INTRODUZIONE
 
A fine 2014 è stata raggiunta la cifra di tre miliardi di persone connesse a Internet. In 10 anni siamo passati dal primo miliardo nel 2005, al secondo nel 2010 e ora siamo al tre. Solo vent’anni fa meno dell’1% della popolazione mondiale era in rete. Il 40% degli abitanti della Terra è oggi connesso. Se guardiamo i continenti: America 21,8%, Europa 19%, Asia 48,4%, Oceania 0,9% ci sono grandi differenze. Si va dal nove su dieci in Corea del Sud e in Canada, seguiti da vicino Stati Uniti e Regno Unito, mentre in Africa le percentuali sono infinitamente più basse, se si fa eccezione per il Sud Africa (46 %) e la Nigeria.[1] In Italia a fine 2013 si registravano 38 milioni di connessioni (61%).  [2] Queste cifre ci confermano che internet si sta rivelando una delle innovazioni tecnologiche con un tasso di diffusione più rapido della storia: simile a quello che ebbe la radio, più veloce dell’automobile e del telefono.
Ma internet non è solo una rete di computer, di cavi sotterranei, di dati che viaggiano alla velocità della luce. E’ soprattutto una rete di persone che hanno trovato una strada diversa per informarsi, apprendere, condividere, partecipare, creare, inventare, consumare e persino curarsi. Rita Levi Montalcini, disse nel 2009 quando compì 100 anni: “La più grande invenzione del ‘900? E me lo chiede? Internet!”. E’ questa la ragione per cui l’educazione in generale e anche l’educazione religiosa non può ignorare questa realtà.
La nostra riflessione nei precedenti contributi si è sviluppata a partire da un primo sguardo iniziale sul fenomeno della rete (!°articolo), per poi trattare la sfida delle ICT alla pedagogia trasmissiva ancora dominante (2° articolo), e quindi gli influssi della rete sulla dimensione religiosa (3°articolo). In questo contributo rifletteremo sul tema dell’educazione religiosa nel tempo di internet. Vogliamo subito precisare che quando diciamo “educazione religiosa” intendiamo, in questo contesto, fare riferimento all’intero panorama dell’educazione religiosa, intesa nella sua accezione più ampia che va oltre la catechesi e abbraccia tutto il sistema educativo della religione, formale – non formale – informale, con le varie istituzioni e soggetti educativi, dalla famiglia, alle varie agenzie, ai media, che in esso interagiscono.
In una prima parte rifletteremo sul cambiamento di prospettiva che l’affermarsi delle nuove tecnologie ha prodotto nell’educazione religiosa. Passeremo ad esaminare alcuni effetti prodotti su di essa dall’influsso delle tecnologie digitali. Seguirà un sintetico accenno agli orientamenti ecclesiali sull’uso delle nuove tecnologie della comunicazione nell’educazione religiosa. Proseguiremo quindi con un rapido sguardo alle inedite potenzialità educative offerte dalle tecniche e dai linguaggi digitali. Per concludere infine con un conclusivo sguardo alle prospettive future.
 
 

  1. LE TECNOLOGIE DIGITALI NEL CAMBIAMENTO DI PROSPETTIVA DELL’EDUCAZIONE RELIGIOSA

 
Nel corso del secolo ventesimo e ancora di più in questo inizio del ventunesimo abbiamo preso progressivamente consapevolezza, anche se spesso confusamente, del cambiamento radicale nell’universo simbolico a cui faceva riferimento l’educazione religiosa tradizionale. Un cambiamento che derivava dalla generale trasformazione culturale e conseguente crisi dei modelli interpretativi dell’esperienza umana diffusi nella cultura occidentale. A questo cambiamento di prospettiva epocale molto ha concorso in questi ultimi decenni, anche la diffusione inarrestabile delle tecnologie digitali.
 
1.1 L’educazione religiosa e la nuova sensibilità educativa
 
In ambito cattolico è stato il Concilio Vaticano II, in particolare nella Gaudium et spes , a segnare la svolta in questa nuova sensibilità educativa e ad aprire le porte ad una nuovo approccio metodologico. Si avviò allora un processo di trasformazione che prendeva le distanze dalla mentalità deduttiva, astratta e sistematica, della tradizione educativa per portarsi verso una prospettiva induttiva legata al soggetto che apprende e alla suo contesto di vita. Nei decenni successivi i modelli educativi del passato, incapaci di interpretare le nuove istanze, venivano lentamente sostituiti, anche se con fatica, da modelli di tipo ermeneutico, processuale, esistenziale, legati all’osservazione dei bisogni reali e ai processi di costruzione delle risposte educative personali. Dobbiamo riconoscere che ancora oggi questa nuova sensibilità fatica ad affermarsi sul piano operativo nell’educazione religiosa, anche se la percezione dell’incapacità dei vecchi modelli educativi è sempre più diffusa e generalizzata.
 
1.2 Un’educazione religiosa aperta
 
La spinta innovatrice non vuole misconoscere il sapere religioso che la tradizione ci consegna, ma intende utilizzarlo come un grande tesoro che custodisce molte risorse utili e indispensabili per costruire il proprio sapere e per interpretare e rispondere alle problematiche poste dalla vita reale di chi apprende. Una educazione dunque aperta al passato per interpretare il presente e per progettare il futuro. Il dialogo con il passato e con il presente in vista della costruzione del proprio progetto futuro è il dinamismo di un’educazione religiosa aperta. L’educazione religiosa aperta accoglie le nuove sfide e non diffida di utilizzare tutte le risorse interpretative che la rivoluzione digitale e le nuove tecnologie della comunicazione mettono a nostra disposizione. Questa rivoluzione è stata determinata dalla svolta culturale prodotta anche nell’educazione religiosa dalla modernità. Nella prospettiva moderna la persona è capace di determinare in modo autonomo, libero e creativo la verità in un dialogo aperto con la storia che la precede e quella in cui vive. La comunicazione assume quindi un ruolo determinante nel processo educativo e creativo di sè stessi. La capacità di rispondere è però situata nel linguaggio che sa chiamare per nome il proprio vissuto, sé stessi, gli altri, l’Altro
 
