In Italia la «Net Generation» è più morigerata che nella maggior parte dei Paesi Ocse. A dispetto delle convinzioni di tanti genitori, i quindicenni della Penisola passano online – al pc o al telefonino – meno tempo dei loro coetanei degli altri Paesi e, soprattutto, sono più rari i casi di uso estremo di internet.
 
Lo studio Ocse
In base a uno studio dell’Ocse, gli adolescenti nostrani trascorrono in rete circa un’ora e mezza (93 minuti) al giorno nel tempo extra-scolastico contro i 104 minuti della media Ocse, ma anche contro i 140 minuti di Paesi come la Danimarca, la Svezia, la Norvegia e l’Estonia. Nel fine settimana l’utilizzo sale appena un pò (97 minuti ma a fronte dei 138 medi Ocse) e a restare almeno 4 ore al Pc durante il week end è il 17% dei 15enni italiani. Un dato senz’altro rilevante, ma va sottolineato che è la quart’ultima percentuale nell’Ocse, dove la media è del 30% e va confrontato con percentuali superiori al 40% nei Paesi scandinavi, con il 39% della Russia, il 38% dell’Australia e l’oltre il 30% in gran parte degli altri Paesi europei.
 
Italia in posizione virtuosa
Se poi si guarda l’uso eccessivo (oltre 6 ore al pc in una normale giornata), la media italiana è del 5,7% contro il 7,2% Ocse e percentuali che superano il 13% in Russia e Svezia. Questa “moderazione”, inoltre, non avviene perché i 15enni italiani abbiano un minore accesso di internet rispetto ai loro coetanei, considerato che nel 2012 il 98,7% riferiva di avere almeno un Pc in casa. «Quella dell’uso eccessivo di internet non è una storia particolarmente italiana. Forse una delle ragioni è che i ragazzi in Italia trascorrono più tempo con gli amici, hanno altri modi di passare il tempo libero», rileva Francesco Avvisati, economista Ocse autore dello studio. La differenza che per una volta vede l’Italia in una posizione virtuosa potrebbe essere legata, per altro, anche al fatto che nel Nord Europa l’accesso al pc o a strumenti analoghi inizia ad età inferiori rispetto all’Italia oppure al fattore distanza. Ad esempio, in Paesi come l’Australia, la rete è indispensabile per mantenere i contatti con gli amici che vivono lontano, visto che l’uso principale di internet tra i giovanissimi è legato ai social network o alle chat.
 
I rischi dell’uso estremo di internet
In ogni caso l’eccessiva permanenza davanti al pc ha conseguenze negative sul sonno, sul benessere fisico e anche sociale degli adolescenti di ogni latitudine del pianeta. Lo studio segnala una relazione tra l’uso estremo di internet e il maggior senso di solitudine che i ragazzi avvertono a scuola e con la loro performance accademica. Ad esempio il 31% degli studenti di Shanghai che stanno più di 6 ore al pc ogni giorno dice di sentirsi solo a scuola, così come il 20% degli internet-dipendenti finlandesi e il 15% della media Ocse. In Italia la percentuale è inferiore, essendo pari al 9,4%, ma è quasi il doppio rispetto al 5,4% che dice di sentirsi sente solo a scuola tra quanti fanno un uso moderato di internet. La particolarità italiana è che anche coloro che stanno poco online ha percentuali di solitudine scolastica simili agli internet-bulimici (8,6%). Quel che si riscontra è anche il peggiore andamento scolastico per quanti stanno troppo tempo connessi alla rete. Ad esempio, la performance media in matematica degli studenti italiani è pari a 490 punti nei test Invalsi per i ragazzi che stanno al pc meno di un’ora al giorno, di 498 punti per quelli che stanno tra 1 e 2 ore, scende a 486 punti tra le 2 e le 6 ore e si inabissa a 436 punti oltre le 6 ore, con una differenza quindi di oltre 60 punti rispetto ai “moderati”. L’eccessivo uso di internet può essere la spia di un problema più vasto di cui i genitori dovrebbero parlare e su cui dovrebbero lavorare con la scuola, sottolinea Avvisati.
Certo, le istituzioni scolastiche non possono controllare quello che i ragazzi fanno fuori dalle aule, «ma di fronte a un ragazzo che passa sei ore al giorno al pc serve un’azione concertata» tra scuola e famiglia. Senza dimenticare che quell’uso estremo di internet rivela l’assenza di regole, oltre che di “presenze”.
 
