Quanto ha bisogno l’Italia di rimanere ancorata alle tradizionali fonti di produzione di energia? Che ruolo potrebbero avere ora le fonti rinnovabili? Oltre il quesito per cui votare, che riguarda il rinnovo delle concessioni di estrazione di idrocarburi entro il limite delle 12 miglia dalla costa, il Referendum del 17 aprile pone, secondo alcuni analisti, anche questi interrogativi. Fornire una risposta univoca è difficile, e qui cerchiamo perciò di offrire gli elementi per accompagnare il cittadino che vuol farsi una propria opinione nella discussione su produzione e consumo di energia.
 
Quanta energia proviene da fonti rinnovabili?
Quando si parla di fonti rinnovabili si fa in genere riferimento ad alcune tipologie principali: solare, idraulica, geotermica, eolica e da biomasse. A queste si potrebbero aggiungere altre fonti (come quella marina) ma di bassissimo impatto per il caso italiano. Sull’impiego di fonti rinnovabili per la produzione di energia nel nostro paese, abbiamo informazioni disponibili a partire dal 1991 e aggiornate a tutto il 2014. I dati sono presentati da Istat su dati dell’ufficio statistico di Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione dell’energia elettrica in Italia. Il grafico seguente mostra dunque l’andamento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia negli ultimi 25 anni:
 

L’unità di misura utilizzata per presentare i dati è espressa in milioni di KWh e il grafico illustra visivamente i trend della produzione per ciascuna fonte. Già a primo impatto emerge come la principale fonte di energia rinnovabile in Italia sia quella idrica, tanto che la produzione di energia idroelettrica è passata dai 42.240 milioni di KWh del ‘91 ai 58.545 del 2014, con un trend crescente anche se non costante. Le altre fonti citate si attestano su quantitativi minori, ma il grafico evidenzia come la produzione di energia da queste fonti sia in crescita costante. Una crescita in alcuni casi molto significativa. La fotovoltaica, ad esempio, che nel 1991 contava appena 0,1 milioni di KWh di energia prodotta, nel 2014 ha raggiunto i 22.306,04 milioni di KWh, confermandosi come la seconda tipologia di energia rinnovabile italiana dopo quella idroelettrica. La crescita del fotovoltaico è stata consistente soprattutto negli ultimi anni. Basti vedere l’impennata della retta tra il 2009, con ancora 1.905,7 milioni di KWh prodotti, e i 10.795,7 dell’anno successivo. Quantitativi più che raddoppiati nel 2014.
Anche la produzione di energia eolica e da biomasse mostra una crescita notevole. Partendo da livelli bassissimi negli anni ’90, nel 2014 ha raggiunto i 15.178,3 milioni di KWh per l’eolica, e i 18.732,4 per quella da biomasse e rifiuti. Un accenno a parte merita la produzione di energia geotermica, legata a fonti di calore geologiche e che richiede particolari tecnologie di produzione. Anche se in crescita, la produzione di energia geotermica si è dimostrata meno incalzante rispetto alle altre fonti rinnovabili, passando dai 3.182 milioni di KWh del ’91 ai 5.916,3 del 2014.
È interessante dare infine uno sguardo ai numeri totali, per dare un’idea di quanto sia cresciuto il settore nell’ultimo venticinquennio. Nel 1991 la produzione totale, comprendente l’energia prodotta attraverso le cinque fonti rinnovabili citate, raggiungeva i 45.613 milioni di KWh. Negli anni successivi è andata avanti con alti e bassi fino al 2007, e dopo questa data è cresciuta di anno in anno fino a raggiungere nel 2014 i 120.678,9 milioni di KWh.
Questa crescente produzione di energia da fonti rinnovabili nel periodo 2010/2014 è stata sostenuta anche dagli incentivi statali, come quelli erogati fino al 2013 per il fotovoltaico. Incentivi che, come illustra anche questo articolo pubblicato da La Stampa, contribuirono ad aumentare la percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili in Italia.
 