1.3 Il linguaggio nell’educazione religiosa
 
La svolta linguistica attuatasi nella cultura del secolo scorso ha determinato una svolta anche nei processi educativi religiosi. Il linguaggio determinato dalla cultura e dalla comunità di vita forma la mente della persona. L’uomo è linguaggio, cioè è un essere comunicativo. L’uomo interpreta la realtà e costituisce la realtà dicendola, anche quella religiosa. Il linguaggio ci interpreta e interpreta, non è più ridotto a semplice strumento espressivo. Attraverso il linguaggio ci viene trasmesso il tesoro della tradizione che noi possiamo interpretare dicendo a nostra vostra quelle verità per noi oggi. Così il linguaggio religioso è in continua evoluzione dentro l’universo simbolico in cui vive. L’educazione religiosa si muove in questo fiume in perenne movimento per accompagnare la persona e renderla capace i dirsi, dire gli altri, le cose nella loro relazione con l’Altro. [3]
Le tecnologie della comunicazione si muovono in questa visione del linguaggio e contribuiscono a darle nuove modalità applicative. L’utilizzo pratico delle tecnologie digitali ha infatti inconsapevolmente sollecitato una trasformazione nelle dinamiche concrete della comunicazione quotidiana e un conseguente cambiamento nelle prospettive generali sul progetto di vita. I modelli educativi e le pratiche didattiche hanno dovuto prendere atto di questa trasformazione e dell’ impossibilità di rispondere ai nuovi bisogni con gli strumenti della tradizione.
 
 

  1. L’INFLUSSO DELLE TECNOLOGIE DIGITALI NELL’EDUCAZIONE RELIGIOSA

 
L’uomo postmoderno e in particolare le nuove generazioni, i nativi digitali (Born Digital), o i giovani 2.0, vivono, anche se spesso confusamente o con un certo inespresso disagio, la trasformazione culturale ed educativa della post modernità che le tecnologie digitali ed i nuovi media hanno reso inarrestabile.
 
2.1 La nuova agenzia educativa dei media digitali
 
I media digitali rappresentano oggi una vera e propria agenzia educativa anche superiore per effetti alle agenzie educative tradizionali. L’impatto dei media digitali sulle giovani generazioni è infatti così invasivo da cambiare velocemente sentimenti, modi di ragionare, abitudini e valori. I dispositivi informatici offrono una smisurata quantità di proposte molto spesso non in linea con quelle offerte dal contesto educativo religioso quotidiano. Con una logica educativa soggiacente apparentemente invisibile, ma carica di stimoli sensoriali, modelli, regole che catturano la sensibilità e sollecitano l’identificazione e nuove modalità di relazione sociale. La multimedialità, l’interattività e la portabilità dei nuovi dispositivi rimuovono con facilità le autodifese e creano una nuova forma mentis. Il contenuto trasmesso con la compresenza sinergica di più codici comunicativi (video, audio, animazione, ecc.) presenta una forza di penetrazione moltiplicata. L’interattività che trasforma il ricevente in autore creativo dell’oggetto di apprendimento rivoluziona, a sua volta, i processi formativi simulando l’interazione comunicativa tra persone, favorendo l’apprendimento informale e la rapidità dei processi. Se a questo aggiungiamo la portabilità sempre più spinta e miniaturizzata dei dispositivi si può capire la straordinaria forza di penetrazione e di condizionamento dell’educazione di cui sono dotati i nuovi media digitali. Si possono aggiungere per completare il quadro sull’incisività quasi automatica di questi dispositivi digitali: la vestibilità estetica, la crossmedialità che fornisce in contemporanea servizi di più media, la facilità di connessione continua per i bassi costi e la diffusione della rete e infine l’elevata socialità dei social network.
 
2.2 L’avvento di una nuova socialità
 
La diffusione e la crescita esponenziale dei social network e delle “metropoli virtuali” ha introdotto nell’educazione il tema di una nuova socialità. La relazione sociale è un tema basilare anche nell’educazione religiosa. Un bisogno e un compito educativo reso oggi ancora più impellente dal confronto duro tra culture religiose diverse che con la globalizzazione sono costrette a convivere sempre più strettamente. La maturazione delle competenze del dialogo interreligioso, quindi, costituisce oggi uno dei compiti primari dell’educazione religiosa. Le reti sociali per la facilità con cui si possono creare e si espandono in internet, grazie ai siti dedicati (Facebook, Linkedin, Twitter, ecc.), consentono di condividere, scegliendo i propri amici, i propri pensieri, gusti, passioni, ecc. La facilità con cui si può creare un amicizia con persone sconosciute, con cui sarebbe stato inimmaginabile creare una relazione, rende questa modalità comunicativa vincente e inarrestabile. Sul piano educativo il rischio di accentuazione del narcisismo, di banalizzazione dell’amicizia, di relazioni illusorie, inconcludenti e superficiali diviene sempre più forte soprattutto per gli adolescenti. L’esperienza dell’amicizia, fondamentale per la maturazione equilibrata della persona, viene banalizzata e svuotata sul piano affettivo. Il fantomatico amico dei social network non esiste realmente, è un fantasma. Purtroppo si deve riconoscere che la grande possibilità sviluppo della relazionalità sociale offerta dalla piazza virtuale si è tradotta in un potenziamento del cyber-narcisismo del selfie) e della cyber-curiosità.
 
