Mai prima d’ora un Papa è stato accettato così favorevolmente dai non credenti ed invece ha avuto tante resistenze all’interno della chiesa e tra i tra i vescovi. Gli stessi movimenti ecclesiali fino ad ora avanguardie del Papa sono confusi e sconcertati. Negli ultimi decenni, il cattolicesimo ha preso consapevolezza e si è adattato progressivamente ad una condizione di minoranza quasi ovunque, anche in situazioni in cui era sempre stato maggioranza. In affanno per i pochi preti il cattolicesimo fatica a cambiare e a gestire il declino. La necessaria difficile ristrutturazione dovrà abbandonare un’organizzazione simile a quella degli Stati con una mappatura del territorio e con presidii su di esso.
La proposta alternativa di Papa Francesco è un cattolicesimo di popolo «in uscita», con la cifra della misericordia, attento alle periferie. Più che sottolineare frontiere e diversità bisogna integrare e aprire le porte. Ciò causa contraddizioni e comporta nuove geometrie e metodi di governo, ma mobilita gente e genera grande vitalità.
http://www.didatticaermeneutica.it/capire-papa-francesco/
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Apriamo con questa provocazione il nostro blog.
Abbiamo espresso un’opinione che può essere non condivisa, ma può originare un dibattito e un confronto tra diverse posizioni per arrivare a capire meglio ciò che stiamo vivendo.
Ogni opinione diversa e alternativa a quella espressa è benvenuta, purché motivata e dettata dalla volontà di dialogo e confronto libero e aperto.
Ancora una volta è un processo interpretativo ermeneutico che vogliamo promuovere, in linea con la scelta pedagogico didattica che caratterizza questo sito.
romio.roberto@gmail.com
Luigi ha letto questo post e mi ha telefonato per comunicarmi alcune perplessità che meritano un approfondimento. Le espongo in breve sintesi:
Papa Francesco ha molto sottolineato l’urgenza di alcuni aspetti lasciati in secondo piano dalla più recente pastorale ecclesiale, come: l’attenzione agli ultimi e alle periferie, il binomio immigrazione-accoglienza, l’impegno socio economico ecologico, le relazioni ecumeniche, ecc. In particolare siamo passati dalle dichiarazioni di intenti ai segni visibili e tangibili. Il linguaggio dei segni di Francesco, al di là delle discussioni e delle polemiche, apre interrogativi e spiragli inediti che interpellano e chiamano ad una decisione.
L’atteggiamento cristallino e trasparente sembra però contrastare con alcune decisioni che, apparentemente in modo furbo e calcolato, sembrano dimenticare urgenze e aspetti importanti sui quali la comunità ecclesiale si interroga ed è chiamata a dire un messaggio di verità: la sessualità, i valori della famiglia, la liturgia, la tradizione spirituale, i valori culturali della tradizione cristiana, ecc.
in particolare l’attenzione alla dimensione spirituale ed ascetica, che ha caratterizzato da sempre tutta la tradizione cristiana, sembra scomparsa dalle preoccupazioni pastorali della chiesa, in un contesto culturale sempre più materialista ed edonista affamato di proposte e percorsi di spiritualità.
Luigi.
Papa Francesco, l’ultimo degli utopisti
di Henri Tincq
in “www.slate.fr” del 19 aprile 2016 (traduzione: http://www.finesettimana.org)
Recandosi sull’isola di Lesbo in Grecia, il 16 aprile, presso i migranti, il sovrano pontefice ha ancora una volta detto una parola di segno opposto al modo di pensare corrente.
Chi può far credere oggi alla vecchia utopia secondo la quale un altro mondo è possibile? Gli illuminati del movimento “Nuit debout” (in piedi nella notte) che pretendono di inventare un modello democratico, e allontanano un accademico venuto ad ascoltarli ma a mani vuote? Gli innamorati di nuovi “lendemains qui chantent” (giorni futuri migliori) o gli zeloti religiosi con le loro promesse di salvezza? I venditori dei nuovi paradisi della droga e dell’iperconsumismo? Gli imbonitori che scommettono sul ritorno ad una crescita esponenziale o che predicano le virtù della decrescita? I nuovi sognatori di un mondo disinquinato, denuclearizzato e demilitarizzato? Gli apprendisti stregoni del nuovo transumanismo?
