Capire il mondo islamico in questo complesso momento risulta difficile. Questo libro uscito il 3 dicembre 2015 cerca di affrontare l’intricata materia attraverso un dialogo tra Adonis l’autore e Houria Abdelouahed. Può costituire un ulteriore elemento di confronto e approfondimento. 
Ali Aḥmad Sai‘īd Esber, questo il vero nome di Adonis, è uno dei più importanti poeti e intellettuali del mondo arabo. Nato in un villaggio siriano nel 1930 da una famiglia di origine contadina, ha compiuto gli studi universitari a Damasco, laureandosi in filosofia. Successivamente si è trasferito a Beirut dove ha lavorato come insegnante e giornalista. Ora vive a Parigi. La sua opera è stata insignita di numerosi premi letterari, in Francia, in Italia, in Turchia e in Libano.
Houria Abdelouahed insegna all’Università Paris Diderot. È psicoanalista, traduttrice e autrice.
 
Presentazione del libro
Conosciamo tutti la follia di certi leader arabi, responsabili dei massacri dei loro popoli, e conosciamo il loro odio nei confronti delle libertà pubbliche. Ma oggi lo Stato islamico, invocando la legge della sharῑ‘a, ostenta una barbarie che supera ogni immaginazione. Il suo compito sarebbe quello di ripulire la terra dell’islam da tutto ciò che minaccia la sua purezza. E in nome di questa purezza si commettono i crimini peggiori: uccisioni, stupri, massacri, saccheggi, vendita di donne, distruzione di siti archeologici e storici… La condanna dell’alterità va di pari passo con la desolazione e la rovina. «È la rovina» scrive Adonis «che caratterizza lo stato attuale del mondo arabo, un mondo in cui si politicizza la religione e si sacralizza la politica.»
Oggi è della massima urgenza riflettere sul senso di questa rovina. A partire da qui il nuovo, scottante libro di Adonis affronta il tema della violenza come aspetto costitutivo dell’islam e, passando al tempo presente, mette a fuoco i temi più drammaticamente attuali: il fallimento della Primavera araba, gli attentati terroristici, la nascita dell’Isis.
 
Descrizione
Titolo:  Violenza e islam
Autore: Adonis – Houria Abdelouahed
Pagg. 192
€ 14.00
Saggistica
Collana: Biblioteca della Fenice
 
Dal testo Violenza e islam
Tutte le guerre «arabo-arabe»
Houria Abdelouahed: Si parla sempre più spesso di radicalizzazione.
Adonis: Non si può comprendere questo fenomeno se non si fa lo sforzo di ripensare la nascita dell’islam. La violenza è intrinsecamente legata alla nascita dell’islam, che sorge appunto come potere. Questa violenza ha accompagnato la fondazione del primo califfato e attinge a certi versetti coranici e ai primi commenti al Testo.
H: L’Isis ci riporta a un’epoca in cui la gente o si convertiva all’islam o moriva.
A: Questa violenza è stata istituzionalizzata, ormai fa parte della forma statuale. Si aggiunga che i musulmani hanno agito fin dall’inizio da conquistatori. Il secolo che seguì alla morte di Maometto fu molto sanguinoso e la guerra arabo-araba, o la guerra musulmano-musulmana, non è mai finita. Basta leggere le opere sulla storia degli arabi.
H: Ma perché l’islam ha resistito al cambiamento?
A: Non abbiamo tenuto conto, o non abbastanza, della natura umana: il potere, il denaro e la violenza. L’islam ha risvegliato nell’essere umano l’istinto del possesso.
H: Vale a dire aggiungere ai tentativi di risposta la dimensione psicologica e parlare del pulsionale. Il testo fondatore e i primi testi dei commentatori hanno permesso al maschio di soddisfare pienamente le proprie pulsioni, in particolare quella di possesso e quella sessuale. L’idea del paradiso come luogo di soddisfazione assoluta dove la nozione di mancanza non esiste è indice di una fantasia o di un rifiuto della castrazione. La fondazione ha colto l’essenziale nella natura della pulsione e della fantasia. Si può parlare di una malattia dell’islam, come ha fatto Abdelwahab Meddeb?
