La narrazione dell’itinerario intellettuale di uno storico della cultura è uno scavo nel ricordo personale e collettivo: una “archeologia” della memoria e dei popoli che è la cifra del pensiero di Assmann. Noto, e avversato, per le sue analisi sulla radice violenta dei monoteismi, in questa intervista l’egittologo racconta gli esordi, i grandi maestri che lo avvicinarono all’antica cultura egizia ed ebraica (Eberhard Otto, Georges Posener, Jacob Taubes, Guy Stroumsa), la storia del concetto di “distinzione mosaica” – dove “religione” sta per “distinzione” tra vero e falso, tra fedeltà e tradimento di Dio – dall’antichità all’età moderna, nel confronto con pensatori come Lessing e Mendelssohn nel ‘700 e, nel ‘900, Gandhi, Sloterdijk, Freud per la prospettiva psicanalitica, fino a Gadamer e Lévi-Strauss. L’idea di “traducibilità” dei nomi di Dio da una religione all’altra, propria degli antichi politeismi, e la moderna ermeneutica della religio duplex – doppia verità, universale e rivelata – permettono di ripensare il monoteismo oltre se stesso: un movimento della memoria e del concetto che va dalla religione esclusiva di Mose alla possibilità di una religione universale.
 
Descrizione
Titolo: Il disagio dei monoteismi. Sentieri teorici e autobiografici
Autore: Assmann Jan
Editore: Morcelliana
Prezzo: € 9,35
Anno: 2016
Pagine: 95
 
Il disagio dei monoteismi
Sentieri teorici e autobiografici di Jan Assmann.
di Marco Vannini
Già nel 2003 l’allora cardinale Joseph Ratzinger si confrontava con le tesi di Jan Assmann, egittologo di fama internazionale e teorico della cultura e della religione, discutendole criticamente, ma riconoscendone anche quella importanza che appare in piena evidenza oggi, nel momento in cui è in atto su di esse una grossa discussione.
Molto opportuna appare perciò la pubblicazione de “Il disagio dei monoteismi. Sentieri teorici e autobiografici”, (Brescia, Morcelliana, 2016, pagine 112, euro 11). Un’intervista ad Assmann, curata con grande competenza da Elisabetta Colagrossi, nella quale lo studioso tedesco fa la storia della sua formazione culturale e della sua ricerca e traccia un bilancio della sua opera, rivedendo anche, almeno parzialmente, alcune delle sue posizioni.
In libri come “Mosè l’egizio” e “La distinzione mosaica”, Assmann esprimeva la tesi che il monoteismo biblico creò per la prima volta la distinzione tra vero e falso nella religione, cui si accompagnò l’intolleranza nei confronti delle religioni “false” e dei falsi dèi, ricondotti a idoli. Invece le religioni antiche non conoscevano questa distinzione, mettevano tranquillamente in relazione i loro dèi con gli dèi degli altri, anzi, addirittura li equiparavano. Era infatti pratica costante quella “traducibilità” dei nomi divini, in forza della quale, per esempio, nelle “Metamorfosi” di Apuleio, Iside si presenta come la dea adorata con nomi diversi dai diversi popoli: Giunone, Ecate, Bellona, Ramnusia, e così via. Cosa impossibile nel monoteismo biblico, per il quale è blasfemo identificare Yhwh con Giove, come invece proponeva il pagano Varrone.
Secondo Assmann, la distinzione tra vero e falso non appartiene alla religione, bensì solo alle scienze che operano con dimostrazioni, come la matematica o la logica. Nella religione non si tratta di ciò che è vero e falso, bensì di ciò che è puro e impuro, sacro e profano. Nella realtà storica, peraltro, questa distinzione non ha nulla a che fare con Mosè, bensì piuttosto con Zarathustra, e infatti nella Bibbia compare per la prima volta nei profeti dell’esilio e del post-esilio, come Geremia, Deutero-Isaia, Daniele, risalendo probabilmente a influssi zoroastriani.
Sta di fatto, comunque, che il monoteismo affermatosi in Israele assunse caratteristiche esclusivistiche, raccontando e ricordando la propria nascita e affermazione col linguaggio della violenza. Come scrive Assmann: “Ovviamente, Mosè non ha mai lasciato uccidere tremila persone perché avevano danzato intorno al vitello d’oro, e anche gli atti violenti legati alla riforma del culto di Giosia si possono intendere da un punto di vista letterario, piuttosto che come eventi storici. Forse persino Neemia – ma qui sarei più cauto – non ha sciolto i matrimoni misti tra Giudei e Cananei e lasciato ripudiare i figli nati da quelle unioni. Solo con le violenze dei Maccabei contro i loro compatrioti greci assimilati si ha a che fare con fatti storicamente reali. Il problema però è che questa ‘letteratura’ è passata attraverso un processo di canonizzazione che le ha conferito una grandissima autorità, cosicché i posteri, richiamando tali passaggi, hanno potuto legittimare i loro atti di violenza, come per esempio le Crociate, il terribile bagno di sangue per la conquista di Gerusalemme, la distruzione delle antiche culture d’America e lo sterminio dei nativi americani”.
Secondo Assmann, in un tempo di rinnovata violenza in nome di Dio, una vera tolleranza religiosa, capace di riconoscere la relatività senza scivolare nella banalità, può sussistere solo superando la distinzione mosaica tra vera e falsa religione, ripensando quel concetto di “religione profonda” che Gandhi esprimeva come “Religione con la R maiuscola”, ovvero quella che lega indissolubilmente alla verità che è dentro di noi e ci purifica sempre. Al di là della distinzione tra le religioni concrete, essa è elemento permanente della natura umana, che lascia l’anima inquieta fino a che non ha trovato se stessa e conosciuto il suo Creatore.
La novella dei tre anelli del Boccaccio, ripresa da Lessing nel suo “Nathan il saggio”, è ricordata con viva approvazione da Assmann nel suo “Religio duplex” (2010, in corso di pubblicazione presso Morcelliana), ove si esprime il concetto che nel nostro mondo globalizzato la religione può trovare posto solo appunto come “religio duplex”, ovvero religione a due piani, che ha imparato a concepirsi come una tra le tante e a guardarsi con gli occhi degli altri, senza nondimeno perdere mai di vista il Dio nascosto, “punto trascendentale” comune a tutte le religioni.
Siccome, nonostante la globalizzazione, non ci sarà mai un’unica religione, un’unica verità, un unico Dio, la “religio duplex” è quella che permette di restare uniti e solidali nel comune destino umano, al di là di tutte le differenze. Una tesi, questa di Assmann, che dà molto da pensare.
Da “L’Osservatore Romano” del 26 aprile 2014