No, gli utopisti di oggi sono coloro che non hanno nulla da vendere né da difendere, non hanno potere politico, militare, finanziario, hanno soltanto la forza delle idee, di un modo di parlare libero e gratuito. Francesco è uno di questi. Capo di uno Stato meno grande del principato di Monaco o del Liechtenstein, non ha “divisioni”. Dirige un’istituzione spesso trattata come una fortezza di oscurantismo, insieme fragile e forte del peso della sua esperienza, del contributo che ha dato alla storia dell’umanità, nel meglio come nel peggio, delle sue reti e dei suoi movimenti, sempre in procinto di morire, sempre rinascenti.
Spezzare l’indifferenza
È un uomo vestito di bianco che è andato il 16 aprile nei campi di rifugiati dell’isola di Lesbo, in Grecia, ad incontrare “la più grande catastrofe umanitaria dalla Seconda Guerra Mondiale”. Che ha gettato una corona di fiori nel Mar Egeo, tomba di migliaia di migranti dall’Africa e dal Medio Oriente, di cui 400 solo dall’inizio di quest’anno. Che, per squarciare “lo spesso strato di indifferenza” ha ripetuto al mondo che quei rifugiati “prima di essere dei numeri, sono persone, volti, nomi, storie”. Che non ha avuto paura di disorientare il suo pubblico cattolico riportando a Roma sul suo aereo tre famiglie siriane musulmane che hanno perso tutto nei bombardamenti della loro periferia di Damasco da parte dell’esercito di Bachar al-Assad o nella distruzione da parte dello Stato islamico delle loro case di Deir el-zor.
Una goccia d’acqua, queste tre famiglie, queste dodici persone musulmane? Certo, ma il papa voleva mostrare al mondo che i rifugiati delle coste africane o mediorientali non sono soli; voleva dire all’Europa che deve farsi carico delle sue responsabilità con ben altro coraggio; voleva far capire alla popolazione cattolica sensibile prima di tutto ai bisogni dei “cristiani d’Oriente” che le famiglie musulmane, vittime degli stessi conflitti e anche loro rifugiate in Grecia, sono anch’esse famiglie di “figli di Dio”. Quanti stereotipi bocciati e superati con quel gesto!
Smuovere la scena internazionale
Così facendo, il capo della Chiesa cattolica dà una lezione a tanti vescovi europei poco propensi a fare un gesto umanitario a favore di musulmani quando tanti loro “fratelli cristiani” in Siria e in Iraq perdono tutto e fuggono. Prima papa non europeo della storia, mette l’Europa “patria dei diritti umani”, di fronte ai suoi interrogativi sulla sua identità, sul suo patrimonio, sui suoi valori. La richiama alle sue responsabilità davanti ai disgraziati che pagano le conseguenze delle nostre guerre lontane e fuggono dalla disperazione abbandonando tutto. Non distribuisce buoni voti o brutti voti, ma va controcorrente rispetto all’opinione della maggioranza e di dirigenti che, in Ungheria o in Polonia, ad esempio, temono l’accoglienza di stranieri scacciati dalle guerre e vogliono, a rigore, aprire le loro frontiere solo ai cristiani.
Papa Francesco è l’apostolo dell’ultima utopia dei tempi moderni? Lo è per il suo modo di far retrocedere le barriere, di abbassare i muri, di invitare tutti quanti ad aprirsi piuttosto che a rinchiudersi, a reagire alle guerre e alle crisi migratorie, non più con l’indifferenza, ma con l’accoglienza e con le vecchie virtù cristiane della “misericordia” e della “carità”. Non aveva forse fatto sorridere invitando nel 2014 Mahmoud Abbas e Shimon Peres in Vaticano per pregare insieme? Non aveva forse irritato Donald Trump fustigando, negli Stati Uniti del 2015, i progetti del candidato repubblicano di innalzare nuove barriere verso il Messico? Non ha forse sorpreso il continente africano recandosi l’anno scorso in piena guerra civile in un paese come la Repubblica Centrafricana straziato dalla guerra tra cristiani e musulmani? E infine non ha forse preparato a Cuba la via per far ri-incontrare l’isola castrista e il “diavolo” americano?
