibile, sia per la situazione di povertà della popolazione. Lo sguardo che il vescovo ci ha comunicato, facendoci immergere in una realtà tanto diversa da quella occidentale, ci ha permesso di cogliere l’urgenza e la serietà di alcuni temi che sono stati oggetto del Sinodo da cui deriveranno decisioni e azioni concrete che condizioneranno notevolmente la vita e l’esperienza di fede vissuta di quelle popolazioni.
Si è comunque percepito un atteggiamento di speranza che deriva  proprio dall’esperienza del Sinodo, che come ci ha ricordato Mons. Ionilton, è stato caratterizzato dall’ascolto: ogni padre sinodale aveva quattro minuti per intervenire. Papa Francesco, presente a tutti i lavori, ha ascoltato gli interventi di tutti 185 padri sinodali e al temine ha fatto il suo intervento di quattro minuti. Questa prima fase di ascolto è stata seguita dal lavoro in piccoli gruppi che ha portato alla redazione di un primo testo del documento finale da discutere in assemblea e  successivamente nei piccoli gruppi per le eventuali correzioni prima della conclusiva assemblea plenaria in cui si è discusso e approvato il documento finale.  Il documento è articolato in quattro punti: conversione a una evangelizzazione inculturata, conversione a una dimensione ecologica, conversione pastorale, conversione sinodale. L’ultimo punto sottolinea l’esperienza che i padri sinodali hanno vissuto: un Chiesa che ascolta, che vive e favorisce la partecipazione di tutti e lo spirito di comunione, una Chiesa in cui tutti i battezzati sono importanti allo stesso modo.
Mons. Ionilton ha poi risposto ad alcune domande dei presenti su alcune questioni del sinodo, oggetto di discussione e di confronto anche al di fuori del sinodo, che hanno attirato una certa attenzione anche mediatica. Le risposte del ‘nostro’ padre sinodale, attente e precise, hanno ricollocato le questioni presentate nel contesto della realtà dell’Amazzonia e precisato il significato di alcune scelte che non a tutti appaiono, in un primo momento, comprensibili.
L’ascolto di tale esperienza, oltre ad aver allargato il nostro orizzonte culturale ed ecclesiale, ci ha sollecitato a rivedere e riconsiderare alcuni stili di agire ecclesiale, a riscoprire la bellezza della sinodalità e ad approfondire la strada della comunione che si fonda sull’ascolto reciproco e spinge ogni battezzato ad essere fermento di speranza ovunque e comunque. La profezia oggi è un’urgenza, ce lo ricorda Papa Francesco: «La Chiesa ha bisogno che tutti noi siamo dei profeti», cioè «uomini di speranza», sempre «diretti» e mai «tiepidi», capaci di dire al popolo «parole forti quando vanno dette» e di piangere insieme se necessario.
 
 
Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene.

Oscar Arnulfo Romero
Ogni tanto ci aiuta il fare un passo indietro e vedere da lontano.
Il Regno non è solo oltre i nostri sforzi, è anche oltre le nostre visioni.
Nella nostra vita riusciamo a compiere solo una piccola parte
di quella meravigliosa impresa che è l’opera di Dio.
Niente di ciò che noi facciamo è completo.
Che è come dire che il Regno sta più in là di noi stessi.
Nessuna affermazione dice tutto quello che si può dire.
Nessuna preghiera esprime completamente la fede.
Nessun credo porta la perfezione.
Nessuna visita pastorale porta con sé tutte le soluzioni.
Nessun programma compie in pieno la missione della Chiesa.
Nessuna meta né obbiettivo raggiunge la completezza.
Di questo si tratta:
Noi piantiamo semi che un giorno nasceranno.
Noi innaffiamo semi già piantati, sapendo che altri li custodiranno.
Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà.
Mettiamo il lievito che moltiplicherà le nostre capacità.
Non possiamo fare tutto,
però dà un senso di liberazione l’iniziarlo.
Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene.
Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino.
Una opportunità perché la grazia di Dio entri
e faccia il resto.
Può darsi che mai vedremo il suo compimento,
ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale.
Siamo manovali, non capomastri,
servitori, non messia.

 
Giuseppe Surace sdv
 
NOTE
 
[1] Mons. José Ionilton Lisboa de Oliveira sdv, vescovo vocazionista della Prelatuta di Itacoatiara – Amazzonia
[2] Teologo e scrittore, docente di religione cattolica.
[3] D. Giustino Maria Russolillo (Pianura18 gennaio 1891 – Napoli2 agosto 1955) è stato un presbitero italiano, venerato come beato dalla Chiesa cattolica. Beatificato il 7 maggio 2011.