2.3 Un nuovo profilo educativo degli adolescenti
 
Dobbiamo riconoscere che la prima alfabetizzazione si realizza attraverso i mezzi della comunicazione digitale. Fin dai primissimi anni di vita i bambini vengono esposti all’influsso delle tecnologie informatiche che poi si svilupperà progressivamente nella formazione scolastica e catechistica. L’influsso delle tecnologie digitali sui processi educativi è dunque ormai onnipresente e ineliminabile così come le conseguenze, più o meno positive, che essi producono. Tra esse possiamo sinteticamente enumerare: la capacità di acquisire rapidamente informazioni, la prevalenza e conseguente preferenza dei messaggi iconici su quelli testuali, l’assunzione anticipata, sovente inopportuna, di schemi di comportamento. Tra i disturbi nella crescita della persona che ormai si evidenziano: patologie nella concentrazione, nell’attenzione, nell’impegno, nella relazione, nella capacità di scelta, ecc.[4] Da quanto accennato, risulta quindi problematico tracciare un profilo educativo ed anche religioso dei soggetti immersi in questo mondo in continua evoluzione. Indichiamo comunque alcuni tratti sommari del profilo degli adolescenti facendo ricorso alle numerose indagini IARD, CENSIS, Eurispes e Telefono: imprevedibili, annoiati, senza regole, sedotti dai media e dalla moda, maleducati, bulli, incapaci di dialogo, abili smanettatori, desiderosi di comunicare.[5]

  1. Tapscott aggiunge alcuni tratti frutto della sua osservazione sui giovani della Net generation: meno svegli dei giovani del passato, dipendenti dalla rete, senza vergogna, viziati dai genitori, ladri dei diritti d’autore, molestatori degli amici, violenti, narcisisti e presuntuosi, niente interessi ma solo bisogni.[6]

P.C. Rivoltella nella sua ricerca Mediapro definendoli la Screen Generation delinea questo profilo: generazione dello schermo, amanti del tuch screen, multimediali disinvolti, migranti ed esigenti consumatori dei new media.[7]

  1. Prensky profetizzò l’avvento dei Digital Natives con queste caratteristiche: tecnologici nativi, senso innato del networking, navigatori virtuali, giovani del click, fragili e impreparati nel reale, socialità interattiva virtuale. [8]

Sul piano religioso questi profili comportano il delinearsi di un giovane profondamente diverso dagli adulti che lo educano, che vive in un universo estraneo al loro e che quindi sperimenta una grande difficoltà di comprensione e di comunicazione dei tradizionali contenuti religiosi.
 
2.4 I nuovi contesti di apprendimento
 
Un elemento non trascurabile nei processi educativi è indubbiamente il cambiamento dei contesti di apprendimento. Dai contesti di apprendimento sistematici, lineari, rigidi, statici, deduttivi, individuali, formali, reali, stiamo passando velocemente a nuovi contesti più familiari e più frequentati dai giovani fuori dell’ambito educativo istituzionale. Un contrasto che si manifesta nel profondo disagio che preadolescenti, adolescenti e giovani vivono nelle strutture educative e formative religiose tradizionali. E’ questa la ragione dell’abbandono dei giovani dell’istituzione scolastica e anche catechistica, non ostante gli sforzi, in costante aumento.
I ragazzi sono sempre più abituati frequentando i nuovi media e la rete a contesti di apprendimento flessibili, veloci, reticolari, complessi, magmatici, induttivi, informali, funzionali, virtuali, multitasking, liberi, indipendenti, costruttivi, sociali, collaborativi, ecc.
Le valutazioni degli studiosi sul cambiamento dei contesti di apprendimento e sull’influsso che essi possono avere nei processi educativi non sono sempre concordi. Si va dal netto rifiuto all’esaltazione dell’influsso delle nuove tecnologie digitali. Possiamo ad esempio trovare N. Carr , il guru anti-web che evidenzia tutti i pericoli e le contraddizioni della rete, ma anche il profeta dell’umanesimo digitale D. De Kerckove, che considera il web come un gigantesco unico cervello in cui milioni di menti lavorano insieme come un unico organismo. Siamo però sicuri che l’educazione religiosa dovrà fare i conti con questa profonda trasformazione che sta cambiando profondamente le persone, i contesti di apprendimento e la stessa visione antropologica dell’uomo.[9]
 
2.5 Come cambia l’educazione religiosa?
 
L’educazione religiosa nel suo complesso sembra ancora frastornata di fronte al cambiamento nella comunicazione digitale che avanza e comincia a interrogarsi sul significato di quanto sta avvenendo. Si cominciamo a porre interrogativi sul nuovo umanesimo che si annuncia, sull’identità dei soggetti che apprendono, sui processi di apprendimento, sulla qualità dei rapporti sociali, sui nuovi archetipi dell’immaginario collettivo. Soprattutto sul piano applicativo e metodologico l’educazione religiosa si scopre impreparata di fronte alle nuove sfide. Si avverte la necessità ormai pressante di una prossimità tra le scienze dell’educazione e della comunicazione per l’individuazione delle caratteristiche culturali dei nuovi ambienti di vita, la definizione dei nuovi profili religiosi dei soggetti in formazione, l’elaborazione di nuove prospettive pedagogiche efficaci, la sperimentazione di modelli didattici capaci di accompagnare i processi comunicativi ed educativi, ed infine l’utilizzo di nuovi linguaggi simbolico evocativi che coinvolgano e promuovano una partecipazione dinamica e creativa.
 