Conclusione:
«Il pc è senz’altro un’importante risorsa, ma è anche un amplificatore sia in positivo sia in negativo. Può servire ad intensificare le relazioni sociali o ad approfondire e potenziare la volontà di studio, ma può essere anche un “potenziatore” di isolamento, una fuga dal supporto umano, un’evasione». A portata di mouse.
Gli studenti italiani fanno un uso «morigerato» di internet, di Giuliana Licini, da Il Sole 24 Ore
 
 
Contrordine in classe “Attenti al tablet crea nuovi analfabeti”
Benedetto Vertecchi
Lo studio di Vertecchi, decano dei pedagogisti italiani: difficoltà a scrivere in chi usa troppi strumenti hi-tech. “Il copia e incolla riduce la consapevolezza ortografica e le capacità argomentative”
L’uso massiccio di pc e internet a scuola non assicura miglioramenti nelle performance degli alunni. Ma addirittura ne determinerebbe un calo negli apprendimenti. Benedetto Vertecchi, noto pedagogista italiano, riapre la diatriba tra coloro che considerano tablet e Lim (le lavagne interattive multimediali) nelle aule scolastiche un toccasana contro gli scarsi risultati e i tanti docenti che continuano a credere nell’insegnamento alla vecchia maniera, con tabelline e poesie imparate e memoria. L’ultimo scritto del docente umbro ha un titolo emblematico: Alfabeto a rischio.
E fa un passo avanti rispetto alla ricerca – Nulla dies sine linea – condotta un paio di anni fa. Vertecchi, docente di pedagogia sperimentale all’università di Roma Tre, sostiene che l’uso delle tecnologie determina «una caduta nella capacità di scrivere» non solo in senso meccanico, con grafie sempre più incomprensibili o strani mix di stili e caratteri nelle stesse parole: corsivo e stampatello, maiuscolo e minuscolo. Ma problemi anche nell’apprendimento. «Una caduta che investe sia la capacità di tracciare i caratteri, sia quella di organizzarli correttamente in parole, da usare per organizzare il messaggio». In pratica, «l’uso di mezzi digitali comporta l’attenuazione, e talvolta la perdita, della capacità di coordinare il pensiero con l’attività necessaria per tracciare i segni»: gli alunni delle scuole elementari hanno sempre più difficoltà a usare le forbici e a livello ortografico sono spesso un disastro. «L’intervento nella scrittura digitale di correttori automatici riduce la consapevolezza ortografica. Il ricorso ossessivo alla funzione copia e incolla riduce la necessità di sviluppare una linea argomentativa ».
Ma per Vertecchi l’effetto più pericoloso è la caduta della memoria. «La tecnologia abitua i bambini a pensare che c’è sempre una risposta all’esterno», e non nella loro testa.
Tra qualche giorno – dal 22 gennaio al 22 febbraio – partiranno le iscrizioni al prossimo anno scolastico e per accaparrarsi iscritti, nei loro giri di promozione nelle scuole medie, i docenti delle superiori pubblicizzano l’armamentario tecnologico in possesso del proprio istituto. Il non plus ultra è rappresentato dal tablet in dotazione a tutti i docenti della scuola per aggiornare il registro elettronico e collegarsi ad internet, e le classi tappezzate di Lim. Ma adesso comincia a farsi strada l’idea che tutta questa tecnologia all’interno delle aule scolastiche possa anche essere deleteria.
Del resto, che l’uso ossessivo dalla più giovane età di smartphone e console produrrebbe solo problemi, e non solo a carico della scrittura, non è un’idea del solo Vertecchi. Manfred Spitzer, che nel 2013 ha scritto il saggio Demenza digitale, ha posto in rilievo i danni mentali che conseguono da un uso dissennato di strumenti tecnologici. Perfino l’Ocse ha di recente ammesso che «nonostante i notevoli investimenti in computer, connessioni internet e software per uso didattico, non ci sono prove solide che un maggiore uso del computer tra gli studenti porti a punteggi migliori in matematica e lettura» nei test Pisa. In uno degli ultimi approfondimenti – Students, Computers and Learning. Making the connection – l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico mette in evidenza una realtà piuttosto inquietante: i quindicenni che mostrano le migliori performance in lettura e matematica sono quelli che utilizzano le tecnologie a scuola meno della media dei loro compagni. Per questo «in alcune scuole svizzere e statunitensi – conclude Vertecchi – l’uso delle tecnologie è inibito fino ad una certa età o fortemente limitato».
da la Repubblica