Un’altra Europa è possibile
Chi esprimerà la forza profetica di tali utopie? Questo papa comprende i timori europei, ammette che l’accoglienza dei rifugiati sul continente non è l’unica soluzione. Il Vaticano non si è opposto agli attacchi della coalizione internazionale contro Daesh. Ma invita anche il mondo ad affrontare in profondità le cause dell’attuale crisi migratoria. Mette in guardia contro il traffico di armi, denuncia i trafficanti che sfruttano la vulnerabilità dei migranti, invita a mettere in atto, a monte, politiche ambiziose e coordinate di aiuto allo sviluppo e, a valle, vere politiche di integrazione ed una istruzione che la prepari.
Abbiamo visto il papa a Lesbo prendere tra le braccia dei bambini rifugiati. Con la sua presenza, con i suoi gesti, ha mostrato che un’altra Europa è possibile. Non l’Europa dal cuore duro che innalza muri contro i richiedenti asilo, ma un’Europa che si raccoglie per la memoria degli scomparsi in mare e che si mostra capace di resistere alle sirene della paura, dell’egoismo, dei discorsi meschini e populisti. Come ha detto il cardinale Christoph Schönborn a La Stampa, l’insensibilità è la caratteristica specifica dell’antico paganesimo e molti indizi inquietanti mostrano che la vecchia Europa rischia di sprofondarvi.
Da una intervista al card W.Kasper, alcune considerazioni utili alla comprensione::
Si è parlato molto di aria fresca che spira nella Chiesa cattolica, di trasparenza in Vaticano, di una svolta epocale francescana. È corretto o esagerato?
Questi concetti sono sempre un po’ esagerati. Ma è vero che Francesco vuole cambiare il volto della Chiesa – non la sua essenza. Vuole un volto umano, misericordioso, di questa Chiesa. Vuole una Chiesa non con il dito indice puntato contro, ma con la mano tesa ad accogliere. Ha una grande esperienza pastorale di comunità rurali e di quartieri miserevoli in Argentina. Il papa sta coi piedi per terra, non è di casa in un mondo clericale distaccato.
Per alcuni nella Chiesa cattolica le cose non procedono abbastanza in fretta nella svolta francescana, per altri si va già troppo in là…
I critici e i titubanti frenano, altri vogliono cambiare tutti molto in fretta. Il papa non può fare questo. Francesco procede passo dopo passo; vuole portarsi dietro molti, più che può. Il suo ministero è il ministro dell’unità.
Chi frena?
Persone che tendono alla conservazione, che pensano soprattutto in base a principi che vogliono veder mantenuti; così perdono in parte il contatto con la realtà. Hanno anche paura di troppi cambiamenti. La Curia è un’istituzione antica in cui si è attenti a carriere e consuetudini.
Papa Francesco ha sollevato con decisione e ripetutamente il problema della definitiva affermazione di una speculazione finanziaria che può prendere il sopravvento sull’economia reale, quella in grado di diffondere benefici a tutta la popolazione, quindi ha sottolineato il rischio che corrono le democrazie se i sistemi finanziari diventano i veri «governanti del mondo» discorso al Parlamento europeo , infine ha messo in luce il potere illimitato delle banche; in tal senso Francesco ha richiamato l’urgenza di dare vita a un’etica finanziaria ed economica nella quale l’essere umano, i suoi bisogni, il rispetto della vita quale priorità assoluta, vengono messi al centro. Già nel maggio del 2013, incontrando un gruppo di nuovi ambasciatori accreditati presso la Santa sede, Francesco ammoniva: «Mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone unilateralmente e senza rimedio possibile le sue leggi e le sue regole». «L’indebitamento e il credito – affermava ancora – allontanano i Paesi dalla loro economia reale e i cittadini dal loro potere d’acquisto reale. A ciò si aggiungono, oltretutto, una corruzione tentacolare e un’evasione fiscale egoista che hanno assunto dimensioni mondiali. La volontà di potenza e di possesso è diventata senza limiti». In questo senso la recente vicenda dei cosiddetti Panama papers, è apparsa come una conferma all’ennesima potenza di quanto andava sostenendo papa Francesco e con lui alcuni economisti e rappresentanti di organismi internazionali.