 

  1. ORIENTAMENTI DELLA CHIESA SULL’USO DELLE TECNOLGIE DELLA COMUNICAZIONE NELL’EDUCAZIONE RELIGIOSA

 
Vogliamo in questo paragrafo presentare un rapido excursus su alcuni fondamentali orientamenti ecclesiali perché si evidenzi la percezione e l’interesse alle problematiche educative poste dalle nuove tecnologie della comunicazione ed anche i primi orientamenti che vengono suggeriti.
La Chiesa è stata sempre presente del dibattito sugli strumenti della comunicazione fin dalle encicliche Vigilanti cura (1936) e Miranda Prorsus (1957) di Pio XII, e poi con il Motu proprio Boni pastoris (1959) di Giovanni XXIII; con il Decreto Conciliare Inter mirifica (1963), il Motu Proprio In fructibus multis (1964) e la Istruzione Pastorale Communio e progressio (1971) di Paolo VI; con la Costituzione apostolica Pastor Bonus (1988) e la Lettera Apostolica Il rapido sviluppo (2005) di Giovanni Paolo II; con l’Istruzione per l’uso degli strumenti di comunicazione sociale (1992) della Congregazione per la Dottrina della Fede e gli interventi del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali[10]  tra cui segnaliamo: l’ Istruzione Pastorale Aetatis Novae (1992) e i documenti Etica nella pubblicità (1997), La Chiesa e internet (2002) e Etica e internet (2002). Molto interessanti per capire l’evoluzione del pensiero della chiesa possono risultare infine, i Messaggi per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.
Il 23 gennaio 2015 in occasione del messaggio per la 49ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore, Papa Francesco affermava. “Oggi i media più moderni, che soprattutto per i più giovani sono ormai irrinunciabili, possono sia ostacolare che aiutare la comunicazione … possono ostacolare se diventano un modo di sottrarsi all’ascolto, di isolarsi dalla compresenza fisica, con la saturazione di ogni momento di silenzio e di attesa … La possono favorire se aiutano a raccontare e condividere, a restare in contatto con i lontani, a ringraziare e chiedere perdono, a rendere sempre di nuovo possibile l’incontro. Riscoprendo quotidianamente questo centro vitale che è l’incontro, questo “inizio vivo”, noi sapremo orientare il nostro rapporto con le tecnologie, invece che farci guidare da esse. … La sfida che oggi ci si presenta è, dunque, reimparare a raccontare, non semplicemente a produrre e consumare informazione. E’ questa la direzione verso cui ci spingono i potenti e preziosi mezzi della comunicazione contemporanea. L’informazione è importante ma non basta, perché troppo spesso semplifica, contrappone le differenze e le visioni diverse sollecitando a schierarsi per l’una o l’altra, anziché favorire uno sguardo d’insieme.”[11] Papa Francesco richiama qui alcuni punti centrali in continuità con la visione di Benedetto XVI sulle nuove tecnologie digitali che più volte a ribadito: internet esprime la profezia di un mondo nuovo e aiuta a costruire una rete di prossimità tra le persone. La Chiesa, chiamata a vivere dove sono gli uomini, apre le porte alla rete e agli ambienti digitali per la promozione di una cultura popolare che sappia dialogare con gli uomini e le donne di oggi per comprenderne attese, dubbi e speranze.[12]
 
3.1 Indicazioni dalla Evangelii Gaudium
 
Anche nella sua lettera apostolica Evangelii Gaudium papa Francesco da alcune brevi indicazioni sui nuovi media della comunicazione che qui riportiamo. Al n.51 si invitano le comunità cristiane, citando Paolo VI, ad avere “sempre vigile capacità di studiare i segni dei tempi[13].   È sicuramente questo l’atteggiamento corretto per affrontare la problematica dei media digitali.
Al n. 34 il papa afferma che nel mondo di oggi con “la velocità delle comunicazioni e la selezione interessata dei contenuti operata dai media, il messaggio corre il rischio di essere mutilato e ridotto ad alcuni suoi aspetti secondari”.
Al n. 52 parlando delle sfide del mondo attuale, pur lodando i progressi nella comunicazione, il papa sottolinea che nell’era della conoscenza e dell’informazione non cresce la possibilità dell’educazione e permane la condizione generalizzata di precarietà in cui vive la maggioranza degli uomini e delle donne del nostro tempo. Nel n.62 si pone l’accento su una “eccessiva esposizione ai mezzi di comunicazione” così che gli aspetti negativi della comunicazione multimediale minacciano i valori tradizionali.
Al n. 64 si evidenzia il fatto che la società dell’informazione ci “satura indiscriminatamente di dati, tutti allo stesso livello e finisce per portarci ad una tremenda superficialità” nei processi educativi morali e religiosi riducendo la fede ad un fatto intimo e privato.
In questo contesto, n.73, il linguaggio religioso si scontra con altri linguaggi, simboli, messaggi e paradigmi che offrono nuovi orientamenti di vita spesso in contrasto con il Vangelo. Altro rischio delle nuove modalità di comunicazione è, n.78, sempre più l’accentuazione dell’individualismo, la crisi di identità, il calo di fervore in un’accidia egoista. “Oggi che le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme … in una vera esperienza di fraternità… In questo modo le maggiori possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti” (n.87).
Di fronte a questa sfida delle nuove tecnologie il Papa ripetutamente invita a non lasciarci rubare la comunità (n.92), il Vangelo (n.96), la forza missionaria (n.109).
Al n.156 si accenna al come dell’educazione religiosa e all’importanza di curare le vie
ed i mezzi della comunicazione. Le caratteristiche, ai nn. 157-167, devono essere: semplice, chiara, diretta, positiva, solida, bella. [14]
 