A: In La malattia dell’islam, Meddeb parla anche di un islam bello e vero.
H: Ma all’interno dell’universo musulmano ci sono la mistica, la filosofia, la letteratura…
A: Questi movimenti intellettuali non appartengono all’islam in quanto stato o istituzione. I mistici e i filosofi hanno usato l’islam come un velo o come un mezzo per sfuggire ai processi e alle condanne. Dal testo coranico non emerge alcuna filosofia.
H: Certo, la filosofia viene dalla Grecia e la mistica ha attinto a diverse fonti: il platonismo, il neoplatonismo, il cristianesimo, la lingua… Ma coloro che hanno forgiato questo pensiero vivevano all’interno della società musulmana.
A: I mistici dell’islam citavano il Testo per giustificare le loro interpretazioni, ma leggendo le loro opere ci rendiamo conto di quanto siano distanti dal testo coranico. Ibn ‘Arabi, per esempio, ha forgiato un sistema di pensiero che rompe radicalmente con la concezione religiosa e musulmana dell’uomo e dell’universo.
H: Ibn ‘Arabi era un grande filologo. Il suo interesse non era rivolto ai precetti, ma a ciò che la lingua nasconde nei suoi nuclei semantici. Era, come te, un amante della lingua. Il suo pensiero era imperniato su ciò che la lingua può esprimere e sulle realtà che non può dire.
A: Era un poeta e non aveva alcun rapporto con la dottrina, né col dogma, né col pensiero religioso. I suoi scritti, come le parole di al-Hallaj, non avevano niente a che fare con il pensiero ortodosso e con l’insegnamento religioso. Era una strategia e una forma di autodifesa. In fondo, è quello che facciamo anche noi: cerchiamo un islam vero e grande per proteggerci dalla violenza. Si può persino dire che Ibn ‘Arabi ha liberato la lingua dall’islam. I pensatori appartenenti alla società araba erano obbligati a indossare una maschera chiamata «islam» al solo scopo di aggirare l’ordine di uccidere qualunque musulmano abbandonasse la propria religione. Quelli che non l’hanno fatto hanno subito, come al-Hallaj, persecuzioni e condanne a morte, per non parlare della distruzione delle opere. Niffari, per esempio, ha scritto un libro che ha dovuto aspettare mille anni prima di essere scoperto. Ancora oggi, pochi lo conoscono.
H: Anche quando un libro viene pubblicato, il suo autore resta sconosciuto. In Egitto una fatwà si è opposta alla riedizione dei Futuhat al-makkiyya (Le rivelazioni meccane) di Ibn ‘Arabi, pubblicati per la prima volta dall’emiro ‘Abd el-Kader. Ciò detto, penso che Averroè, Abu Bakr al-Razi, Ibn al- Rawandi, Niffari… facciano parte della società araba, in quanto dissidenti.
A: La mistica e la filosofia non fanno parte del pensiero islamico, che è composto solo difiqh (giurisprudenza) e shar` (Legge).
H: Visto che abbiamo parlato di al-Hallaj, mi piacerebbe ricordare queste parole meravigliose: quando Satana si rifiuta di prostrarsi davanti ad Adamo, dicendo che non può cambiare l’oggetto del suo amore, Dio gli dice: «Ti torturerò in eterno», e Satana risponde: «Non mi guarderai?», «Sì» dice Dio. «Allora il tuo sguardo mi innalzerà al di sopra del supplizio. Fa’ di me ciò che vuoi». Al-Hallaj sarà l’anima dannata per amore. E questo scambio fra il divino e l’innamorato stimola un’intera riflessione sulla lingua del mistico, sul segreto, sull’amore, sulla trasgressione e la femminilità.
A: Ci rendiamo conto che la femminilità, come il femminino, travalica la donna e costituisce una posizione. Anche la divinità rappresenta uno stato e una posizione. La femminilità è l’universo stesso. Non è questo, però, l’immaginario dell’islam ufficiale. La mistica ha detto l’amore del femminile e della donna. Ha messo sottosopra il pensiero sulla questione dell’alterità e della soggettività. Invece, nel Testo non c’è alcuna soggettività.