Paradisi fiscali, le parole del Papa contro il dominio della finanza, di Francesco Peloso, in “La Stampa-Vatican Insider” del 22 aprile 2016
“Musulmani in Vaticano. Il Papa prende 12 profughi e ne lascia a Lesbo 3.988” (Libero, 17 aprile). Il sarcasmo è dedicato a Papa Francesco, che si mette in testa di sfidare gli italiani che sarebbero infuriati da tutto questo pietismo. Ma è un sarcasmo moderato a confronto con ciò che scrive Antonio Socci sullo stesso giornale, sempre con l’intenzione di trasformare il Papa (così fastidioso con la sua mania di “misericordia ”) in barzelletta. Lo accusa di avere detto che questa dei profughi, che a milioni tentano di fuggire, per salvare famiglie e bambini e annegano in mare o finiscono bloccati in ignobili lager organizzati (cioè recintati) dall’Ue “è la più grande catastrofe dal 1945”. Socci produce un suo elenco per ridicolizzare l’affermazione papale. Ma dimentica anche che il Papa parlava di Europa democratica, civile, ricca e libera, dopo le spaventose vicende fasciste e naziste. Il cattivismo ha tre nemici da colpire sempre e subito. Uno è il Papa, perché, invece di farsi sventolare dai flabelli, si occupa dei senza casa e dei rifugiati.
Il nuovo popolo dei “cattivisti” di Furio Colombo, in “il Fatto Quotidiano” del 24 aprile 201
Lucia Annunziata, nella presentazione del Ciclo di incontri, “Processo al potere, la leadership nel XXI secolo”, dedicato alle figure forti: da Bergoglio a Merkel, da Grillo a Renzi, afferma:
“Il potere attuale è in pieno cambiamento, forte e debole, attraversato da rotture di classe, di geografia, di religioni, di genere, di razze, di generazioni e come mai prima personalizzato, materializzato nel fattore umano della preminenza dei leader: un pugno di uomini e donne che possono fare o disfare la differenza”. E tra questi uomini c’è papa Francesco, il primo pontefice d’Oltreoceano, il primo a condensare la sua filosofia di una Chiesa “povera e per i poveri” già nella scelta di un nome impegnativo.”
Ciò che stupisce è proprio che chi nei confronti dei papi precedenti non avanzava critiche o contestazioni ma semplicemente poneva loro domande, veniva subito additato come “non cattolico”, mentre oggi, grazie alla libertà che Francesco ha voluto assicurare al dibattito, alcuni arrivano a sospettare che lui permetta di lasciar manipolare un confronto che nella chiesa dovrebbe sempre essere ascolto dell’altro, eloquenza delle proprie convinzioni senza accanimento, riconoscimento che il successore di Pietro, il papa “fa strada insieme” (syn-odos) ai vescovi ma presiedendo la loro comunione con un carisma e un mandato proprio che proviene dal Signore stesso.
Siamo tornati al tempo del concilio, alle contestazioni più o meno manifeste, alle mormorazioni contro Giovanni XXIII e Paolo VI, ma questo non deve spaventare. Nella sua storia, la chiesa ha conosciuto ore più critiche, anche se indubbiamente queste vicende non offrono una testimonianza di parresia e di comunione fraterna. Stupisce che questa contestazione venga proprio da chi papa Francesco ha voluto tenere vicino a sé nel governo della chiesa o incaricare di aiutarlo per tracciare un cammino di riforma delle istituzioni. Ma questo dato rivela chi è l’attuale papa: non è un pontefice che scarta chi sa diverso da lui, chi ha sensibilità molto differenti, non è un “regnante” che emargina chi ha altre ottiche pastorali. Tutti possono costatare questo suo atteggiamento che certo gli nuoce e gli rende faticoso il suo servizio alla chiesa. D’altronde nella chiesa c’è chi vorrebbe che papa Francesco fosse solo una breve parentesi, chi afferma che “questo papa non gli piace”, chi lo considera “debole nella dottrina”, chi non ama il suo ecumenismo che vuole abbracciare tutti i battezzati e non creare muri nei confronti dei non cristiani e degli uomini e delle donne del mondo.
La misericordia di Bergoglio crea scandalo nella chiesa, di ENZO BIANCHI. La Repubblica, 14 ottobre 2015
La laicità alla francese è “esagerata” come ha detto il papa?
colloquio con Jean-Paul Willaime*, a cura di Claire Lesegretain
in “La Croix” del 18 maggio 2016 (traduzione: http://www.finesettimana.org)
“Il Papa comincia con il confermare che “uno Stato deve essere laico”, chiarendo così che non è la società che deve esserlo. Allo stesso modo, ricorda che “l’apertura alla trascendenza deve essere un diritto per tutti”.