3.2 La verità l’annuncio e la vita nell’era digitale
 
Benedetto XVI più volte è intervenuto sul rapporto tra educazione alla fede e nuove tecnologie digitali della comunicazione. Si può dire che ha sviluppato una teologia della comunicazione che ha compreso la portata e lo sviluppo della cultura digitale, evidenziandone insieme i rischi gravissimi e le enormi potenzialità. Nel messaggio per la 45° giornata mondiale della comunicazione: Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale, afferma che l’innovazione nella comunicazione digitale sta cambiando non solo le modalità di comunicare, ma anche la comunicazione in sé stessa guidando il flusso dei grandi cambiamenti culturali e sociali. E continua “Con tale modo di diffondere informazioni e conoscenze, sta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare”. Si impone quindi, per Benedetto XVI, in modo sempre più pressante la necessità di una seria riflessione sul senso della comunicazione nell’era digitale in particolare per quanto riguarda la rete internet e le sue applicazioni.[15] Siamo chiamati dice il Pontefice a scoprire simboli e metafore della cultura digitale per educare l’uomo contemporaneo alla fede. La comunicazione digitale richiede una relazione più stretta con i valori spirituali e religiosi per promuovere una comunicazione veramente umana aperta agli orizzonti di senso che la cultura digitale da sola non è capace di rappresentare.[16]
 
3.3 La comunicazione nella cultura digitale
 
Anche la chiesa italiana si è occupata più volte dell’educazione religiosa nell’era della comunicazione digitale. Negli Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020 ”Educare alla vita buona del vangelo” al n. 51 si afferma che la comunità cristiana guarda con particolare attenzione al mondo della comunicazione come a “una dimensione dotata di una rilevanza imponente per l’educazione”. Anche se rischia di rendere più superficiali i rapporti facendo perdere il senso della prossimità, la tecnologia digitale “moltiplica a dismisura la rete e i contatti e la possibilità di informarsi, di partecipare e di condividere”. Si mette in rilievo il rischio che la diffusione planetaria delle tecnologie digitali, facendo perdere la consapevolezza delle implicazioni sociali, etiche e culturali, acuisca il divario tra persone, gruppi sociali e popoli. Le nuove tecnologie della comunicazione danno nuova forma alla realtà, incidono sull’esperienza delle persone mentre ampliano le loro potenzialità. Si tratta certamente di “risorse” purché utilizzate in una prospettiva, critica, sapienziale e responsabile. Il flusso mediatico in modo sempre più rilevante sta incidendo sui processi educativi soppiantando le tradizionali agenzie educative. E’ dunque importante educare alla conoscenza di questi mezzi e dei loro linguaggi perché cresca la competenza nell’utilizzo. L’impegno educativo, considerata la loro forza di attrazione e di coinvolgimento, deve concentrarsi sullo studio delle modalità d’uso per poterne valutare gli influssi ed i messaggi. E’ necessario che i diversi soggetti in gioco, in primis le famiglie, siano coinvolti in una alleanza educativa per educare i giovani all’uso corretto e costruttivo delle nuove tecnologie. Anche la comunità cristiana, come indica il Direttorio delle comunicazioni sociali ,[17]deve impegnarsi nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione per i suoi itinerari di formazione. Su questo versante la missione della chiesa dovrà trovare nel prossimo futuro un ambito privilegiato.[18]
 
3.4 Altre indicazioni ecclesiali
 
Non possiamo tralasciare di citare qui, come segno dell’attenzione ecclesiale al tema, la XXVI Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, Annunciare Cristo nell’era digitale, del 5-7 settembre 2013. Il Card Stanislaw Rylko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, nell’intervista di sintesi afferma chiaramente che si ha a che fare non solo con nuove tecnologie, ma con una vera e propria “cultura digitale”. Si tratta di un mondo molto complesso che apre davanti a noi orizzonti completamente nuovi e opportunità inedite e può diventare uno strumento prezioso per costruire un mondo più fraterno e più solidale. Anche se non mancano dei seri rischi, che non vanno sottovalutati. Richiamando il pensiero di Papa Francesco viene sottolineata l’importanza di: ” saper dialogare, entrando, con discernimento, anche negli ambiti creati dalle nuove tecnologie, nelle reti sociali, per far emergere una presenza che ascolta, dialoga e incoraggia…”. Per la Chiesa, si è aperto quindi un grande campo di missione, un grande areopago dove la nostra presenza di cristiani non può mancare. Ma come vivere da cittadini in questo nuovo mondo digitale, senza perdere la propria identità cristiana? Bisogna innanzitutto conoscere questa realtà fino in fondo, essere consapevoli delle sue luci e delle sue ombre, rifiutando pregiudizi e timori eccessivi. E come secondo passo, occorre un serio processo educativo dei cristiani in grado di generare una matura capacità di discernere tra le vere opportunità e i rischi che si corrono.[19]
Ci pare che da questi sintetici accenni appaia chiaro quanto la Chiesa sia oggi consapevole che stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione culturale da cui sta nascendo una nuova cultura che sta ridisegnando le categorie culturali tradizionali di spazio, tempo, relazione, realtà, identità autorità, ecc. La Chiesa invita i cristiani a non estraniarsi dall’areopago culturale, ma ad essere presenti con la loro visione per orientare correttamente ed integrare gli sforzi comuni.
 
 

  1. LE TECNOLOGIE DIGITALI E GLI EDUCATORI RELIGIOSI

 
Non ostante i rischi sottesi all’avvento delle nuove tecnologie nell’educazione l’atteggiamento degli educatori religiosi resta positivo. Si percepisce insieme alla complessità del problema anche l’enorme potenzialità educativa offerta dalle tecniche e dai linguaggi inediti di cui possiamo disporre per realizzare itinerari educativi più efficaci e pertinenti.
 