Qual è la distribuzione produzione/fabbisogno sul territorio?
L’utilizzo delle fonti rinnovabili permette però di produrre solo una parte dell’energia necessaria al paese, mentre il resto è ancora prodotto con fonti tradizionali quali gli idrocarburi. Sommando l’energia prodotta attraverso le due tipologie di fonti l’Italia non riesce però ancora a coprire il suo fabbisogno energetico. Un fabbisogno che varia in base al territorio nazionale. Analizziamo dunque la situazione regione per regione servendoci della seguente mappa:
 

I dati analizzati sono aggiornati al 2014, e provengono dalla relazione “Dati statistici sull’energia elettrica in Italia – 2014” di Terna. Ogni regione produce energia in quantità variabili, ma allo stesso tempo ha un proprio fabbisogno energetico. La produzione annua di energia varia in base a diversi fattori tra i quali, com’è ovvio, l’estensione del territorio. È possibile però presentare dei dati calcolati in GWh, milioni di KW/ora, per ciascuna regione. Si va così dai 2.111,6 GWh prodotti dalla Basilicata ai 40.609,1 prodotti dalla Lombardia. La stessa unità di misura è utilizzabile per calcolare il fabbisogno energetico di ciascuna regione. In questo caso si va dai 1.077,3 GWh della Valle d’Aosta ai 66.036,2 della Lombardia, che si dimostra la regione con la maggior produzione ma allo stesso tempo con il maggior fabbisogno energetico d’Italia, con un deficit (produzione/fabbisogno) di -38,5%. Comparare i dati sulla produzione con quelli del fabbisogno di ciascuna regione è particolarmente interessante. Le regioni a produrre più energia di quanta ne consumano sono 8: Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Puglia, Molise, Calabria, Sardegna, Liguria e Sicilia. Ragionando in termini percentuali, la Valle d’Aosta produce energia che è il 218,2% in più rispetto al suo fabbisogno, per quanto la sua produzione si attesti sui 3.428,2 GWh. Significativo il dato della Puglia, che a fronte di un fabbisogno energetico di 18.875,2 GWh, nel 2014 ne ha prodotto 36.121,7, con un surplus del 129,7%.
Le restanti 12 regioni però continuano ad essere in deficit energetico. Nelle Marche, ad esempio, il rapporto tra produzione e fabbisogno è -68%, in Campania -54,7%, in Emilia Romagna -40,8% . Questo porta ad un saldo generale per il 2014 anch’esso negativo. L’intera nazione ha infatti un fabbisogno energetico di 310.535,2 GWh, mentre la produzione si è assestata sui 266.818,8. Una differenza di 43.716,4 GWh, più di quanti ne produca la Lombardia, che portano in negativo il saldo nazionale prodotto/fabbisogno del 2014 con un -14,1%. C’è ancora della strada da fare dunque per giungere all’autosufficienza energetica nel nostro paese.
 
Confronto tra fonti tradizionali e fonti rinnovabili.
I dati di Terna ci forniscono informazioni interessanti anche per quanto riguarda il confronto tra la produzione di energia termoelettrica tradizionale e la produzione di energia attraverso fonti rinnovabili in Italia. Il periodo preso in esame per queste informazioni è ancora quello tra 1991 e 2014, e il grafico sottostante illustra la comparazione, in termini percentuali, tra le due tipologie:
 

Nel 1991 l’energia prodotta in Italia era ricavata al 78% da fonti fossili tradizionali quali gas, petrolio e carbone, nelle loro varie declinazioni. Le fonti rinnovabili fornivano dunque il restante 22%, composto soprattutto, come illustrato sopra, da energia idroelettrica. Fino al 2007 il primato delle fonti tradizionali non solo non è stato intaccato, ma la percentuale dell’energia termoelettrica è cresciuta fino a rappresentare l’84,7 % del totale dell’energia prodotta in Italia. Dal 2008 si assiste ad una ripresa delle fonte rinnovabili, dapprima lenta e poi più marcata, che le ha portate a rappresentare il 37% del totale dell’energia prodotta nel paese nel 2014.
Dai dati emergono tutte le potenzialità delle fonti rinnovabili, ma resta il fatto che sono ancora le fonti tradizionali a costituire la principale risorsa energetica per il nostro paese. Su tutte, il primato spetta ancora al gas naturale. Comeillustrato da “La Stampa” lo scorso 4 aprile, il gas naturale è la tipologia di idrocarburo più prodotto in Italia, sia con attività di estrazione su terra che attraverso le piattaforme offshore, e quest’ultima è la fetta di produzione che sarebbe interessata dagli effetti della eventuale vittoria del Sì al prossimo referendum.
L’impiego del gas naturale ha prodotto nel 2014 circa 91 miliardi di KWh, che corrisponde al 54,5% della produzione di energia termoelettrica tradizionale. Dato in calo rispetto al 2013 del 14%. Il quantitativo di fonti tradizionali impiegate resta dunque ingente, ma si inserisce in un contesto di generale diminuzione dell’impiego di fonti fossili a vantaggio delle rinnovabili.
 