H: Intervenendo a una trasmissione televisiva, hai detto che il dialogo fra Dio e Satana era molto democratico. Erano in disaccordo, ma si parlavano. Dio avrebbe potuto annientarlo seduta stante, ma ha lasciato che dicesse la sua.
A: Oggi non abbiamo neanche più questa possibilità. I musulmani non rispettano nemmeno il loro Testo e il dialogo non è più ammesso. Il credente pensa di detenere la verità assoluta. Perciò, secondo lui, ogni altra credenza è da rifiutare. Questa forma di religiosità ha trasformato la politica islamica in una techne il cui fine ultimo è il potere e la ricerca dei modi per conservarlo. Tutta la storia degli arabi lo conferma. La loro è una cultura di potere. Oggi, da un punto di vista politico ed economico, gli arabi hanno la possibilità di comprarsi il mondo grazie al gas e al petrolio. Tuttavia, non hanno né Averroè, né Ibn Khaldun, né al-Ma’arri.
Questo testo è uno stralcio tratto dal libro di Adonis in conversazione con Houria Abdelouahed, Violenza e Islam, traduzione di Sergio Levi, Guanda, Milano, pagg.192,e 14,00, in libreria dal 3 dicembre
in “Il Sole 24 Ore” del 22 novembre 2015
 
Adonis: “Il velo sulle donne è un velo sulla ragione”
di Francesca Adami

Ali Ahmad Said Isbir in arte Adonis, uno dei massimi poeti arabi moderni paragonato a T. S. Eliot, abita a La Défense, il più grande quartiere d’affari d’Europa a est di Parigi. Dal nono piano della Tour Gambetta scruta la città vibrante che in questi giorni si accalora per il nuovo libro «Violenza e Islam» (Guanda) in cui l’86enne autore di decine di volumi e della traduzione in arabo delle Metamorfosi di Ovidio sostiene l’idea di una religione di conquista e dunque non di pace. «È già pubblicato in 15 paesi» dice accomodandosi nel salotto pieno di libri e oggetti della patria Siria: dalla finestra si vedono i grattaceli lucidi del futuro, dentro aleggia la polvere della memoria. Adonis parla di Colonia, l’Islam, le donne, e risponde volentieri alle domande dei lettori de La Stampa intervenendo nel dibattito avviato dall’editoriale del direttore Maurizio Molinari «Da dove viene il branco di Colonia». Le polemiche non lo disturbano, anzi: antico oppositore del Baath e da mezzo secolo lontano dalla natia Tartus, espulso dalla Lega degli Scrittori Arabi nel ’95 per un incontro Unesco in cui sedeva con colleghi israeliani, nemico giurato degli islamisti, Adonis è da mesi ai ferri corti con l’opposizione siriana che lo accusa di essere passato col regime di Damasco in virtù della comune fede alawita. «Ho sostenuto la rivoluzione all’inizio ma una rivoluzione che parte dalle moschee non mi appartiene» chiosa.
Le domande dei lettori
Il terrorismo è sempre frutto di disperazione e assenza di speranza e futuro?
(@lorenzmanzoni)
Non sono d’accordo. La disperazione può avere un ruolo. Ma per mettere su un esercito di 80 nazioni e fare la guerra in Siria non basta la disperazione: è una storia voluta, intenzionale, ben amministrata e ben finanziata.
Ho lavorato nella Trankgasse per 20 anni e non ho mai assistito a scene simili a quelle di Colonia. Mi rifiuto di credere che sia stata una cosa spontanea. É stato frutto di una vile premeditazione per fomentare l’odio contro gli stranieri e soprattutto contro i profughi, che la maggioranza del popolo tedesco cerca in tutti i modi di aiutarli”
(Luciano Burrini)
È possibile. Sfortunatamente oggi tutto è possibile. La politica ha scavato talmente nelle nostre teste che non riusciamo più a distinguere le parole pulite da quelle sporche.