4.1 La dimensione relazionale nell’educazione religiosa
 
Sotto la spinta delle nuove tecnologie della comunicazione l’educazione religiosa scopre con forza inedita l’urgenza della dimensione relazionale nei processi educativi. La comunicazione educativa può divenire trasformativa nella misura in cui la relazione è liberante e rispettosa dello sviluppo della persona. L’approccio trasmissivo tradizionale centrato sulle verità da trasmettere deve aprirsi a metodologie e tecniche pedagogico didattiche ispirate all’interattività, all’interscambio, alla costruzione collaborativa che trasformano i soggetti dei processi educativi in interlocutori attivi. La nuova intelligenza digitalespinge verso una forte personalizzazione dei processi educativi poiché sollecita l’apprendimento partecipativo di interlocutori attivi e creativi. L’educatore in questo nuovo gioco relazionale assume il ruolo di accompagnatore, animatore, che utilizza nuovi linguaggi simbolici, ludici, artistici musicali, ecc. Vengono così mobilitate e coinvolte nel processo educativo le varie dimensioni della persona: concettuale, affettiva, sensitiva, esperienziale, operativa. Ciò risponde alla logica più profonda della rivelazione e dell’evangelizzazione cristiana incentrata nell’incarnazione del Verbo di Dio che si fa relazione nella storia. Un processo costante che va dal divino all’umano e dall’umano al divino in Gesù Cristo e nella comunità di persone in cammino verso la piena realizzazione.[20]
 
4.2 I nuovi linguaggi dell’educazione religiosa
 
L’avvento della comunicazione digitale ha fatto emergere in tutta la sua gravità la lontananza del linguaggio religioso tradizionale da quello della cultura attuale. L’educazione religiosa deve quindi trasformare le sue modalità comunicative per rendere comprensibile a tutti la proposta che annuncia. Il magistero ha ripetutamente richiamato fin dai primi anni del post concilio questa urgenza di rivedere il rapporto tra il linguaggio religioso e il linguaggio umano di oggi. Diceva Giovanni Paolo II che: “il problema nasce prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti”.[21] E’ necessario, come affermava anche Benedetto XVI, pensare in modo nuovo e più profondo a come comunicare il rapporto tra i contenuti religiosi e i mutamenti nel modo di comunicare che l’uomo di oggi sta vivendo.[22] Non si tratta allora di nuove tecniche di comunicazione, ma di una nuova cultura che assume nuovi linguaggi utilizzando nuove tecnologie. Una nuova cultura pedagogica che mette al centro l’interesse dell’utente e come metodo pedagogico la conversazione e la discussione. Non è facile qui dare concrete indicazioni operative poiché siamo ancora nella fase di presa d’atto, di studio e sperimentazione, ma alcune indicazioni generali si possono dare. Nell’educazione religiosa parrocchiale va messo al centro non il catechista e i contenuti, ma il soggetto che apprende. Nella liturgia, la domanda di chi ascolta, il linguaggio positivo, il tono cordiale di voce, la gioia e la mansuetudine dei gesti.[23] Nell’educazione scolastica e familiare si deve usare un linguaggio appropriato alle caratteristiche dei soggetti e alle modalità comunicative (concetti, simboli, immagini, suoni, ecc.) più espressive per loro rispettando le differenze di genere, d’età, di ruolo.[24]
 
4.3 Formare alle competenze nell’educazione religiosa
 
Il grande cambiamento avvenuto in Italia in questi ultimi due decenni, con la riforma delle istituzioni educative, è costituito dallo spostamento del baricentro educativo, dalla trasmissione delle conoscenze verso la maturazione delle competenze. Uno spostamento a cui non può rimanere estranea l’educazione religiosa. Va posta, cioè, al centro del processo educativo religioso la formazione delle capacità di attivare, coordinare e attualizzare, le proprie risorse interne ed esterne per rispondere alle problematiche e sollecitazioni del proprio contesto di vita.[25] La nuova prospettiva interessa sia gli educandi, sia la formazione degli educatori. Per risorse interne si intendono non solo le conoscenze concettuali e operative, ma l’insieme delle risorse: convinzioni, motivazioni, aspirazioni, sensibilità al contesto, costanza e sistematicità nelle decisioni, l’impegno, la prospettiva di senso, ecc. A queste si devono aggiungere la capacità interpretativa del contesto, quella progettuale e risolutiva pratica dei problemi, quella attuativa sistematica, costante e perseverante. Per risorse esterne invece intendiamo tutto quello che il contesto educativo mette a disposizione dell’educando, a partire dall’educatore e dalle strutture: i materiali, i mezzi, gli strumenti, i sussidi ed in particolare la strumentazione e i dispositivi digitali.[26]
 
4.4 Il nuovo profilo dell’educatore religioso
 
Gli educatori religiosi sono chiamati in molti modi: formatori, educatori, professori, maestri, guide, catechisti, ecc. Sul piano educativo possiamo però individuare delle caratteristiche comuni che delineano il nuovo profilo in linea con la nuova cultura digitale multimediale che avanza. Un educatore religioso che, al di là del prerequisito di un’idonea preparazione contenutistica sui nuclei tematici fondanti dell’educazione religiosa, sia capace di attivare e condurre processi relazionali con sé stessi, gli altri, la comunità, il Signore. Una relazione educativa che accompagni il soggetto da educare nella progressiva costruzione della sua personalità umana e religiosa.[27] L’educatore religioso deve essere capace di una relazionalità dinamica, ricca dei contenuti religiosi e soprattutto capace di accompagnare nella condivisione, appropriazione ed espressione delle esperienze religiose. Una relazionalità che sa utilizzare anche la comunicazione attraverso le reti digitali per costruire relazioni, amicizie, dialoghi, divertimenti, ecc.[28] La relazionalità in rete richiede una ricca capacità dialogica che sa mediare con autorevolezza la multiforme varietà delle proposte presenti nella rete, orientando verso una visione ispirata ai valori religiosi ed evangelici. Ci vorrà naturalmente una grande creatività e ancora molta sperimentazione per poter parlare il linguaggio della fede attraverso i media digitali con una logica ed uno stile religioso: onesto aperto, responsabile e rispettoso dell’altro. Comunicare il vangelo nei media significa, infatti, non solo dire i contenuti evangelici, ma dirli testimoniando coerenza di vita, di scelte, di preferenze, di giudizi.[29] E dirli con le tecniche e le modalità comunicative digitali corrette, vicine all’apprendimento cooperativo, e a metodologie costruttive, dialogiche, di ricerca. Ma la caratteristica in cui si può riassumere il profilo richiesto al catechista di oggi è la creatività: “non si capisce un catechista che non sia creativo. E la creatività è come la colonna dell’essere catechjsta”, dice Papa Francesco.[30]
 