Uno sguardo all’Europa
Questa è la situazione in Italia. Proviamo ora a dare un’occhiata a quanto avviene nel resto d’Europa. È importante premettere intanto che l’Unione Europea ha fissato, tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2020 dai paesi dell’Unione, quello del 20% del fabbisogno di energia da produrre attraverso fonti rinnovabili. In tutto il continente, infatti, la situazione varia da paese a paese. La mappa seguente, realizzata elaborando le informazioni del Portale Open Data dell’Unione Europea, mostra il livello di elettricità generata da fonti rinnovabili in ciascuno stato dell’Unione, in rapporto al totale dell’energia consumata nel 2014:
 

Con l’ausilio della gamma di colori, si intuisce già visivamente che i paesi maggiormente avanzati nell’utilizzo di fonti rinnovabili sono i paesi del Nord Europa. Eccezionale il risultato della Norvegia, che con il suo 109,6% produce con fonti rinnovabili più energia di quanta ne consumi. Segue l’Islanda con il 97,1%, e l’Austria con il 70%. In coda alla classifica l’Ungheria, con il 7,3%, preceduta di poco dai Paesi Bassi con il 10%. Su percentuali basse si attestano poi Polonia, Estonia, Lituania e altri paesi dell’Est Europa, ma anche paesi di più antica industrializzazione quali il Regno Unito, con il suo 17,8%. In Italia la percentuale di elettricità generata da fonti rinnovabili sul totale dell’energia consumata si attesta al 33%. Risultato migliore di quello raggiunto da Francia e Germania ma che, considerando le fonti di energia rinnovabile di cui il nostro paese potrebbe disporre, avrebbe ulteriori margini di miglioramento.
 
Come si discute su Twitter del Referendum del 17 aprile? Come è cambiato in una settimana il focus della conversazione social?
Le infografiche seguenti illustrano i risultati dell’analisi delle conversazioni Twitter intorno al referendum del prossimo 17 aprile, intercorse nell’arco della settimana da venerdì 1 aprile a venerdì 8 aprile. Nel corso della settimana sono stati rilevati gli hashtag che gli utenti hanno utilizzato sul social network per discutere del referendum, per poi stilare una top ten di quelli usati con più frequenza durante l’intera settimana. L’hashtag con il maggior numero di menzioni nella settimana è stato #referendum17aprile, seguito in ordine decrescente dagli hashtag #trivelle, #iovotosi, #notriv, #referendum, #stoptrivelle, #17aprile, #renzi, #guidi, #votasi. Nelle prime posizioni della top ten, oltre agli hashtag che identificano il tema (#referendum17aprile, #trivelle, #referendum) emergono quelli legati alle ragioni del Sì (#iovotosì, #notriv, #stoptrivelle) mentre non sono presenti quelli del non voto e del NO.
 

 
Da un confronto tra gli hashtag più usati di questa settimana e la rilevazione effettuata lo scorso 31 marzo emerge che gli hashtag generici rimangono saldamente ai primi posti: #referendum17aprile e #trivelle si confermano infatti come i più utilizzati nelle conversazioni che hanno per oggetto il Referendum. La posizione degli hashtag successivi ha subito lievi cambiamenti legati ai temi più discussi nelle giornate esaminate: in discesa rispetto alla settimana scorsa gli hashtag legati al governo e allo scandalo intercettazioni dell’ex Ministro Guidi con l’hashtag #renzieboschiacasa che non compare nella top ten settimanale.
 

Grazie all’analisi dell’andamento della top ten giornaliera degli hashtag è possibile notare come al passare dei giorni sia cambiato il focus della conversazione degli utenti, che ha dato rilevanza a tematiche differenti a seconda del giorno: gli hashtag legati allo scandalo delle intercettazioni dell’ex ministro Federica Guidi (#guidi), in 5° posizione il 1 aprile, al passare del tempo ha ceduto posizioni concludendo la settimana in 10°posizione.
 

 
Nelle conversazioni social, il legame profondo tra il futuro delle modalità di produzione dell’energia, gli attuali trend di consumo e le tematiche referendarie invece fatica ad emergere: sono pochissime infatti le occorrenze degli hashtag connessi alle fonti rinnovabili, o alle tematiche ambientali con gli hashtag #rinnovabili e #ambiente rispettivamente in 39° e 42° posizione rispetto alla classifica dei 50 hashtag più presenti nei tweet analizzati tra il 1 e l’8 aprile.