La violenza sulle donne è un atto criminale e viene condannato da ogni Stato e religione. I criminali vanno condannati con o senza religione e gli stranieri devono essere uguali davanti ai giudici, perché la legge è uguale per tutti (Helga Leutnecker)
Sono d’accordo. La legge dev’essere uguale per tutti, quelli di Colonia sono criminali. La donna è una chiave di volta per capire il rapporto tra religioni e Stato: il monoteismo non ha cambiato le sue leggi, anche la Chiesa cattolica le mantiene e se una donna vuole seguirle rigidamente non è libera di disporre del suo corpo e della sua volontà. La differenza è che la legge religiosa deve essere estranea a quella civile e che mentre le altre donne possono scegliere tra la sottomissione a Dio e la libertà le musulmane non possono. Il velo è un simbolo: il velo sulle donne è un velo sulla ragione, le rende un’astrazione, un mero luogo di piacere.
Quando si parla di terrorismo si sottintende sempre che c’entri l’Islam, ma Islam deriva dalla parola pace in arabo, il Corano non incita alla violenza. Perché se un musulmano commette reati dicono che l’Islam è violento e quando un cristiano fa le stesse cose dicono che si tratta di persona malate di mente?
(Rachid EL)
Vero. Il crimine è un crimine e basta. L’aggressione contro le donne è un fenomeno universale. Poi c’è il caso dell’islam che è il caso del monoteismo: tutte le religioni monoteiste mettono la donna in secondo piano, l’uomo è creato da Dio e la donna dall’uomo, è una peccatrice. Questo vale per l’islam, il cristianesimo e l’ebraismo, con la sola eccezione di Gesù, l’unico che ha riscattato la Maddalena ma poi è stato crocefisso. La Chiesa per secoli ha dimenticato il suo esempio. La violenza è in tutti i libri sacri, come spiegava René Girard. Il monoteismo è strutturato in modo tale da permettere ai credenti di essere violenti. Ci sono anche testi “pacifici” ma oggi sul testo prevale la lettura del testo. Nell’islam esistono tante scuole, wahabita, sciita, sufi. Oggi nell’islam prevale la violenza perché domina l’interpretazione wahabita e viene imposta a tutti come pensiero unico istituzionalizzato. Non c’è un islam moderato come non c’è un monoteismo moderato, ci sono le persone moderate: la chiave è la separazione tra religione e Stato.
I fatti accaduti a Colonia hanno diviso tutti. Nessuno vuole più gli stranieri nel proprio Paese, si è creato un odio verso tutte le razze e religioni. Si mettono gli uni contro gli altri. È come se qualcuno volesse scatenare una rivolta mondiale. Chi dice contro chi siamo a per quale motivo? (Yattaman)
I responsabili di Colonia vanno condannati duramente e senza alcuna scusante. Dopo però dobbiamo guardare alla realtà: se un musulmano arriva nella democratica Europa e la vede appoggiare i regimi fondamentalisti non capisce. La maggior parte dei gruppi dell’opposizione siriana non ha mai presentato una petizione per la libertà della donna dalla sharia, non ha mai parlato di laicità. Che cosa possiamo aspettarci da queste premesse? Eppure l’Europa li sostiene sebbene siano legati all’Arabia Saudita. Io davvero non capisco.
Il vero tema per me è: «Ignoranza, come combatterla». Perché di questo si tratta. E l’ignoranza, come l’idiozia, non conosce religione: la usa solo come vestito, pronta a cambiarlo al primo cambio di stagione.
(Stefano Balbo)
Dentro lo Stato Islamico non ci sono solo ignoranti. Il problema è la separazione tra società, Stato e religione. La religione deve essere un’esperienza individuale, se resta l’unico referente sociale, politico e culturale si va verso un’ignoranza senza ritorno. L’antidoto allo strapotere della religione è immunizzare la società con la cultura, la scienza, l’educazione. Poi chi vuole preghi pure.
in La stampa, 14 1 2016