 

  1. PER UN’EDUCAZIONE RELIGIOSA APERTA AL FUTURO

 
Prima di chiudere vorremmo tracciare alcune linee paradigmatiche che possano orientare nella lettura delle tendenze innovative che animano la nascita della nuova cultura educativa di cui abbiamo parlato in questo contributo. Anche l’educatore religioso, in questa fase storica di cambiamneto, deve offrire il suo contributo nella costruzione di un progetto di futuro sostenibile e giusto per noi e per le generazioni future.
 
5.1 Vivere una autentica prossimità
 
Possiamo dire con il card. G. Muller che tre tratti contrassegnano l’uomo occidentale contemporaneo post-moderno: la prossimità occasionale con l’assenza di discernimento, l’assenza del senso del tempo e della storia, la mancanza di speranza. Li illustriamo brevemente.
 
La prossimità occasionale con l’assenza di vincoli stabili,
La globalizzazione ha moltiplicato la vicinanza degli altri, ma noi viviamo una prossimità sempre più occasionale senza vincoli solidi e diveniamo “soggetti autoreferenziali, autoindividuantesi e autorealizzantesi”. L’assenza di vincoli ci rende fragili e incapaci di discernimento, legati all’utile e all’immediato. Gli strumenti della comunicazione potenziano la comunicazione che però è molto spesso vuota di contenuti e di cultura. L’enorme quantità di dati comunicati si riduce a tecnicalità, protocolli, formalità non a vere relazioni umane. Rispecchiati in noi stessi perdiamo il volto dell’umano.
  
L’assenza del senso del tempo e della storia,
Le relazioni fragili e sempre meno significative ci svuotano di significati profondi, ci fanno perdere il senso del tempo e della storia. Con il venir meno della prossimità orizzontale viene meno anche quella verticale con la tradizione e con le generazioni future. Con il venir meno della famiglia, luogo di generazione di legami solidi e indissolubili, viene meno il senso di essere inserito in una storia. La storia nasce da legami significativi che si intrecciano con eventi, volti, relazioni e divengono storia personale e globale. Ne deriva che senza storia non c’è libertà,. né progettualità, né possibilità di cambiare il mondo, né fiducia, né speranza
 
La mancanza di speranza.
Una caratteristica dell’uomo contemporaneo ed in particolare dei giovani è l’incapacità di guardare al futuro con fiducia e speranza. Senza vere relazioni significative nel presente, il passato diviene una serie di antecedenti legati deterministicamente e meccanicamente e il futuro si accorcia e diviene oscuro. E’ impossibile sperare in cambiamenti positivi se il passato è ridotto ad un enorme ingranaggio deterministico e davanti a noi c’è il buio. Solo se la libertà si nutre e cresce nelle relazioni significative si può riscoprire e nutrire un affidabile speranza e guardare avanti ad uno sviluppo sostenibile.[31]
 
5.2 Custodire il futuro
 
Nell’omelia programmatica del suo pontificato Papa Francesco ci invita a custodire il dono che ci precede e ci fa vivere: il creato, la famiglia, la vita, l’amicizia.[32] Il verbo custodire è un verbo che si articola al futuro e al plurale poiché contiene in sé il senso del progetto, del sogno, della relazionalità e della complessità. Non è dunque semplice disegnare un futuro da custodire in un tempo disperante e complesso, quale quello attuale, senza progetti, sogni, relazioni. Elenchiamo quindi alcune priorità educative che anche l’educatore religioso deve tener presenti:
contrastare le disuguaglianze: viviamo una disuguaglianza crescente è necessario educare ad una relazionalità capace di discernere, interpretare, progettare, agire.
– affrontare la sfida culturale ed educatica: educhiamo a difendere e custodire i luoghi della cultura, della formazione, dello studio. A impegnarsi nello studio, nella ricerca, per approfondire le competenze e le dimensioni linguistica e comunicativa.
difendere la bellezza: educare ad apprezzare le bellezze artistiche e naturali, la tutela del paesaggio, la sostenibilità ambientale, assumendosene la responsabilità.
– ritrovare il legame sociale e familiare: educare a collaborare e costruire insieme.
Reimparare la parola noi e a tessere relazioni, affetti tra amici e in famiglia.
– far convivere le diversità: educare alla comprensione e alla convivenza con la pluralità delle realtà linguistiche, entiche, culturali e religiose.
In sintesi si tratta di educare al bene comune familiare, amicale, locale, nazionale, europeo, universale.[33]
 