Il papa insiste sulla libertà per ciascuno di esteriorizzare la propria fede, con tutto ciò che questo comporta di visibilità del religioso nello spazio pubblico. Ora, bisogna distinguere lo spazio pubblico in quanto spazio di regolamentazione statale, e in quanto società civile con le sue vie, le sue piazze, la sua vita sociale… Lo spazio pubblico non si riduce alla regolamentazione statale. Bisogna quindi riconoscere, nella società civile, una piena autonomia, nel rispetto delle leggi e dell’ordine pubblico, ad espressioni religiose e culturali differenti.
…La società deve quindi rispettare la libertà di parola delle Chiese e delle diverse espressioni religiose, anche quando esse esprimono punti di vista che sono in contrasto con la maggioranza. Questo rispetto non deve essere a geometria variabile. Del resto il papa ha ricordato che “l’obiezione di coscienza è un diritto e deve essere possibile” ovunque e per tutti, anche per i dipendenti statali.
Insomma, sono tendenzialmente d’accordo con il papa. Ma aggiungendo che, se è vero che ci sono certe espressioni di laicità esagerata, ci sono però anche espressioni religiose di tipo integralista, fondamentalista, che esagerano perché vorrebbero rimettere in discussione le conquiste fondamentali della laicità.”
*Direttore emerito degli studi alla École pratique des Hautes études (EPHE), sezione scienze religiose.
Sono le prime righe della lettera che Marco Pannella aveva scritto a papa Francesco il 22 aprile scorso.
« Francesco, ti scrivo dalla mia stanza all’ultimo piano – vicino al cielo – per dirti che in realtà ti stavo vicino a Lesbo quando abbracciavi la carne martoriata di quelle donne, di quei bambini, e di quegli uomini che nessuno vuole accogliere in Europa. Questo è il Vangelo che io amo e che voglio continuare a vivere accanto agli ultimi, quelli che tutti scartano».
E certamente questo uno dei criteri per capire Papa Francesco.
I quattro postulati di papa Francesco, di Giovanni Scalese
“Possono essere considerati come i postulati del pensiero di papa Francesco, dal momento che, oltre a risultare ricorrenti nel suo insegnamento, vengono da lui presentati come criteri generali di interpretazione e valutazione.
Essi sono:
– il tempo è superiore allo spazio;
– l’unità prevale sul conflitto;
– la realtà è più importante dell’idea;
– il tutto è superiore alla parte.
In “Evangelii gaudium” 221 Francesco li chiama “principi”. Personalmente ritengo invece che essi possano essere considerati “postulati”, termine che nel vocabolario Zingarelli della lingua italiana designa una “proposizione priva di evidenza e non dimostrata ma ammessa ugualmente come vera in quanto necessaria per fondare un procedimento o una dimostrazione”.
Geraldina Boni è ordinario di diritto canonico e storia del diritto canonico all’Università di Bologna ed è consultore del pontificio consiglio per i testi legislativi.
Scrive, a proposito dei processi brevi di nullità voluti da papa Francesco e affidati ad ogni singolo vescovo, in alternativa alla procedura giudiziaria normale:
“Personalmente non avremmo alcuna avversione teorica al rilancio della giustizia diocesana: ma pensiamo che ciò andasse per lo meno dipanato per tappe susseguenti, oltre che, naturalmente, meglio confezionato. Infatti, non può essere messa a repentaglio la possibilità del giudice di approdare all’accertamento della verità, per il quale duemila anni di storia hanno tuzioristicamente additato quella giudiziaria come la via più sicura. Se essa non è più percorribile, diviene difficile sostenere la natura dichiarativa delle pronunce, le quali finiscono per ‘costituire’ la nullità del matrimonio, compromettendone irreparabilmente l’indissolubilità: ciò che neppure il papa, in virtù della sua ‘plenitudo potestatis’, può fare”.
da: magister.blogautore.espresso.repubblica.it Nullità matrimoniali, 2 giugno 2016
Il Papa: 17 nuovi cardinali tra loro un prete torturato, di Franca Giansoldati, in “Il Messaggero” del 10 ottobre 2016
“Comporre la lista non deve essere stata una impresa tanto facile. Troppe le attese e pochi i posti a disposizione per colmare i posti vacanti e arrivare al tetto dei 120 elettori. In ogni caso si è trattato di una scelta personale e solitaria del Papa. Sui nuovi cardinali hanno pesato due fattori, da una parte la loro provenienza geografica, simbolicamente intesa come espressione di universalità; dall’altra l’autentica condivisione di una sintonia in campo pastorale per la realizzazione di una Chiesa da campo, la più inclusiva possibile, attenta agli ultimi, alla ricerca di nuove strade capaci di arginare le differenze tra poveri e ricchi, o le sofferenze delle famiglie ferite. Come, per esempio, l’arcivescovo di Madrid, Carlos Osoro Cierra, il Francesco spagnolo. O il messicano Carlos Aguiar Retes, presidente del Celam o, ancora, gli statunitensi Tobin e Cupich, vicini per attitudine e sensibilità alle aperture di Bergoglio. La scorsa settimana tornando dal viaggio in Georgia, il Papa aveva illustrato ai giornalisti i criteri. «La lista è lunga e ci sono soltanto 13 posti. Si deve pensare a fare un equilibrio. A me piace che si veda l’universalità, non soltanto il centro per dire europeo; ma dappertutto. I cinque continenti, se si può». E così è stato
Francesco sposta la Chiesa verso Sud e l’Oriente
di Gianfranco Brunelli, in “Il Sole 24 Ore” del 11 ottobre 2016
“… la visione geo-religiosa ed ecclesiale di papa Francesco. L’Africa, l’Asia soprattutto, e in parte l’America latina sono i luoghi verso cui la Chiesa cattolica si muove. Si tratta di aree del mondo di crescente influsso a livello internazionale, ma anche di aree dove il cattolicesimo è in espansione. Mentre l’Europa declina.
Sul piano ecclesiologico, Francesco conferma la sua linea: privilegia vescovi pastori, spiritualmente formati, disposti a segni e a gesti anche radicali di testimonianza. Vanno su questa linea sia la nomina del nunzio italiano Zenari, attualmente in Siria e che – ha detto il papa – rimane lì, sia il gesto simbolico verso monsignor Corti, vescovo emerito di Novara, uomo di profonda spiritualità, cui Francesco aveva chiesto le meditazioni per la via crucis del 2015; o quello verso un semplice sacerdote che ha speso la sua vita accanto ai poveri come l’albanese Ernest Simoni.
Il modo con cui papa Francesco legge gli avvenimenti è quello del discernimento spirituale derivato dal Vangelo. Il primato è quello del Vangelo, della Parola di Dio. Per questo, nella sua visione della Chiesa, egli supera la dimensione dello spazio interno ecclesiale e si apre alla compagnia degli uomini, chiunque essi siano. La concezione del magisterium nella Chiesa di papa Francesco è quella di chi insegna e di chi ascolta. Ma soprattutto di chi accompagna.”
Tobin, Sant’Alfonso e la Chiesa con “l’indice puntato”, di Gianni Valente, in “La Stampa-Vatican Insider” del 14 ottobre 2016
” …. Nel grande Paese americano, dove altri invocano e innalzano muri di protezione per bloccare l’afflusso di immigrati, Tobin sa bene che anche parecchi settori della Chiesa locale rimangono spiazzati davanti al magistero di Papa Francesco, e provano a superare il disagio incasellando i suoi gesti e le sue parole nella logora griglia interpretativa progressive-conservative: «Mi accorgo» disse il futuro cardinale redentorista nel suo intervento del 2014 per la College Theology Society «di quanto Papa Francesco risulti inquietante per la gerarchia cattolica degli Usa… C’era una determinata immagine di cosa significa essere un leader pastorale in questo Paese, e Papa Francesco la sta scombussolando. Io credo che c’è una certa resistenza rispetto a un modo diverso di realizzare la missione evangelica affidata alla Chiesa. E allora, preghiamo per la salute di Papa Francesco».
La paura dell’altro (e di se stessi), intervista a Zygmunt Bauman a cura di Davide Perillo, in “L’Osservatore Romano” del 14 ottobre 2016
“È una luce. L’unica, in fondo al tunnel lungo e buio che stiamo attraversando. Ma è una luce misteriosamente brillante”. Baumann lo dice quando parla di Papa Francesco e del loro incontro ad Assisi.
“….Penso che Francesco sia il regalo più prezioso che la Chiesa cristiana abbia offerto al nostro mondo travagliato, perso nelle sue vie, confuso, mancante di bussola e ormai alla deriva. Ha ridato vigore alla speranza, ormai appassita, di un mondo alternativo e migliore, fatto a misura dei bisogni e dei sogni dell’uomo. Credo sia la sola figura pubblica sulla scena mossa da questo desiderio e in grado di perseguirlo. La sua voce va molto oltre il circolo incestuoso delle élites politiche: raggiunge le masse che i gestori degli altoparlanti non riescono o non si preoccupano di raggiungere, quelle lasciate da sole a trovare una via d’uscita dalla loro attuale incertezza.”