 
CONCLUSIONE
 
Sicuramente le nuove tecnologie della comunicazione digitale aprono un vasto campo per l’azione pastorale della Chiesa. Ormai, la maggioranza delle diocesi, delle parrocchie, delle singole istituzioni ecclesiali, delle associazioni e dei movimenti hanno un proprio sito Internet. Non bisogna dimenticare, però, che l’incontro con Cristo è un incontro personale. Sarebbe un grave errore voler delegare il compito missionario ai soli mezzi tecnologici. Bisogna invece educare – sia nella scuola sia in famiglia – a un utilizzo corretto di questi strumenti. Un’attenzione particolare meritano i giovani – i “nativi digitali” – che sono i più esposti agli influssi della rete, soprattutto per quanto riguarda la dipendenza compulsiva da Internet. Certamente, abbiamo bisogno oggi di un’apposita pastorale delle rete, o meglio di una pastorale del popolo della rete. Sono i laici i veri cittadini del mondo digitale. L’importante è abitare questo mondo senza perdere l’identità cristiana e senza rinunciare a tener viva quella “fantasia missionaria” nel cercare vie sempre nuove per testimoniare la bellezza di essere discepoli di Cristo. Giovanni Paolo II affermava: “Non abbiate paura delle nuove tecnologie! Esse sono “tra le cose meravigliose” – “Inter Mirifica” – che Dio ha messo a disposizione per scoprire, usare, far conoscere la verità, anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del suo Regno eterno.”[34]
 
NOTE
 
[1] Cfr. Il mondo nella Rete: “Da Seul a New York tre miliardi di persone connesse a nternet”, Repubblica 01 novembre 2014. (37%).
[2]   http://www.audiweb.it/cms/view.php?id=4&cms_pk=305
 [3] Cfr. J.L.MORAL, Un nuovo paradigma: da una cultura essenzialista a una cultura ermeneutica, Catechesi, anno 84,2014-2015, n.2 pagg. 3-19
[4] C. CANGIÀ, Generazione tech. Crescere con i nuovi media, Firenze, Giunti 2014, pp. 25-26
[5] Cfr. TELEFONO AZZURRO
– EURISPES, 6° Rapporto Nazionale sulla condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza, 2005.
[6] Cfr. D. TAPSCOTT, Net Generation. Come la generazione digitale sta cambiando il mondo, Milano, Franco Angeli 2011.
[7] Cfr. P.C. RIVOLTELLA, Screen Generation. Gli adolescenti e le prospettive dell’educazione nell’età dei media digitali, Milano, Vita e Pensiero 2004.
[8] Cfr. M. PRENSKY, Digital Natives, Digital Immigrants, in On the Orizon, 9 (2001).
[9] Cfr. V.BOCCI, I media: nuovaagenzia educativaper i ragazzi “2.0”, Catechesi, anno 84,2014-2015, n.2 pagg. 20-40
[10] Costituito nel 1989 in seguito alla trasformazione della Pontificia Commissione di Consulenza e revisione dei film nata nel 1948.
[11] FRANCESCO, Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore 49ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Vaticano, 23 gennaio 2015
[12] A.SPADARO, Cyberteologia, http://www.cyberteologia.it/2014/01/i-5-nodi-del-discorso-di-papa-francesco-per-la-48a-giornata-mondiale-delle-comunicazioni-sociali/
[13] PAOLO VI, Ecclesiam suam, 19, AAS 56 (1964),632.
[14] ESORTAZIONE APOSTOLICA, Evangelii Gaudium, del Santo Padre Francresco ai Vescovi ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici sull’annuncio del Vangelo nel mondo che attuale, Tipografia Vaticana, 2014.
[15] Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. VII/1: 2011 (gennaio-giugno), Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2012, pp. 127-131; qui pp. 127-128.
[16]A.SPADARO,Cyberteologia, http://www.cyberteologia.it/2013/02/benedetto-xvi-teologo-della-comunicazione-digitale/
[17] CEI, Comunicazione e Missione, 18 giugno 2004, cap. VI
[18] CEI, Educare alla vita buona del vangelo. Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020, Edizioni Paoline, Milano 2010.
[19] RADIO VATICANA, Plenaria dei laici. Card. Rylko: le reti digitali, grande campo di missione, Radio Vaticana, 5 dicembre2013.
[20] M. R. ATTANASIO, Quale comunicazione?, Catechesi, anno 84, 2014-2015, n.2 pagg.41-49
[21] GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris mission, 1990, n.37.
[22] BENEDETTO XVI, Messaggio per la 45a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale, Vaticamo 24 gennaio 2011.
[23] PAPA FRANCESCO, Evangelii Gaudium, nn.135-150
[24] G. MOPRANTE, Quali linguaggi?,Catechesi, anno 84,2014-2015, n.2 pagg. 50-59
[25] M. PELLEREY, Sul concetto di competenza ed in particolare di competenza sul lavoro, in ISFOL, Dalla pratica alla teoria per la formazione: un percorso di ricerca epistemologica, Milano, Franco Angeli 2001, pp. 231-276.
[26] U. MONTISCI, Quali catechisti?,Catechesi, anno 84,2014-2015, n.2 pagg. 70-80
[27] DGC, Direttorio genrale della catechesi, n. 82.
[28] BENEDETTO VXI, Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione, Messaggio 
per la XLVII Giornata Mondiale
delle Comunicazioni Sociali,Vaticano 24 gennaio 2013
[29] BENEDETTO XVI, Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale. Messaggio 
per la XLV Giornata Mondiale
delle Comunicazioni Sociali,Vaticano 24 gennaio 2011
[30] FRANCESCO, Il catechista, testimone della fede, Udienza ai partecipanti al congresso internazionale sulla catechesi, 27 settembre 2013
[31] G. MULLER, Povera per i poveri. La missione della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2014 pp,152 – 179.
[32] PAPA FRANCESCO, Omelia programmatica, Piazza S.Pietro 19 marzo 2013 https://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2013/documents/papa-francesco_20130319_omelia-inizio-pontificato.html
[33] S. MORANDINI, Custodire il futuro: etica del cambiamento, Albeggi Edizioni, Roma 2014, pp.121-143.
[34] RADIO VATICANA, Plenaria dei laici. Card. Rylko: le reti digitali, grande campo di missione, Radio vaticana, 5 dicembre2013. http://it.radiovaticana.va/storico/2013/12/04/plenaria_dei_laici._card._rylko_le_reti_digitali%2C_grande_campo_di/it1-752643