La Chiesa nell’era Trump: cattolicesimo o americanismo?
di Massimo Faggioli, in “international.la-croix.com” del 14 novembre 2016 (traduzione: http://www.finesettimana.org)
“… ci sono differenze di atteggiamento e di valutazione tra Francesco e i cattolici americani (compresi molti dei vescovi nominati da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI).
Stiamo assistendo al ritorno di quello che gli studiosi di storia della Chiesa ricorderanno come “americanismo” …
Ma per Francesco non si tratta semplicemente di un “problema americano”. Si tratta di “neo- americanismo”, problema a doppio risvolto riguardante sia la Chiesa universale che gli Stati Uniti.
In primo luogo, c’è la critica neo-conservatrice a Francesco. È l’aspetto più evidente del cattolicesimo “neo-americanista”, …
La critica che l’americanismo cattolico tradizionalista-neoconservatore fa al papa non riguarda tanto la sua teologia, quanto la sua visione di Chiesa e il suo messaggio socio-politico. Francesco ha reso evidente la fine dell’allineamento ideologico tra il conservatorismo politico-religioso e la Chiesa cattolica, intesa come pilastro della civiltà europea e nordamericana.
I neoconservatori lo accusano di costruire la sua popolarità a spese della Chiesa cattolica. Il problema di fondo è che essi trattano questo prete gesuita proveniente dall’America Latina con un criterio diverso [rispetto ai predecessori].
… accusano Francesco di costruire la sua popolarità abbandonando o annacquando gli insegnamenti della Chiesa meno popolari (come quelli sulla morale sessuale e sul matrimonio, ad esempio). In questo modo, dicono, il papa sta dividendo la Chiesa. Come se i cattolici (compresi quelli americani) non fossero già divisi da almeno cinquant’anni sugli insegnamenti di morale sessuale della Chiesa.
Questo rivela la differenza tra il cattolicesimo nella visione di Francesco e il modo in cui i neo- conservatori descrivono il ruolo della religione per le sorti della civiltà occidentale. Accusano il papa di mancare nella prova cruciale di mantenere una “chiesa forte”. …
Ma c’è anche un secondo lato del neo-americanismo cattolico. È un cattolicesimo neo-americanista teologico ed ecclesiologico, di cui non si può far cadere la colpa su opinionisti e commentatori che sono teologicamente analfabeti.
Tipico di questo cattolicesimo neo-americanista è la credenza che gli Stati Uniti siano una nazione eccezionale incaricata di una missione speciale. È una ecclesiologia esclusivista derivante da una teologia non cattolica (specificamente, deformazioni di calvinismo) che propugnano una Chiesa più piccola, più pura. È anche una delegittimazione teologica della politica e dello stato, sostenuta sulla base di una interpretazione particolare (e opinabile) dell’ecclesiologia agostiniana della “Città di Dio”. Ed è una ipocrisia moralistica che si focalizza solo sui principi, e che implica un disinteresse per le conseguenze delle decisioni, che vengono assunte in nome di un rispetto puramente nominalistico dei principi morali.”
Le 10 rivoluzioni di Bergoglio, a cura di Carlo Tecce, in “il Fatto Quotidiano” del 28 novembre 2016
Lotta agli eccessi del clero: a Santa Marta in 90mq
UN PAPA che ha scelto Francesco per nome ha indicato un’esistenza francescana per il Vaticano: niente berline di lusso, niente gioielli (Bergoglio indossa una croce di ferro), niente ricevimenti, niente sprechi negli appartamenti, e infatti abita in una stanza di novanta metri quadri a Santa Marta. Ci sono anche gli eccessi, che rendono ancora più ansioso il lavoro dei gendarmi: Bergoglio rifiuta le autoblindate durante visite all’estero.
Vacanze in Vaticano, chiuso Castel Gandolfo
A CASTEL Gandolfo, residenza per le vacanze dei papi, Bergoglio è andato per rendere omaggio al papa emerito Ratzinger. Trasportato in elicottero, lì s’era ritirato il teologo tedesco. Quella visita ha consegnato al mondo la prima immagine di un incontro fra due papi, quasi un’allucinazione. Poi Bergoglio ha ordinato la chiusura di quella reggia pontificia. Vacanze a Santa Marta. Al palazzo pontificio riceve gli ospiti istituzionali.
I cardinali vengono dalla fine del mondo
AI TEMPI di Benedetto XVI, il concistoro era governato anche del potente segretario di Stato, Tarcisio Bertone. I nuovi cardinali erano italiani, meglio se salesiani, con un passato in Piemonte o in Liguria, le diocesi governate da Bertone. Al contrario, Francesco ha elevato a principi della Chiesa i vescovi delle terre più remote o delle città più piccole. E in questo modo, prepara il prossimo Conclave. La sua successione.
Quei faldoni eredità di Benedetto XVI
IL PUNTO di contatto fra il papa in carica e il papa in pensione è sempre padre George Ganswein. S’è raccontato, in passato, che i due papi siano soliti vedersi a cena. Il più giovane, Bergoglio, va a trovare il più anziano nel convento dove ha deciso di vivere al “riparo degli occhi del mondo”. Ma il passaggio di consegne è stato reale e formale, un pacco di documenti – la famosa inchiesta dei cardinali – che Ratzinger donò a Bergoglio.
Il paciere tra Usa e Cuba le abilità diplomatiche
UN PAPA argentino non poteva ignorare le condizioni economiche, politiche e sociali dell’America più povera e più invisa agli Stati Uniti. Con un’abilità diplomatica con pochi precedenti, anche per la capacità di tessere in segreto le trattative, Jorge Mario Bergoglio è riuscito a debellare quelle poche miglia che dividono gli Stati Uniti a Cuba. E l’ha fatto coltivando un rapporto di reciproca fiducia con i fratelli Castro.
Gli omosessuali e il suo “Chi sono io per giudicare”
CHI SONO io per giudicare. Questa affermazione, per quanto scontata in una società (in larga misura) scevra di vincoli ideologici-religiosi, ha avvicinato la Chiesa agli omosessuali. Il papa della misericordia, dell’apertura e del dialogo non può accettare comportamenti reazionari nel clero. Anche perché, per colpa di quel gruppo aggrappato ai dogmi e piegato solo alla dottrina, la Chiesa rischia di perdere fedeli. Quelli del futuro, ma anche del presente.
Le innovazioni al Sinodo sulla famiglia
LA PRIMA riforma di Bergoglio è l’approccio che la Chiesa deve tenere con la famiglia. Famiglia vuol dire coppie dello stesso sesso, famiglia vuol dire insieme di persone composto da una divorziata o da un divorziata, famiglia vuol dire una donna che ha scelto o dovuto scegliere l’aborto. La Chiesa è una famiglia e per non allontanarsi dalla famiglia, dunque, la Chiesa deve saper perdonare. Ma il Sinodo non ha convinto tutti.
L’attività internazionale e la cautela nazionale
CON LA NOMINA di Pietro Parolin alla Segreteria di Stato, Bergoglio ha sottratto autonomia e rilevanza alla Curia per affidarli a un diplomatico, a un nunzio apostolico. Così il Vaticano è molto attivo negli scenari internazionali e molto cauto e spesso silente sugli argomenti nazionali. Neanche
la contestata legge sulle Unioni Civili ha mobilitato la robusta macchina vaticana. È rimasta una battaglia di una parte dei vescovi.
Progetti in fieri: banca, Curia e comunicazione
PER LA RIFORMA della Curia e della comunicazione stessa del Vaticano, troppo spesso non in grado di seguire l’evoluzione tecnologica e culturale del mondo, Bergoglio ha istituto un gruppo di un lavoro, un gruppo ristretto di cardinali. Nel frattempo, ha tentato di smantellare quel coacervo di affari molto opachi che si chiama Ior, la banca del Vaticano, anche se è improprio definirla banca. Sulla Curia c’è ancora tanto da cambiare.
I rapporti con i governi: vietato intromettersi
ASPETTANDO LA FINE dell’epoca di Angelo Bagnasco al vertice della Conferenza episcopale italiana, Bergoglio è intervenuto con le nomine – per fare un esempio – di Maurizio Zuppi a Bologna dopo Carlo Cafarra (oggi annoverato fra i contestatori della linea di Francesco) e Corrado Lorefice a Palermo. Il papa delega i rapporti con i governi nazionali alla Cei, ma giudica anacronistiche e dannose le ingerenze del passato.